In un’intervista con la Stampa del 5 agosto, il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini ha dichiarato che il Tap (Trans adriatic pipeline) “ridurrebbe del 10% il costo dell’energia per tutti gli italiani”.
Il numero citato da Salvini non trova riscontro preciso, ma la possibilità che il gasdotto abbia ricadute positive sui prezzi esiste. Vediamo la questione più nel dettaglio.
Premessa
Salvini potrebbe prendere il numero del 10% dall’ultima nota di aggiornamento sul Tap di agosto 2018, diffusa dalla società incaricata di realizzare il gasdotto, Tap Ag.
Nella nota si legge che il gasdotto adriatico “diversifica le fonti di approvvigionamento aumentando la concorrenza tra i vari fornitori e abbassando così il costo dell’energia per i consumatori e le imprese, che in Italia pagano il gas mediamente il 10% in più rispetto ai Paesi del Nord Europa”.
Ma da qui a dire che il Tap riduce il costo dell’energia del 10% per tutti gli italiani c’è una notevole differenza.
Non ci risulta che il numero, così inquadrato, provenga da analisi pubblicate e consultabili. Alcuni analisti da noi contattati che operano nel settore della consulenza e dell’accademia, inoltre, hanno confermato che quella percentuale non compare negli studi disponibili sul Tap. Ma, secondo gli stessi analisti, un qualche effetto del Tap sul costo dell’energia è probabile che ci sia.
Vediamo dunque qual è la situazione e perché la stima di Salvini sembra esagerata, ma non priva di un fondamento.
I dati sull’energia
In base ai dati di Terna (il gestore delle reti per la trasmissione dell’energia elettrica), risulta che in Italia nel 2017 il fabbisogno di energia sia ammontato a 320,5 TWh (terawattora).
Tale domanda di energia elettrica è stata soddisfatta per l’88,2% da produzione nazionale e per il restante 11,8% dalle importazioni nette dall’estero.
I dati di ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, già Autorità per l’energia elettrica e il gas) che si fermano al 2016 (qui si può scaricare la tabella relativa), mostrano come l’energia prodotta in Italia (289,32 TWh) provenga da una molteplicità di fonti energetiche. La principale è il gas naturale, che da solo genera 126 TWh, cioè il 43,5% della produzione (e il 40% del fabbisogno, se guardiamo ai dati Terna relativi al 2016.
Possiamo quindi ipotizzare che il prezzo dell’energia venga influenzato per poco meno della metà dal prezzo del gas naturale.
I dati sul gas naturale
L’Italia nel 2017 ha consumato (qui è scaricabile la tabella coi dati del Ministero dello sviluppo economico – DGSAIE) circa 75 miliardi di metri cubi di gas. Di questi ne ha prodotti 5,5 miliardi e ha importato il resto.
Ma i gasdotti già esistenti hanno una capacità superiore al loro impiego. Potrebbero infatti, a pieno regime, importare circa 110 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Il Tap aggiungerà subito altri 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno di capacità, di cui circa 8 per l’Italia, che potranno raddoppiare in futuro a 20 miliardi (circa 16 miliardi per l’Italia). Avrebbe dunque un impatto del 7,5-15% sulla capacità di importazione italiana.
Le ricadute benefiche
Ci sono alcune ragioni per cui, al crescere del volume di gas a disposizione del Paese grazie al Tap, il suo prezzo potrebbe diminuire. Ad esempio, come scriveva già nel 2013 l’ARERA in un paper, la nuova rotta metterebbe pressione concorrenziale ai principali fornitori di gas dell’Italia, Algeria e Russia, che sarebbero stimolati ad abbassare i prezzi.
Ancora nel paper di Arera si ipotizza una maggiore possibilità per quei fornitori di gas che contribuiscono alla realizzazione del Tap (Statoil ASA, EGL AG, E.On Ruhrgas AG) di fare concorrenza ad ENI grazie al gasdotto adriatico.
Inoltre, come avevamo già scritto, bisogna considerare che il Tap arriva in un mercato che è già saturo. I miliardi di metri cubi che dovrebbero arrivare tramite questo gasdotto sono già stati contrattualizzati – i clienti già ci sono e hanno firmato contratti vincolanti – a condizioni particolarmente vantaggiose per chi compra. Questi prezzi vantaggiosi del gas naturale potrebbero dunque scaricarsi sul prezzo dell’energia.
Infine secondo alcuni studi il Tap potrebbe diventare in futuro un’infrastruttura strategica, vista la sua impermeabilità a eventuali tensioni con la Russia o in Medio Oriente, per consentire all’Italia di esportare il gas che arriva in Puglia nel resto d’Europa, garantendole così un significativo ritorno economico grazie ai transit fees (cioè il compenso che il Paese attraversato dal gasdotto riceve per il solo fatto di ospitare l’infrastruttura in cui fluisce il gas), che potrebbe di nuovo influire indirettamente sul costo dell’energia.
È possibile, sommando tutte queste variabili, raggiungere una riduzione del costo dell’energia del 10%? Secondo gli esperti da noi sentiti, è una stima molto ottimistica ma non del tutto impossibile.
I vantaggi, oltretutto, non vanno bilanciati con un costo diretto per lo Stato. L’investimento per l’infrastruttura è infatti completamente a carico dei privati.
Conclusione
Secondo il parere di alcuni esperti e delle autorità del settore energetico, il Tap avrà ripercussioni positive sul costo dell’energia in Italia.
Ma le variabili, e i motivi di incertezza a livello economico e geopolitico, sono talmente numerose che è impossibile azzardare una stima precisa dell’impatto che il gasdotto avrebbe sul costo dell’energia (costo che copre comunque una quota inferiore alla metà della bolletta che i consumatori devono pagare).
In ogni caso ipotizzare un calo del 10%, per quanto non impossibile, sembra tuttavia molto ottimistico. Più realistico applicare il calo in questione al costo del gas naturale.
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