In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook lo scorso 3 maggio, il segretario della Lega Matteo Salvini ha scritto: “la Commissione Europea propone un bilancio che toglie 2 miliardi di euro agli agricoltori italiani nei prossimi sette anni, e altri 2 miliardi ai Comuni italiani, per finanziare con 10 miliardi in più le politiche a favore dell'immigrazione”.
Si tratta di un'affermazione che si fonda su informazioni parziali e provvisorie. Tuttavia, in base a quanto ne sappiamo oggi e a quanto ci si può attendere, Salvini potrebbe anche avere ragione su alcuni aspetti generali anche nell'imprecisione di alcuni dettagli.
Il bilancio Ue
Il prossimo bilancio settennale europeo è in una lunga e laboriosa fase di trattativa. La proposta della Commissione europea per il Bilancio 2021-2027 dell’UE, presentata il 2 maggio, è solo il primo di molti passaggi che il documento dovrà fare prima di diventare definitivo: in particolare, ci sarà bisogno dell’approvazione da parte di Parlamento europeo e Consiglio.
La proposta della Commissione europea aumenta leggermente il totale complessivo del budget UE. Detto questo, è vero che la stessa proposta preveda una riduzione di circa il 5% dei due principali capitoli di spesa dell’Unione: la Politica agricola comune (PAC) e la Politica di coesione.
Queste due riduzioni, come spiega la Commissione, dipendono principalmente da due motivi. In primo luogo, per effetto della Brexit, vengono a mancare i contributi del Regno Unito (uno dei Paesi contributori netti, che dava cioè più di quanto non ricevesse, nonostante il meccanismo del rebate restituisse parte di quelle cifre. In secondo luogo, si è deciso di dare spazio a nuove priorità, in particolare nell’ambito della difesa e della gestione dell’immigrazione.
Le conseguenze per l’Italia
Non è chiaro da dove Salvini prenda le cifre di 2 miliardi in meno per i comuni e gli agricoltori italiani. Possiamo ipotizzare che il leader della Lega abbia applicato la riduzione del 5% prevista per il settennato 2021-2027 ai fondi che l’Italia ha ricevuto in quello precedente, 2014-2020. Vediamo se i conti tornano.
La Politica agricola comune
La Politica agricola comune è finanziata da due fondi, il Fondo europeo agricolo di garanzia (EAGF) e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (EAFRD). Il primo finanzia in modo diretto gli agricoltori, mentre il secondo finanzia i programmi dei vari Stati membri per lo sviluppo delle aree rurali.
Nel periodo 2014-2020 l’Italia ha ricevuto in finanziamenti diretti agli agricoltori circa 23 miliardi di euro, più altri 10,4 miliardi per lo sviluppo rurale. Dunque un totale di circa 33,4 miliardi. Una riduzione del 5% corrisponderebbe approssimativamente a 1,67 miliardi.
Il calcolo non tiene conto di molte possibili variabili che potrebbero intervenire su come le nuove risorse – diminuite del 5% a livello complessivo – verranno effettivamente distribuite. In particolare, se è vero che verranno meno i contributi del Regno Unito, è anche vero che l’Unione europea non dovrà erogare gli oltre 25 miliardi che Londra riceveva grazie alla Politica agricola comune (circa il 7% del totale).
Dunque è un calcolo che si fonda su informazioni ancora provvisorie e incomplete. Presuppone un taglio lineare dei trasferimenti per tutti gli Stati membri, che al momento non è per nulla sicuro.
La Politica di coesione
La Politica di coesione si concretizza invece in tre fondi europei, che assorbono la maggior parte delle risorse dedicate: il Fondo europeo di sviluppo regionale (ERDF), che ha l’obiettivo di ridurre gli squilibri interni alla Ue finanziando le regioni meno sviluppate, il Fondo Coesione (CF), che aiuta i Paesi con una popolazione più povera all’interno dell’Ue, e il Fondo sociale europeo (ESF). Per l’Italia sono importanti soprattutto il primo, che ha diritto di chiedere e utilizzare per le regioni del Sud, e il terzo.
Nel settennato 2014-2020 l’Italia ha diritto a ricevere 20,75 miliardi di euro dell’ERDF. Dunque una riduzione del 5% – applicando lo stesso calcolo poco affidabile già utilizzato per la politica agricola – equivarrebbe a poco più di un miliardo.
Il Fondo sociale europeo (ESF) fa parte del capitolo “Investire nelle persone, nella coesione sociale e nei valori” e anch’esso dovrebbe essere ridotto nel prossimo budget.
Nel periodo 2014-2020 l’Italia ha ricevuto (o potrà ricevere) 10,47 miliardi da questo fondo. Dunque una riduzione del 5% corrisponderebbe a poco più di 500 milioni. Sommandoli al miliardo di eventuale riduzione del ERDF arriviamo a circa 1,6 miliardi di euro in meno per l’Italia.
Anche in questo caso, il presupposto è che il taglio del 5 per cento venga spartito equamente tra tutti i Paesi dell’Unione. Ci sono alcuni indizi che fanno pensare che non sarà così.
Una modifica nei criteri?
La Commissione sta valutando infatti una modifica dei criteri che regolano la redistribuzione dei fondi relativi alla Politica di coesione. Stando ai primi annunci, i nuovi criteri favorirebbero l’Italia.
In particolare, secondo quanto preannuncia la Commissione, accanto al criterio principale del Pil pro capite si vorrebbero prendere in considerazione indicatori come la disoccupazione giovanile, l’impatto dei cambiamenti climatici e la ricezione e l’integrazione dei migranti. Criteri che, appunto, dovrebbero favorire il nostro Paese (e la Grecia) a discapito, in particolare, dei Paesi dell’Est Europa.
I Paesi dell’Est Europa, in particolare Polonia e Ungheria, sono preoccupati anche dalla proposta della Commissione europea di collegare l’erogazione dei fondi europei al rispetto delle regole dello Stato di diritto: i governi dei due Paesi sono infatti nel mirino della Commissione per la svolta autocratica, e contraria ai principi dell’Ue, che starebbero imprimendo nelle rispettive patrie.
Il capitolo immigrazione
Oltre a quanto l’Unione Europea potrebbe togliere, Salvini fa riferimento anche a quanto intenderebbe dare, e parla di dieci miliardi aggiuntive nelle politiche “a favore dell’immigrazione”.
La Commissione prevede di triplicare, all’incirca, la spesa per controllo delle frontiere esterne, migrazione e asilo, passando dagli attuali 13 miliardi di euro a 33 miliardi, che potrebbero in particolare portare all’assunzione di 10.000 guardie di frontiera e guardie costiere entro il 2027.
Di questi 33 miliardi, i due terzi circa sono per il controllo delle frontiere e circa dieci sono per il capitolo migrazione (probabilmente quelli a cui fa riferimento Salvini).
Nel settennato 2014-2020 il Fondo asilo, immigrazione e integrazione (AMIF) era finanziato con 3,13 miliardi di euro. L’aumento insomma c’è, nella attuale proposta di budget Ue, ma non è di 10 bensì di 7 miliardi scarsi.
Conclusione
I calcoli di Salvini potrebbero essere corretti solo se la riduzione di alcuni capitoli di spesa, che dovrebbe esserci nel prossimo bilancio UE, fosse distribuita in modo uguale tra tutti i Paesi membri (e senza contare le conseguenze “in positivo” dell’uscita del Regno Unito). In quel caso, si possono stimare tagli ai fondi per l’agricoltura e la politica di coesione (ciò a cui sembra riferirsi Salvini parlando di fondi “ai Comuni italiani”, che tuttavia non sono gli unici destinatari dei fondi europei) intorno ai 1,6 miliardi di euro ciascuna, un po’ meno dei due miliardi citati dal leader della Lega. Ma si tratta appunto di calcoli al momento prematuri. Ma, per quanto riguarda la Politica di coesione, i nuovi criteri che la Commissione vorrebbe introdurre potrebbero addirittura comportare un aumento dei trasferimenti per l’Italia.
Infine, sui fondi per l’immigrazione, è vero che nelle intenzioni della Commissione debbano diventare dieci miliardi circa nel prossimo settennato, mentre erano poco più di tre nel settennato precedente. L’aumento, sette miliardi, è anche in questo caso inferiore alla cifra indicata da Salvini.
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