Il presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, lo scorso 20 dicembre ha scritto su Facebook: “Il dato Istat che vede il Pil della Campania ancora in crescita è un dato straordinario (…). Con questo risultato si conferma la leadership della Campania a livello nazionale (…). L'occupazione conferma il suo andamento positivo (+3,6%)”.
Si tratta di affermazioni corrette, salvo una piccola imprecisione.
I dati Istat sul Pil
L’Istat ha pubblicato, lo scorso 20 dicembre, lo studio sui “Conti economici territoriali” riferito al 2016. Qui si legge: “Nel Mezzogiorno spicca la performance positiva della Campania, che segna una crescita del 3,2% rispetto all’anno precedente”.
Come evidenziato dal grafico relativo dell’Istat, questo 3,2% pone la regione governata da De Luca al primo posto in Italia, seguita da Molise (+2,8%), provincia autonoma di Bolzano (+2,2%), Emilia-Romagna (+1,9%) e via dicendo. In ultima posizione troviamo l’Umbria, con – 1,3% di Pil rispetto all’anno precedente.
È vero poi, come afferma De Luca, che il Pil della Campania sia “ancora” in crescita. Nel 2015 infatti già segnava un +2%. Con questi buoni risultati recenti la regione è riuscita a recuperare completamente quel che aveva perso dopo il 2011, raggiungendo il pareggio (0,0%) nel quinquennio.
Si tratta della terza miglior prestazione in Italia, dietro a Basilicata (+1,6%) e Bolzano (+1,4%). A parte queste, e ad Emilia-Romagna e Trento che ottengono anche loro lo 0,0%, il resto delle regioni italiane ha un Pil negativo nel quinquennio, e la media nazionale è del -0,5%.
Scorretto invece affermare che la leadership della Campania a livello nazionale, quanto a crescita del Pil, “si confermi”. Nel 2015 non era infatti stata la regione con la crescita maggiore, piazzandosi dietro a Basilicata (+8,7%), Sardegna (+2,5%), provincia di Bolzano (+2,4%), Umbria e Friuli-Venezia-Giulia (2,3%).
Si tratta dunque di una novità.
Il contesto
Per quanto incoraggiante, il dato relativo alla crescita del Pil della Campania si inserisce in un contesto di grave svantaggio per la regione (e in generale per il Mezzogiorno), che deve colmare un divario enorme rispetto al resto del Paese.
Il Pil pro capite della Campania, considerato il periodo 2011-2016, è di 18.200 euro: peggio fanno solo Puglia (17.400), Sicilia (17.10) e Calabria (16.600). La media nazionale, 27.700 euro, è molto lontana.
Questo comporta, ad esempio, un livello molto basso di spesa pro capite per consumi. In questa classifica, sempre nel quinquennio 2011-2016, la Campania arriva ultima, con 11.900 euro, mentre prima si piazza la Valle d’Aosta, con 23.600 euro. La media nazionale è di 17 mila euro.
I dati Istat sugli occupati
Sempre nello studio sui “Conti economici territoriali” troviamo anche il dato che cita De Luca sull’aumento dell’occupazione: +3,6% in Campania.
Si tratta della seconda miglior performance a livello nazionale, dietro al +4,4% del Molise e davanti al +2,1% del Veneto.
Vero poi, come scrive De Luca, che si tratti di “una conferma”. Già nel 2015 gli occupati in Campania erano cresciuti del +0,8%.
Il contesto
Anche per quanto riguarda l’occupazione le recenti buone prestazioni della Campania si inseriscono in un contesto di partenza peggiore rispetto al resto del Paese.
Come certifica Eurostat, nel 2016 il tasso di occupazione in Campania (fascia di età 15-74 anni) è stato del 36,6%, a fronte di una media nazionale del 50%.
Anche guardando al tasso di disoccupazione la situazione resta simile: in Campania nel 2016 è stato del 20,4%, a fronte di una media nazionale dell’11,7%.
Conclusione
Per quanto riguarda la crescita del Pil De Luca ha ragione a rivendicare il primato della Campania nel 2016 e a sostenere che la regione sia “ancora” in crescita. Errato invece affermare che la Campania “confermi” tale primato, visto che si tratta di una novità dell’anno scorso (nel 2015 la regione era arrivata sesta in questa classifica).
Corretto, infine, il dato riportato sull’occupazione che “conferma” un andamento positivo: anche nel 2015 infatti il dato era in crescita.
Si tratta di dati incoraggianti per una regione che – come le altre del Mezzogiorno – deve colmare un divario ancora molto grande, come abbiamo visto, col resto del Paese in termini di Pil pro capite e di tassi di occupazione.
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