Il testo del Def è stato pubblicato successivamente alla nostra analisi che segue qui sotto. Nel Def si legge testualmente che 'Nell’accordo di fine anno con la Commissione Europea, il Governo aveva indicato una previsione di indebitamento netto per il 2019 pari al 2 per cento del PIL. La Legge di Bilancio contiene una clausola che, in caso di deviazione dall’obiettivo di indebitamento netto, prevede il blocco di due miliardi di spesa pubblica. Sulla base delle nuove previsioni pubblicate in questo documento, tale scenario appare ora probabile. Il Governo attuerà pertanto tale riduzione di spesa'.
Dunque i margini di incertezza che evidenziavamo nella nostra analisi sono da considerarsi superati. Come ammesso esplicitamente dal governo il taglio di 2 miliardi ci sarà e viene di conseguenza meno l'imprecisione dell'affermazione di Paolo Gentiloni.
L’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, a margine di un incontro con i rappresentanti del mondo delle imprese, ha dichiarato il 9 aprile: "Visto che il Bilancio 2019 conteneva previsioni ottimistiche, purtroppo scattano due miliardi di tagli che ricadranno in parte sul trasporto pubblico locale, in parte sulla sanità, cose che incidono nei servizi essenziali ai cittadini".
L’affermazione dà per certo una cosa - il taglio di due miliardi - che, per quanto probabile, non è ancora sicura. La sostanza è comunque corretta.
Che cosa sono questi due miliardi di euro?
Vediamo da dove arrivano questi due miliardi di euro. La legge di Bilancio per il 2019 stabilisce (art. 1 co. 1118) che "per l’anno 2019, le dotazioni del bilancio dello Stato [...] sono accantonate e rese indisponibili per la gestione, per un importo complessivo pari a 2 miliardi di euro".
Quando parliamo di “tagli” dunque stiamo parlando di risorse che sono state sì stanziate per i vari ministeri, ma che non sono mai entrate nella loro disponibilità, proprio in attesa di vedere come sarebbe andata l’economia nei mesi successivi al varo della legge di Bilancio.
La stessa legge di Bilancio dispone poi che "il monitoraggio degli andamenti tendenziali di finanza pubblica effettuato con il Documento di economia e finanza [Def n.d.r.] e con la relativa Nota di aggiornamento è aggiornato entro il mese di luglio" (art. 1, co. 1119).
Se da questo monitoraggio dovessero evidenziarsi "scostamenti o rischi di scostamenti rilevanti per l’esercizio finanziario 2019 rispetto agli obiettivi programmatici di finanza pubblica", stabilisce quindi la legge di Bilancio, gli accantonamenti "sono confermati" (art. 1 co. 1120). Quindi di fatto i 2 miliardi vengono tagliati.
Ma - e su questo aspetto si sono concentrate alcune critiche - lo stesso comma dice che, così come è possibile che gli accantonamenti siano confermati se le cose dovessero andare male per l’economia italiana, allo stesso modo e nelle stesse condizioni economiche è possibile che invece i due miliardi vengano resi disponibili.
Dal testo della legge risulta quindi, dando un’interpretazione letterale, l’imprecisione di Gentiloni: i due miliardi di tagli, a fronte di uno scostamento evidente - come vedremo tra poco - degli andamenti della finanza pubblica rispetto agli obiettivi fissati dalla legge di Bilancio, non sono automatici. Il momento in cui saranno definitivamente decisi è fissato a luglio, quindi al momento il giudizio è prematuro.
Date le parole di Tria di qualche settimana fa, con cui si escludeva una manovra correttiva proprio grazie alla presenza di quei due miliardi di accantonamenti già predisposti, sembra però probabile che Gentiloni abbia ragione.
Perché scatta il taglio da due miliardi di euro?
Andiamo quindi a vedere perché è probabile che scatti questo taglio da due miliardi.
Il governo, nella lettera inviata alla Commissione europea il 18 dicembre sulla bozza di bilancio, aveva messo nero su bianco le seguenti previsioni: Pil +1% e rapporto deficit/Pil (“indebitamento netto”) al 2%.
Queste, come fa notare Gentiloni, si sono rivelate previsioni eccessivamente ottimistiche. Diverse istituzioni internazionali - come il Fondo monetario internazionale, l’Ocse e la Commissione europea stessa - hanno dato stime nettamente peggiori, con una crescita vicina allo zero quando non inferiore.
Alla fine anche il governo, nel Def, ha dovuto riconoscere di aver sbagliato le previsioni di dicembre. Nel comunicato stampa relativo al Consiglio dei ministri del 9 aprile che ha approvato il Documento di economia e finanza - il cui testo non è ancora disponibile - si legge che "la proiezione di crescita tendenziale per il 2019 è stata rivista, passando dall’1 allo 0,1 per cento [0,2 per cento nello scenario programmatico, n.d.r.]. Il deficit di quest’anno è stimato al 2,4 per cento del Pil".
Dunque un peggioramento del Pil di quasi 1 punto (da 1 a 0,1) e del rapporto deficit/Pil di quasi mezzo punto (da 2 a 2,4).
Il governo sottolinea però che "al netto dell’andamento ciclico e delle misure temporanee [che non vengono conteggiati nel valutare il rispetto dei parametri europei, n.d.r.], questo risultato darebbe luogo a una variazione dell’indebitamento [il rapporto deficit/Pil n.d.r.] di solo -0,1 punti percentuali".
Quindi, prosegue il comunicato, "tenendo conto della flessibilità concordata con la Commissione, il risultato di quest’anno rientrerebbe nei limiti del Patto di Stabilità e Crescita".
Secondo il governo, insomma, non c’è ancora il rischio di violare i parametri europei. Quindi i due miliardi accantonati teoricamente potrebbero anche non essere utilizzati.
Ma questo sembra improbabile, alla luce del rallentamento dell’economia italiana. Anche Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea e commissario per l’Euro e il Dialogo sociale, parlando della situazione economica italiana aveva dichiarato proprio pochi giorni fa che i "due miliardi di clausole di salvaguardia per il congelamento di alcune spese, nelle attuali circostanze dovrebbero essere attivate".
Fino a luglio, probabilmente, non si potrà dire con certezza se quei due miliardi accantonati verranno definitivamente resi indisponibili - cioè tagliati - o se invece il governo saprà e potrà convincere Bruxelles che non sia necessario. In base agli andamenti dell’economia italiana, molto al di sotto delle aspettative del governo, e in base alla parole dei rappresentanti delle istituzioni comunitarie il taglio sembra molto probabile. Ma, appunto, non si può stabilirlo con assoluta certezza al momento.
Ma su quali capitoli di spesa si abbatterebbe il taglio di 2 miliardi?
Nell’eventualità in cui il taglio alla fine ci fosse, su quale voci di spesa cadrebbe? Avevamo affrontato la questione qualche settimana fa e, come verificato allora, i settori maggiormente colpiti dalla sforbiciata sarebbero gli aiuti alle imprese, “i fondi da assegnare, di riserva e speciali”, i trasporti locali, l’istruzione, la difesa le politiche sociali.
L’elenco degli accantonamenti è contenuto nell’allegato 3 alla legge di Bilancio.
La sanità è uno dei settori che verrebbero meno colpiti, insieme ai fondi assegnati ai ministeri degli Interni, della Giustizia, dei Beni culturali, dell’Ambiente e delle Politiche agricole.
Conclusione
L’affermazione di Gentiloni è imprecisa: il taglio di due miliardi potrebbe scattare nel prossimo futuro, ma non è sicuro che questo avvenga, stando al testo della legge e alle posizioni espresse dal governo. Considerati gli andamenti dell’economia italiana e le posizioni delle istituzioni comunitarie, però, è probabile che il taglio ci sarà.
Se ciò avvenisse è poi vero che verrebbero toccati servizi essenziali per i cittadini, come l’istruzione, i trasporti, le politiche sociali. Le risorse che si sarebbero potute spendere se l’economia fosse andata meglio, infatti, non saranno infatti rese disponibili per diversi ministeri. La sanità tuttavia, citata da Gentiloni, a una prima analisi sembra tra i capitoli di spesa meno colpiti dal taglio.
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