AGI - Migliaia di persone hanno sfilato con i fiori in mano a Erevan per commemorare il 106esimo anniversario dell'inizio del massacro degli armeni da parte dell'Impero Ottomano durante la prima guerra mondiale. La folla ha marciato dal centro della capitale fino al monumento su una collina, che si affaccia sulla città, il mausoleo dedicato alle vittime di quello che fu il primo genocidio del XXesimo secolo.
Militari, autorità religiose e politiche, gente comune tra cui donne e bambini, si sono fermati in raccoglimento al mausoleo che si affaccia sulla capitale armena, come è tradizione ogni 24 aprile, giorno dell'inizio dei massacri nel 1915. Ieri sera, c'era stata un altro degli eventi tradizionali, la processione con le candele accese.
Oggi anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden dovrebbe riconoscere che il massacro degli armeni fu un genocidio: un gesto che rispetta una promessa da lui fatta in campagna elettorale ma che rischia di aggravare ulteriormente le tensioni tra Washington e Ankara, che peraltro è un membro della Nato.
Biden sarà il primo presidente Usa a compiere un tale passo, un passo che ha un'enorme valenza simbolica perché metterebbe sullo stesso piano le violenze contro gli armeni con quelle commesse in Europa dai nazisti, in Cambogia e in Ruanda. L'Armenia, una trentina di Paesi al mondo e gli storici ritengono che il massacro fu un vero e proprio genocidio, ma all'uso del termine si oppone con veemenza la Turchia.