Il segretario della Lega Matteo Salvini, in un’intervista al Messaggero dello scorso 26 marzo, ha affermato: “Molti cittadini romani mi chiedono: portate via un po’ di ministeri, qui c'è troppo caos. Per esempio il ministero delle Infrastrutture potrebbe andare a Napoli o a Bari”.
Oggi un simile spostamento non è fattibile, come dimostra il precedente del 2011 dei “Ministeri al nord”. Servirebbe come minimo una nuova legge, anche se probabilmente neppure quella sarebbe sufficiente.
Il precedente del 2011
C’è un celebre precedente per la questione dello spostamento dei ministeri. Nell’estate del 2011 l’ultimo governo Berlusconi aveva, su pressione della Lega Nord allora guidata da Umberto Bossi, inaugurato a Monza – all’interno della Reggia – delle “sedi distaccate” di alcuni dicasteri, in particolare dell'Economia, della Semplificazione normativa e delle Riforme. Non si trattava di veri e propri ministeri – come invece risultava dalle ambizioni iniziali della Lega – ma nemmeno di semplici uffici periferici.
Questa iniziativa non ebbe molta fortuna. Le sedi distaccate vennero chiuse con la nascita del governo Monti. La Presidenza del consiglio, come spiegò l’allora ministro per i Rapporti col Parlamento Piero Giarda, era infatti stata condannata il 9 novembre 2011 per “comportamento antisindacale” a causa dell’apertura di queste sedi, dato che non erano state interpellate le rappresentanze dei lavoratori. Il 9 febbraio 2012 il governo rinunciò a opporsi al decreto del tribunale di Roma perché nel frattempo – cambiato il governo – era cessata l'operatività delle sedi.
Ma, prima che la questione si risolvesse, in una lunga lettera indirizzata al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva espresso un articolato parere sul perché, da un punto di vista giuridico-costituzionale, non fosse possibile spostare i ministeri da Roma.
La lettera di Napolitano
Scriveva Napolitano: “la dislocazione di sedi ministeriali in ambiti del territorio diversi dalla città di Roma deve tener conto delle disposizioni contenute nel regio decreto n. 33 del 1871, ancora pienamente vigente, che nell'istituire, all'articolo 1, Roma quale capitale d'Italia ha altresì previsto che in essa abbiano sede il Governo ed i Ministeri”.
Dunque, per prima cosa, c’è una legge ordinaria (un regio decreto datato, ma ancora vigente), che prescrive che Governo e Ministeri abbiano sede a Roma. Ma non sarebbe un problema difficile da risolvere: sarebbe infatti sufficiente emanare una nuova legge che disponga appunto il trasferimento dei ministeri da Roma a Bari o Napoli e, in virtù del principio per cui la legge più nuova prevale su quella più vecchia, l’ostacolo rappresentato dal regio decreto sarebbe superato.
Ma Napolitano prosegue: “è altresì noto che la scelta di Roma capitale è stata costituzionalizzata con la riforma del titolo V della nostra Carta che, con la nuova formulazione dell’articolo 114, terzo comma, […] ha posto un vincolo che coinvolge tutti gli organi costituzionali, compresi ovviamente il Governo e la Presidenza del Consiglio”.
Il terzo comma dell’art. 114 Cost., così riformato nel 2001, recita: “Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”.
La stessa legge delega per il federalismo fiscale (legge 42/2009) approvata dal centrodestra nel 2009, richiamata sempre da Napolitano, stabilisce (art. 24): “L’ordinamento di Roma capitale è diretto a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali”.
Dunque anche una legge che stabilisca lo spostamento dei ministeri rischierebbe il contrasto con la Costituzione. Potrebbe rilevarlo Mattarella, come già fece in passato Napolitano in una situazione diversa ma simile, o potrebbe decidere in merito la Corte Costituzionale.
Conclusione
Insomma, la capitale è la sede degli organi costituzionali – per legge e per definizione - e la capitale d’Italia, in base alla Costituzione, è Roma. Dunque è impossibile spostare dalla capitale (Roma) gli organi costituzionali (i Ministeri). Quello che propone Salvini è un vecchio cavallo di battaglia della Lega Nord, che già in passato si è scontrato con ostacoli giuridici.
Servirebbe una riforma della Costituzione, quindi? Non è detto, anche se qui la questione giuridica si fa ancora più teorica.
Per avere infatti ministeri (organi costituzionali) in diverse città potrebbero servire diverse “capitali”. Invece l’articolo 5 della Carta, anche se tratta di “decentramento”, stabilisce che la Repubblica sia “una e indivisibile” ed è dubbio che una simile disposizione possa essere modificata: l’articolo 139 cost. pone un divieto di revisione costituzionale sulla forma repubblicana.
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