Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando il 2 gennaio ha dichiarato: “Ci sono migliaia, centinaia di migliaia di persone che oggi risiedono legalmente in Italia, pagano le tasse, versano contributi all’Inps e fra qualche settimana o mese saranno 'senza documenti' e quindi illegali”.
Il sindaco stava così giustificando la sua decisione di sospendere in parte l’applicazione del cosiddetto “decreto sicurezza”, fortemente voluto da Matteo Salvini.
Quella di Orlando è un’affermazione imprecisa, per quanto riguarda il numero di migranti che rischiano di diventare illegali, e che esagera le conseguenze negative del decreto sicurezza per i migranti lavoratori. Al netto di questo, sottolinea comunque un problema reale. Cerchiamo di capire i dettagli della questione.
Che cosa prevede il decreto sicurezza
Le disposizioni contenute nel decreto sicurezza (decreto legge n. 113 del 4 ottobre 2018) a cui fa riferimento il sindaco Orlando nella sua dichiarazione sono quelle relative ai permessi per motivi umanitari (art. 1), che vengono eliminati in favore di permessi “speciali” più difficili da concedere al richiedente asilo.
In base al decreto, infatti, quei permessi speciali potranno essere dati al richiedente asilo solo in situazioni particolari: per cure mediche a fronte di malattie di eccezionale gravità (e solo per il tempo necessario), per le vittime di grave violenza o violenza domestica, per situazioni di contingente ed eccezionale calamità naturale nel Paese di provenienza, per lavoratori sfruttati che abbiano denunciato il datore e cooperino con la giustizia e per atti di eroismo.
Se queste condizioni non ricorrono, il permesso speciale può essere dato anche al richiedente che, pur non avendo i requisiti per ottenere lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, rischierebbe la tortura o la persecuzione se venisse rimandato in patria.
Che conseguenze ha questa nuova disciplina più restrittiva, in concreto, per i richiedenti asilo?
Conseguenze pratiche
Distinguiamo principalmente due situazioni: quella del migrante che al 5 ottobre, data in cui il decreto sicurezza è entrato in vigore, non aveva ancora presentato domanda di protezione internazionale, e quella di chi invece per allora l’aveva già ottenuta.
Per i primi, come spiega in un approfondimento di Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione), vale la nuova disciplina.
Quindi, se la commissione territoriale che esamina la domanda di protezione internazionale valuta che ci sia una delle condizioni particolari descritte dal decreto (malattia, calamità, violenza e così via), o che ci sia il rischio di tortura o persecuzione, può dare un permesso speciale. Se la commissione territoriale non ritiene che sussistano queste condizioni o questi rischi, il migrante riceve un diniego alla sua domanda e diventa irregolarmente soggiornante in Italia.
Per chi invece aveva già ottenuto il permesso umanitario, che poteva avere durata diversa a seconda dei singoli casi (di solito tra i 6 mesi e i 2 anni) vale ancora la normativa precedente. Alla scadenza del permesso, però, non è più possibile ottenere il rinnovo sulla base dei requisiti che si erano soddisfatti in precedenza, ma è necessario soddisfare quelli nuovi, più stringenti, previsti dal decreto sicurezza.
Nel caso il titolare di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie scaduto non sia in pericolo di tortura o persecuzione, o in una situazione eccezionale tra quelle previste dal decreto sicurezza (calamità, grave malattia, vittime di violenza domestica etc.), la sua domanda di rinnovo verrà quindi rigettata e il migrante diventerà così irregolarmente soggiornante in Italia.
Con la vecchia normativa, se il titolare della protezione umanitaria è anche un lavoratore regolare e ha i documenti in corso di validità, prima che scada il suo permesso – o alla scadenza – può chiedere che venga convertito in un permesso di soggiorno per lavoro.
Questa possibilità, che c’era appunto per i vecchi permessi umanitari, per i nuovi permessi speciali non è sempre prevista: lo è ad esempio per quelli dati per violenza, o per atti di eroismo, mentre non lo è per quelli dati a fronte di un rischio di tortura o persecuzione in patria.
Quanti sono i migranti titolari di protezione umanitaria in Italia
Ma di quante persone stiamo parlando? Nel 2018 – sommando i vari mesi – risulta che sono stati rilasciati dall’Italia 20.077 permessi di soggiorno per motivi umanitari, nel 2017 20.166, nel 2016 18.979, nel 2015 15.768 e nel 2014 10.034.
Quindi negli ultimi cinque anni, quelli in cui si è fatto più consistente il flusso migratorio, circa 85 mila richieste di protezione internazionale hanno avuto come risposta la concessione della protezione umanitaria.
Anche considerando gli anni precedenti, siamo lontani dalle “centinaia di migliaia di persone” citate da Orlando.
Tiriamo le fila
È vero che in base al decreto sicurezza molti migranti che oggi sono in situazione regolare, grazie al permesso per motivi umanitari, rischino di diventare irregolari. I requisiti che avevano portato le commissioni territoriali a concedere loro questa forma di protezione internazionale non sono più sufficienti, e se il migrante non soddisferà i nuovi più stringenti requisiti vedrà rigettata la sua richiesta di rinnovo e si troverà sul territorio italiano senza permesso di soggiorno.
La situazione è tanto più grave se si considera che lo straniero che “si trattiene nel territorio dello Stato” irregolarmente, in base alla legge 94/2009 (art. 1 co. 16) voluta dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni, commette un reato. Non è dunque infondato sostenere, come fa Orlando, che il decreto sicurezza, aumentando potenzialmente il numero di reati, aumenti l’illegalità.
Fatta questa premessa bisogna però registrare in primo luogo che la quantificazione fatta da Orlando di “centinaia di migliaia di persone” è esagerata. Si tratta di decine di migliaia di persone: i migranti che hanno ottenuto la protezione umanitaria negli ultimi anni, tra cui non è possibile ancora sapere quanti si vedranno negare il rinnovo del titolo di soggiorno a causa dei nuovi più stringenti criteri imposti dal decreto sicurezza.
In secondo luogo gli aventi diritto alla protezione umanitaria che “risiedono legalmente in Italia, pagano le tasse, versano contributi all’Inps” citati da Orlando, sono quelli che hanno le maggiori chance di evitare di diventare migranti irregolari a causa del decreto sicurezza. Come abbiamo visto, infatti, questi migranti possono chiedere che il loro permesso per motivi umanitari venga convertito in un permesso di lavoro, ottenendo così un titolo valido per proseguire il loro soggiorno in Italia.
Conclusione
Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, fa un’affermazione imprecisa per due motivi: esagera il numero di migranti che rischiano di trovarsi in condizione di illegalità a causa del decreto sicurezza e, parlando di migranti che lavorano regolarmente e pagano i contributi, individua una sotto-categoria che in realtà ha più chance di altre di potersi regolarizzare anche in base alle norme contenute nel decreto targato Salvini.
È però vero, come abbiamo visto, che sono comunque migliaia di migranti oggi regolari che rischiano di diventare irregolari, e commettere così un reato, a causa delle norme contenute nel decreto sicurezza.
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