Le senatrici Doris Lo Moro e Maria Cecilia Guerra (Mdp – Articolo 1) hanno scritto lo scorso 5 ottobre una nota in cui denunciano: “Solo 1500 euro per essere assolti dal reato di stalking a dispetto del parere della vittima. Dal Tribunale di Torino viene oggi una sentenza che dimostra come avessimo ragione a dichiarare forte e chiaro che anche il reato di stalking, sia pure nelle forme considerate non violente, avrebbe finito per cadere nel campo di applicazione della riforma Orlando che prevede l’estinzione di alcune tipologie di reato a fronte del pagamento di una cifra congrua”.
Le due senatrici hanno ragione.
Il caso di cronaca
La sentenza a cui fanno riferimento Lo Moro e Guerra è quella del 2 ottobre scorso del Tribunale di Torino, emessa dal giudice per l’udienza preliminare (gup) Rosanna La Rosa. È una sentenza “di non doversi procedere” nei confronti dell’imputato, in quanto il reato - un caso di stalking senza violenze e minacce gravi - si è estinto per “condotte riparatorie”.
L’imputato si era infatti dichiarato disponibile a pagare una somma di 1.500 euro a titolo di risarcimento, cifra ritenuta dal giudice “congrua rispetto all’entità dei fatti”, nonostante il parere contrario della vittima.
L’impatto della riforma Orlando
Lo Moro e Guerra hanno sostanzialmente ragione nell’indicare la riforma Orlando quale responsabile di questo esito. Anche se, per essere precisi, parlare di “assoluzione” per una sentenza “di non doversi procedere” è formalmente scorretto.
La riforma Orlando si poneva infatti l’obiettivo di migliorare l’operatività dei tribunali evitando che si andasse in dibattimento, là dove possibile, per i reati ritenuti meno gravi.
Come si legge ancora nella sentenza, “la norma introdotta dall’art. 1 comma 1 della legge 103/2017 [la riforma Orlando, ndR.] prevede che nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente […] il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato”.
La sentenza fa riferimento ai casi di “reati procedibili a querela remissibile”, come quello di cui si occupava. Vediamo di che cosa si tratta.
I reati procedibili a querela
I reati a querela sono quelli che necessitano di una denuncia per essere perseguiti. Senza la denuncia non è possibile per il Pm procedere. L’idea che ci sta dietro è che alcuni comportamenti in teoria offensivi, come ad esempio minacce non molto gravi, vadano perseguiti solo se la vittima ritiene che siano davvero intollerabili.
Il discorso è più complicato nel caso della violenza sessuale (art. 609 bis c.p.) che - a meno che non si tratti di under 14, o l’accusato non sia un pubblico ufficiale o altri casi specifici - è procedibile solo a querela di parte (art 609 septies c.p.).
In questo caso il legislatore ha voluto soprattutto tutelare la libertà di autodeterminazione della vittima. Nel caso di due adulti che fanno sesso, non si è ritenuto opportuno chiedere ai pubblici ministeri di indagare se ci sia violenza o meno, nella totale assenza di una denuncia.
Il caso di violenza sessuale, in particolare, è un reato cosiddetto “a querela non remissibile”. Ovvero, una volta denunciato, non è più possibile per l’accusatore ritirare la querela e fermare la macchina della giustizia.
Lo stalking
Lo stalking (art. 612 bis c.p.), o “atti persecutori”, è di base un reato procedibile a querela remissibile. Si procede cioè solo in presenza di una denuncia, che può tra l’altro essere ritirata e interrompere il procedimento.
Ci sono alcuni casi, però, in cui lo stalking è procedibile d’ufficio: “se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità […], nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio”.
Non solo. La querela non è remissibile “se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma”, cioè con minaccia grave o (art. 339 c.p.) fatta da più persone, o con le armi, o da persone mascherate, o per lettera anonima e così via.
Dunque, nonostante la riforma Orlando, resta procedibile a querela remissibile il reato di stalking perpetrato con minacce (non gravi) e condotte che possano causare “un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità” propria o dei propri cari, o da costringere la vittima ad “alterare le proprie abitudini di vita”.
La posizione del PD
Quando erano state mosse critiche – in particolare da parte dei sindacati – alla riforma Orlando per il suo impatto proprio sul reato di stalking, il Pd aveva risposto il 28 giugno scorso per bocca di Gennaro Migliore: “Circola in queste ore un ingiustificato allarme, diffuso dai responsabili di Cgil, Cisl e Uil, di depenalizzazione dello #stalking. È una notizia falsa. La riforma del #processopenale - che rende possibile l'estinzione del reato in caso di riparazione del danno - si applica solo ai reati procedibili a querela remissibile. Certamente non per lo stalking”.
Come evidente, Migliore sbagliava. Seppur per i casi meno gravi di stalking, la riforma Orlando è applicabile.
Conclusione
Le senatrici di Mdp – Articolo 1 Lo Moro e Guerra hanno dunque ragione. La situazione – paventata dai critici subito dopo l’entrata in vigore della riforma, e su cui il ministro Orlando aveva promesso si sarebbe intervenuti – si è verificata: a causa delle nuove disposizioni inserite nel codice penale, un soggetto colpevole di stalking (non grave) ha estinto il processo pagando una somma riparatrice.
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