Il presidente della regione Toscana ed esponente di Mdp-Articolo 1 Enrico Rossi ha scritto su Twitter, l'11 ottobre: “Renzi dice che anche De Gasperi mise la fiducia sulla legge elettorale. Non è esattamente così: De Gasperi mise la fiducia solo al Senato e dopo un lungo dibattito e giorni di ostruzionismo. Poi la ‘legge truffa’ fu sconfitta nelle urne e la Dc perse quasi tre milioni di voti, l'8,4 per cento”.
Rossi è impreciso.
Cos’ha detto Renzi
Rossi fa riferimento alla dichiarazione di Matteo Renzi alla presentazione del libro di Piero Fassino “Pd davvero, quale futuro per il partito democratico" dello scorso 11 ottobre: “L’apposizione del voto di fiducia è una possibilità del dibattito parlamentare, andare a spiegare a Di Battista e Di Maio che Alcide De Gasperi ha utilizzato questo strumento è un po’ complicato, perché non vorrei che lo prendessero per un dittatore venezuelano qualsiasi”.
Renzi fa dunque riferimento al precedente della cosiddetta, secondo alcuni ingiustamente, “legge truffa”. La legge elettorale del 1953 voluta dal governo democristiano guidato da Alcide De Gasperi, e su cui fu appunto posta la fiducia, che prevedeva un premio di maggioranza del 65% dei seggi per la coalizione che avesse ottenuto il 50%+1 dei voti validi.
La “legge truffa”
Sulla questione della fiducia posta solo al Senato, Rossi si confonde. Fu la sola Camera a votare la fiducia sulla legge elettorale il 21 gennaio 1953, dopo una seduta fiume durata 69 ore. La concesse con 339 favorevoli e 25 contrari. L’opposizione, composta da socialisti e comunisti, aveva abbandonato l’aula per protesta.
In Senato, De Gasperi avrebbe voluto porre la fiducia, ma la presidenza del Senato si oppose. La carica era ricoperta inizialmente dal liberale Giuseppe Paratore, che tuttavia lasciò perché le sue condizioni precarie di salute gli impedivano di gestire un’Aula incendiata da violenti scontri – fisici oltre che verbali – e ostruzionismo. Gli successe il socialista riformista Meuccio Ruini.
Quest’ultimo fu comunque molto criticato per come condusse i lavori parlamentari, in particolare durante la votazione finale della Domenica delle Palme, il 29 marzo 1953 (la cui regolarità non fu mai riconosciuta dalle opposizioni). Dopo 77 ore ininterrotte di seduta, il presidente Ruini respinse la richiesta di voto segreto e i senatori della maggioranza votarono palesemente, protetti fisicamente dai commessi, visti i tentativi dell’opposizione di impedire materialmente il voto. Non si trattò tuttavia di un voto di fiducia.
Corretto invece il richiamo di Rossi al lungo dibattito e all’ostruzionismo. Pci e Psi fecero ricorso a maratone oratorie, atti di sabotaggio (fu ad esempio rovesciata un’urna contenente le palline per le votazioni), cavilli dei regolamenti parlamentari e via dicendo, pur di ritardare il più possibile l’approvazione della legge. Lo scontro politico fu talmente aspro che si registrarono anche risse e violenze fisiche.
Le elezioni del 1953
Rossi ha (quasi) ragione sul risultato delle elezioni politiche del 1953. Come si legge sul sito dell’Istituto Luigi Sturzo, “i risultati elettorali segnarono la sconfitta del disegno di De Gasperi. I partiti di centro ottennero il 49,8% dei voti, non riuscendo a far scattare il premio di maggioranza. Si trattava di una pesante sconfitta. La Dc e i suoi alleati perdevano circa 2 milioni e 800.000 voti, mentre la sinistra ne guadagnava oltre 1 milione e 426.000 e la destra 2 milioni e 326.000 voti. Inoltre, la Dc perdeva 42 seggi alla Camera, passando da 305 a 263, e 18 al Senato, da 131 a 113”.
La quantificazione di “quasi tre milioni di voti” fatta da Rossi sarebbe dunque corretta se riferita a Dc e alleati. In realtà la sola Democrazia Cristiana perse 1.877.969 voti (alla Camera), passando dai 12.740.042 del 1948 ai 10.862.073 del 1953. Rossi è qui impreciso.
Alla coalizione sarebbero bastati 57 mila voti in più per ottenere il premio di maggioranza. Fondamentale per questo risultato fu allora l’azione di piccole liste laiche formate dai “dissidenti” della maggioranza uscente, come ad esempio l’Up (Unità popolare) di Calamandrei e Parri, che raccolse 171.099 voti alla Camera.
Quanto al calo percentuale, la Dc passò dal 48,51% alla Camera, e 48,11% al Senato, delle elezioni del 1948 al 40,10% alla Camera, e 39,76% al Senato, del 1953. Quindi è corretto il dato del -8,4%.
Conclusione
Rossi sbaglia a sostenere che la fiducia fu posta solo al Senato, in quanto fu invece posta solo alla Camera. Al Senato ci furono proteste furibonde per l’iter procedurale consentito dal presidente Ruini, ma non ci fu voto di fiducia.
Corretto invece il richiamo all’ostruzionismo e al fallimento nelle urne della legge elettorale voluta da De Gasperi, anche se il presidente della regione Toscana poi confonde il calo (in numero assoluto di voti) della coalizione guidata della Dc con quello della sola Democrazia Cristiana.