In questi giorni, sono tornati al centro del dibattito pubblico gli accordi siglati nel 2017 tra Italia e Libia per contenere l’arrivo dei migranti dal Paese africano. L’oggetto della discussione è il rinnovo dell’intesa, che secondo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio va mantenuta, con alcune modifiche e miglioramenti.
Dello stesso parere è l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti – uno degli attori principali nella firma degli accordi – mentre da più parti, all’interno della maggioranza Pd-M5s e non solo, si chiede discontinuità rispetto al passato, con la cancellazione degli accordi.
Ma che cosa prevede nello specifico questa intesa? Che risultati ha portato e quali sono le sue principali criticità? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza.
Il memorandum con la Libia
Il 2 febbraio 2017, l’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il presidente libico Fayez Mustafa Serraj – il capo del governo riconosciuto dalla comunità internazionale, che tuttavia controlla solo una porzione del territorio nazionale ed è in aperto conflitto con le forze guidate dal generale Khalifa Haftar in Cirenaica – hanno firmato il “Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana”.
Il memorandum è composto da otto articoli, l’ultimo dei quali recita che l’accordo «ha validità triennale e sarà tacitamente rinnovato alla scadenza per un periodo equivalente, salvo notifica per iscritto di una delle due Parti contraenti, almeno tre mesi prima della scadenza del periodo di validità».
Da qui, la scadenza del 2 novembre come termine per ridiscutere il rinnovo del patto.
I primi due articoli elencano le azioni che Italia e Libia si impegnano a mettere in campo, tra cui il completamento del sistema di controllo dei confini terrestri del sud della Libia; il finanziamento dei centri di accoglienza libici con fondi Ue; la formazione del personale libico; e l’avvio di programmi di sviluppo.
In particolare, il comma c) dell’articolo 1 dice che «la parte italiana si impegna a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l'immigrazione clandestina, e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del Ministero della Difesa, e dagli organi e dipartimenti competenti presso il Ministero dell'Interno».
Così, nei mesi successivi all’accordo, l’Italia ha iniziato a consegnare alla Libia motovedette per bloccare le partenze (10 in totale sono state le imbarcazioni promesse a Serraj) e ad addestrare gli equipaggi libici.
Gli accordi del passato
Il memorandum d’intesa non nasce però dal nulla. Come sottolinea il testo stesso dell’intesa nelle premesse, l’accordo si inserisce nel percorso di attuazione del Trattato siglato tra Italia e Libia nel 2008 (quando al potere c’era ancora Muammar Gheddafi), e ratificato dal Parlamento italiano a inizio 2009.
All’epoca, l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva dichiarato che «la firma di questo trattato ha una portata storica e chiude definitivamente la pagina del passato», mettendo fine a «40 anni di malintesi: c'è un riconoscimento completo e morale dei danni inflitti alla Libia da parte dell'Italia durante il periodo coloniale».
Questo accordo aveva ricevuto forti critiche, soprattutto da parte delle agenzie umanitarie, dal momento che la Libia era accusata di violare sistematicamente i diritti umanitari, in particolare dei migranti.
L’articolo 5 della legge di ratifica del Trattato di «amicizia, partenariato e cooperazione» stabiliva infatti una copertura finanziaria di oltre 20 miliardi di euro per interventi in Libia tra il 2009 e il 2029, in cambio del contenimento dei flussi nel Mediterraneo.
La guerra civile nel Paese nordafricano del 2011 aveva interrotto i rapporti di cooperazione con l’Italia, ripresi poi a gennaio 2012, con la firma della “Dichiarazione di Tripoli” da parte dell’allora presidente del Consiglio Mario Monti e il premier del Consiglio nazionale di Transizione Abdurrahim al-Keib.
Come spiega un approfondimento della Camera, questo testo assicurava «il sostegno politico del nostro Paese al processo di pacificazione nazionale».
È su questi due accordi che in sostanza si innesta il memorandum firmato a febbraio 2017 tra Gentiloni e Serraj.
Quanti soldi abbiamo dato alla Libia
Il memorandum non indica però quante risorse economiche l’Italia si è impegnata a dare alla Libia. In merito c’è dunque incertezza.
Secondo un calcolo fatto dall’organizzazione umanitaria Oxfam Italia, tra il 2017 e il 2019 il nostro Paese ha finanziato interventi per un costo pari a oltre 150 milioni di euro.
A questa cifra, vanno aggiunti anche i quasi 370 milioni di euro che l’Unione europea ha dedicato dal 2014 al settembre 2019 in programmi in Libia per la gestione delle migrazioni.
Questi interventi riguardano, tra le altre cose, l’assistenza ai centri di accoglienza libici e il supporto alla Guardia costiera.
Il crollo degli sbarchi dipende dal memorandum?
Il crollo del numero degli sbarchi in Italia è iniziato a luglio 2017, cinque mesi dopo la firma del memorandum con la Libia. Questo dipenderebbe, secondo inchieste italiane e internazionali, dal fatto che più che il memorandum hanno avuto efficacia degli accordi segreti – di cui quindi non si conoscono i dettagli – che il governo libico, con il probabile coinvolgimento dell’Italia, avrebbe trovato con singole fazioni libiche dedite alla tratta dei migranti.
In cambio di soldi, e soprattutto di riconoscimento politico, queste fazioni avrebbero bloccato le partenze.
Di qui, il crollo degli arrivi in Italia a partire da luglio-agosto e non da marzo 2017.
I numeri degli sbarchi
Secondo i dati del Ministero dell’Interno, a fine giugno 2017 gli sbarchi erano stati 23.526, in linea con i 22.993 del mese prima e con i numeri dello stesso periodo del 2016.
A fine luglio, il dato è sceso a 11.461 e ad agosto addirittura a 3.920 arrivi: quasi un sesto rispetto a soli due mesi prima.
Da agosto a dicembre 2017 gli sbarchi totali sono stati 24 mila, circa lo stesso numero del solo giugno di quell’anno.
Il trend di drastico calo degli sbarchi è poi proseguito anche negli anni successivi.
Nel 2018 gli sbarchi complessivi sono stati 23.370 e, a livello mensile, non sono mai stati superati i 5 mila arrivi (il dato più alto è quello di gennaio, con 4.182 sbarchi).
Anche nel 2019 il flusso migratorio è rimasto su livelli molto bassi. Al 31 ottobre 2019, sulle coste italiane sono sbarcati in totale 9.648 persone e a livello mensile non sono mai stati superati i 2.500 arrivi (il dato più alto è di settembre 2019, con 2.498 sbarchi).
Insomma, che sia merito del memorandum, di accordi segreti con le fazioni libiche, o di una combinazione di questi due, quanto fatto dal governo Gentiloni nell’estate del 2017 ha prodotto un crollo degli sbarchi che si è poi protratto fino ad oggi.
Ma per ottenere questo risultato, secondo quanto denunciano diverse organizzazioni internazionali, sono state commesse gravi violazioni dei diritti umani.
Le denunce della situazione in Libia
Una lettera firmata a ottobre 2019 tra gli altri da Amnesty International, Acli, Asgi, Caritas, Emergency, Comunità di Sant’Egidio e Oxfam, denuncia come «i migranti intercettati in mare dalla Guardia Costiera libica vengono rinchiusi nei centri di detenzione, in condizioni disumane, denutriti, senza cure mediche né spazio sufficiente».
Inoltre «uomini, donne e bambini vengono sottoposti a torture, stupri e violenze sistematiche da parte dei funzionari statali e delle milizie che li gestiscono. Alcune persone, inoltre, subito dopo lo sbarco vengono vendute a trafficanti di esseri umani».
Pertanto tutte le organizzazioni firmatarie chiedono al governo di non rinnovare il memorandum con la Libia e, anzi, chiedono «l'immediata evacuazione dei centri di detenzione per migranti, garantendo loro la necessaria assistenza e protezione, sotto l'egida della comunità internazionale».
Che la situazione nei centri libici sia insostenibile non lo affermano soltanto le Ong o gli enti legati alla Chiesa cattolica, ma anche le Nazioni Unite.
Nel suo report “Viaggi disperati”, dedicato alle migrazioni verso l’Europa nel 2018, l’Unhcr (l’agenzia dell’Onu che si occupa di rifugiati e migranti) già nel preambolo parla di «persone fatte sbarcare in Libia [...] detenute in condizioni tremende (tra le quali accesso limitato al cibo ed epidemie in alcune strutture, assieme a diversi decessi)».
Più avanti nel rapporto si legge poi che «le persone soccorse o intercettate in mare e sbarcate in Libia vengono successivamente trasferite in centri di detenzione. Le condizioni in tali centri sono spaventose». Vengono ad esempio documentati, a novembre 2018, casi di tubercolosi non curata e decessi.
Il rappresentante dell’Unhcr in Libia, Roberto Mignone, il 23 novembre 2018 in proposito ha dichiarato: «I rifugiati in Libia si trovano di fronte a uno scenario da incubo. Sono fuggiti dalle loro case in cerca di sicurezza e protezione solo per finire incarcerati, languendo in condizioni squallide per un tempo indefinito. È riprovevole che vengano rinchiusi in detenzione invece che protetti».
Insomma, nei centri dove vengono trattenuti – o riportati – i migranti che vorrebbero raggiungere l’Europa sono in condizioni disumane. Oltretutto questi sono solo il punto di arrivo di viaggi spesso altrettanto pericolosi e degradanti attraverso l’Africa.
Il report dell’Unhcr ricostruisce queste rotte, durante le quali si segnalano morti, violenze, stupri, estorsioni e torture.
Conclusione
Il memorandum con la Libia firmato il 2 febbraio 2017 scade il 2 febbraio 2020. In quella data si rinnoverà automaticamente, a meno che il governo italiano non notifichi alla Libia entro il 2 novembre 2019 la propria intenzione di non rinnovare l’accordo.
In base al memorandum l’Italia aiuta la Libia nella gestione dei migranti, addestrandone il personale militare, dando un contributo economico e fornendo supporto tecnico e tecnologico.
Se il drastico crollo degli sbarchi registrato dalla metà del 2017 in avanti – siamo passati da quasi 25 mila sbarchi in un mese nel 2017 a meno di 10 mila sbarchi in 10 mesi nel 2019 – dipenda da questo memorandum o, come sostengono diverse inchieste giornalistiche, da altri accordi segreti con le fazioni libiche, non è ad oggi ancora del tutto chiaro.
In ogni caso diverse organizzazioni umanitarie, e non solo, hanno chiesto al governo italiano di non lasciare che il memorandum si rinnovi. Le condizioni nei campi di prigionia in Libia dove vengono trattenuti i migranti, secondo quanto riportano anche le Nazioni Unite, sono infatti disumane.
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