Snopes.com è uno dei siti di debunking (“sbufalaggio”) e fact-checking più antichi di Internet. Iniziò a sfatare soprattutto miti e leggende urbane negli Usa già a metà degli anni ‘90, quando in Italia il web era conosciuto ancora da pochi e i modem fischiavano e gracchiavano a lungo prima di connettersi.
Dopo essersi ingrandito sempre più nel tempo, assumendo giornalisti e collaboratori, Snopes è incappato, nelle ultime settimane, in un momento di crisi che rischiava di segnarne la fine.
Ma rivolgendosi ai suoi lettori e lanciando una campagna di crowdfunding ha ottenuto un risultato al di sopra delle aspettative, e può ora sperare di uscire dalla crisi senza subire danni irreparabili.
La crisi
La crisi di Snopes è esplosa nel 2017 e dipende da una complicata questione legale, che coinvolge la società proprietaria, Bardav, e un’altra società comproprietaria, Proper Media, a cui Bardav nel 2015 aveva appaltato la gestione dei contenuti e dell’advertising, la pubblicità, che è la fonte di autosostentamento per il sito.
Le due società si accusano reciprocamente di comportamenti scorretti e il fatto che nella questione sia indirettamente coinvolta l’ex moglie di Mikkelson, che ha venduto la sua quota di Snopes a Proper Media rendendola anche comproprietaria, complica ulteriormente il quadro.
Non ci interessa qui avanzare ipotesi su chi abbia ragione e chi torto, saranno i giudici – già coinvolti – a dire l’ultima parola. Più nello specifico, la questione legale riguarda chi sia l’attuale proprietario del sito, e se il controllo della società dopo la vendita dell’ex moglie di Mikkelson sia ancora di Bardav o sia a metà con Proper Media: il San Diego Union-Tribune ha dedicato un articolo molto chiaro sugli aspetti legali, e così anche The Atlantic. La cosa più rilevante per noi, come anticipato, è la reazione di Mikkelson al momento di difficoltà.
La soluzione
Lunedì 24 luglio su Snopes è stata pubblicata una lettera ai lettori in cui, “per la prima volta nella nostra storia”, viene chiesto loro un aiuto economico. La lite in corso ha infatti, nella versione di Snopes, avuto l’effetto di bloccare il flusso di denaro che arrivava dall’advertising. Di qui il rischio di “chiudere i battenti”.
Facendo appello alla “comunità” degli utenti veniva suggerita una donazione di minimo 10 dollari, o possibilmente di più. L’obiettivo dichiarato era quello di raggiungere i 500mila dollari.
Nelle prime 3 ore ne erano già stati raccolti 20mila, martedì 25 luglio l’obiettivo era già stato superato e al 31 luglio si è arrivati a quasi 700mila dollari.
L’ingrediente segreto?
Come detto, lo strumento del crowdfunding utilizzato da Snopes non è nulla di particolarmente eccezionale. Ciò che è stato straordinario è la risposta della comunità di lettori che hanno immediatamente risposto all’appello, portando la campagna di raccolta fondi a un istantaneo successo.
L’American Press Institute – una no-profit che ha tra i suoi obiettivi quello di rendere il giornalismo più sostenibile economicamente – ha dedicato un articolo a questa vicenda, e l’autrice Jane Elizabeth ha individuato i due fattori che secondo lei hanno fatto la fortuna della campagna di Snopes.
Il primo è che il sito raggiunge un pubblico che normalmente non viene raggiunto dagli altri tradizionali fact-checkers. Il secondo è che i contenuti sono presentati in maniera semplice, accattivante e perfetta per il web.
Al primo fattore contribuisce in maniera determinante il fatto che Snopes, a differenza di molti altri siti di fact-checking, non viene percepito come politicamente schierato. Negli Usa infatti gli elettori repubblicani hanno oramai sviluppato una forte diffidenza verso il fact-checking, considerato “ostile” ai loro valori e rappresentanti.
Per il secondo, l’adattabilità di Snopes al linguaggio del web, vengono invece elencati una serie di elementi costitutivi: vengono sempre citate le fonti utilizzate nell’analisi, è noto il nome dell’autore e la data di uscita (o aggiornamento), la dichiarazione di partenza viene documentata e circostanziata, il verdetto è chiaro, l’analisi è breve e la comunità dei lettori viene sollecitata a proporre e interagire.
Conclusione
Insomma, Snopes piace – e riceve immediato sostegno in caso di necessità – perché è uno strumento agile, chiaro, privo di retorica e che non si occupa solo di politica. In questo modo, specie in un momento in cui una parte (quella di Trump) è particolarmente prolifica nel produrre bufale e nell’attrarre su di sé gli strali di chi si occupa di verifica dei fatti, gli elettori di quello schieramento non hanno la sensazione di essere costantemente presi di mira dal fact-checking, sviluppando il pregiudizio che questo sia fazioso.
Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it