Renato Brunetta, ex ministro e deputato di Forza Italia, ha scritto il 13 giugno su Twitter: “I rendimenti di emissione dei titoli Stato italiani hanno toccato i livelli massimi dal 2014. Questo ha come immediata conseguenza l’incremento delle spese per interessi sul debito, che dovranno essere pagate direttamente dai contribuenti”.
Si tratta di un’affermazione corretta.
I rendimenti di emissione dei titoli di Stato italiani
Brunetta fa riferimento, come si capisce da una nota pubblicata da lui stesso e a cui il tweet fa riferimento, alle aste dei titoli di Stato del 13 giugno.
Quel giorno sono stati messi in vendita titoli con scadenza triennale, settennale e trentennale. Il deputato di Forza Italia cita come fonte il Financial Times, che in effetti – citando a sua volta Reuters – conferma il record. Ma vediamo nello specifico i numeri, verificabili sul sito del Dipartimento del Tesoro.
Per quanto riguarda i Btp con scadenza a 3 anni , il rendimento lordo che è stato concesso agli acquirenti nell’asta del 13 giugno è dell’1,16%, in forte aumento rispetto allo 0,07% dell’asta precedente.
Si tratta del peggior risultato dal febbraio 2014, quando il rendimento lordo era stato dell’1,41%. Da giugno 2014 fino all’asta del 13 giugno il rendimento non aveva mai superato l’asticella dell’1%.
Per quanto riguarda i Btp con scadenza a 7 anni, il rendimento lordo risultato dall’asta del 13 giugno è del 2,37%, cresciuto di più di un punto percentuale rispetto all’1,34% dell’asta di metà maggio.
Anche in questo caso siamo di fronte al record negativo da aprile 2014, quando il rendimento si era attestato al 2,44%. Da settembre 2014 in poi il rendimento era sempre rimasto al di sotto dei due punti percentuali.
I Btp con scadenza trentennale, infine, il 13 giugno hanno fatto registrare un rendimento lordo pari al 3,54%, in significativo aumento rispetto al 2,88% dell’asta precedente di aprile. È il rendimento lordo più alto – considerando solo le aste di titoli di nuova emissione – dall’ottobre 2014, quando era stato del 3,66%. Negli anni successivi non si era infatti più superata la soglia dei 3,5 punti percentuali.
Anche i Btp decennali , nell’ultima asta del 30 e 31 maggio, hanno avuto un rendimento lordo del 3%, in aumento dall’1,7% dell’asta di aprile.
Si tratta del peggior risultato da maggio 2014, quando il rendimento lordo era stato 3,01%. Da allora in poi non si era mai più toccata quota tre punti percentuali.
Dunque la premessa di Brunetta è corretta: i rendimenti di emissione dei titoli Stato italiani hanno in effetti toccato i livelli massimi dal 2014.
Conseguenze?
Quali sono le conseguenze di questo innalzamento dei rendimenti dei titoli italiani? Un articolo del Sole 24 Ore ha calcolato in 44 milioni di euro il costo aggiuntivo per lo Stato causato dall’innalzamento del rendimento lordo dei Bot a sei mesi venduti in una singola asta.
Tale rendimento è infatti passato da -0,421% nell’asta di aprile - “quando non era ancora ‘prezzata’ la variabile politica” , scrive il Sole - a +1,217% nell’asta di maggio (record negativo dal 2012), quando sono stati messi sul mercato titoli per 5,5 miliardi di euro.
Insomma, l’innalzamento dei rendimenti dei titoli di stato italiani nelle varie aste è destinato a scaricare sulle casse del Tesoro dei costi aggiuntivi (a seconda del Btp presi in considerazione tra 3, 7, 10 o 30 anni). Ma in che misura?
Quanto spende oggi l’Italia in interessi sul debito
Di nuovo Il Sole 24 Ore ha pubblicato un grafico che riporta l’andamento della spesa per interessi, in valore assoluto, dell’Italia negli ultimi cinque anni. Siamo passati da più di 83,5 miliardi di euro nel 2012 a meno di 66,5 miliardi nel 2016.
Nel 2017, secondo la società di analisi finanziaria Mazziero Research (il rapporto definitivo della Ragioneria di Stato non è ancora stato diffuso), dovrebbe assestarsi di nuovo intorno ai 66 miliardi. Dal 2018 in poi l’andamento di tale spesa dipenderà appunto dai tassi di interesse che il Tesoro italiano dovrà concedere sul mercato per piazzare i propri titoli.
Quanto costano gli aumenti del rendimento dei titoli
Secondo Mazziero Research “ad ogni 0,50% di rialzo dei tassi corrisponde una spesa aggiuntiva di poco più di 2 miliardi l’anno”.
Dunque se il rendimento dei Btp e degli altri titoli italiani aumentasse di un punto percentuale quest’anno, avremmo un esborso maggiore per le casse dello Stato italiano di circa 4,3 miliardi di euro (per fare un paragone, poco meno di quanto spende l’Italia per l’accoglienza dei migranti). Se aumentasse di due punti, l’aumento di spesa prevista sarebbe di più di 8,5 miliardi di euro.
Le conseguenze sull’economia
La spesa per interessi è il tallone d’Achille dei conti pubblici italiani e ha un impatto molto serio sulla questione del debito pubblico. Lo evidenza un rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio di maggio 2017. “Negli ultimi ventuno anni in Italia il rapporto tra debito pubblico e Pil è cresciuto di 15,7 punti, da 116,9 a fine 1995 a 132,6 a fine 2016”, scrive l’organismo indipendente di vigilanza sulla finanza pubblica. “Nella variazione del rapporto si può distinguere il contributo di quattro componenti: 1) la spesa per interessi, 2) il saldo primario del conto economico, 3) l’aggiustamento stock-flussi, 4) la variazione del PIL nominale”.
Di queste quattro componenti quella che ha pesato maggiormente (pag. 2 del rapporto), e in negativo, è la spesa per interessi. Senza di questa avremmo un bilancio in surplus – unici in Europa insieme alla Germania – e non in deficit, in quanto lo Stato italiano, al netto degli interessi, spende meno di quanto incassa. Avremmo, insomma, i conti in ordine e una capacità di spesa superiore per svariati miliardi di euro all’anno.
Dunque è fondamentale tenere la spesa per interessi la più bassa possibile, in quanto un suo aumento scarica conseguenze negative sul rapporto debito pubblico/Pil e sul deficit.
Conclusione
Brunetta ha ragione nel sostenere che i rendimenti di emissione dei titoli Stato italiani hanno toccato i livelli massimi dal 2014. È poi vero che la conseguenza dell’aumento dei rendimenti sia un incremento della spesa per interessi sul debito, con ripercussioni sulla capacità di spesa dello Stato italiano e dunque su tutti i cittadini.
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