Intervistato il 5 aprile su Radio Capital, il “candidato” del Movimento 5 Stelle per la poltrona di ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, l’economista Pasquale Tridico, ha dichiarato: “Noi abbiamo visto che negli ultimi tre anni - anzi, direi di più, dagli anni in cui la flessibilità è stata introdotta, dal pacchetto Treu in poi - la flessibilità non ha aiutato l’occupazione (...). Noi siamo inchiodati al 58% da anni, al di là delle riforme del mercato del lavoro introdotte”.
Il numero citato da Tridico è sostanzialmente corretto, mentre sulle cause della stagnazione il discorso è piuttosto complesso.
Il tasso di occupazione
Il tasso di occupazione ha oscillato*, negli ultimi vent’anni, in una forchetta che va dal 53,7% (1998, primo anno dopo la riforma del pacchetto Treu) al 58,6% (record, 2008), e attualmente (2017) è assestato al 58%.
In numeri assoluti** significa che siamo passati da 21,05 milioni di occupati del 1998 ai 23,1 milioni del 2008 (picco pre-crisi), per poi scendere progressivamente ai 22,2 milioni del 2013 e risalire infine ai 23 milioni del 2017.
Insomma, il tasso di occupazione non è proprio “inchiodato” da vent’anni al 58%, ma è vero che in tempi recenti è cambiato poco.
Il ruolo delle riforme
Non è possibile verificare con certezza l’esistenza di un nesso di causa/effetto tra le riforme e l’andamento dell’occupazione, perché le variabili che hanno influito sono molte.
Vediamo comunque che cosa è successo da un punto di vista temporale. I dati* mostrano che dopo l’introduzione del pacchetto Treu nel 1997 l’occupazione è cresciuta di circa cinque punti percentuali, fino all’arrivo della crisi economica dopo il 2008.
Allo stesso modo, sempre da un punto di vista temporale e non causale, dopo l’introduzione del Jobs Act nel 2014 si registra un aumento di circa due punti e mezzo del tasso di occupazione (dal 55,5% al 58%).
L’aumento dopo le riforme, di per sé, non è sufficiente a dimostrare che i due fenomeni siano collegati. Bisognerebbe dimostrare - per dare ragione a Tridico - che in assenza delle riforme citate l’aumento dell’occupazione sarebbe stato superiore o uguale (e che quindi le riforme siano state ininfluenti o dannose). Altri dati, infatti, possono portare argomenti per sostenere che sull’aumento abbiano influito altri provvedimenti.
L’occupazione: un confronto giovani vs anziani
Proviamo a vedere che cosa è successo nelle varie fasce d’età. Se guardiamo ai dati sull’occupazione nelle fasce di età 25-34 anni e 55-64 anni*** vediamo che negli ultimi vent’anni le dinamiche sono state molto differenti.
Nel 1998, gli occupati nella fascia d’età 25-34 anni erano 6,15 milioni. Nel 2008, a dieci anni dall’introduzione del pacchetto Treu, erano calati a 5,52 milioni. Nel 2013 erano 4,2 milioni e nel 2017 poco più di quattro milioni (4,09). In vent’anni si sono dunque persi oltre due milioni di occupati nella fascia d’età dei giovani lavoratori.
Tutto il contrario è successo nella fascia d’età 55-64 anni. Qui gli occupati erano 1,87 milioni nel 1998, 2,45 milioni nel 2008, 3,22 milioni nel 2013 e 4,12 milioni nel 2017. In vent’anni si sono guadagnati circa 2,25 milioni di occupati nella fascia d’età dei lavoratori prossimi alla pensione.
Il motivo di questo aumento sono in parte le riforme – Maroni, Damiano e da ultimo Fornero - intervenute nel settore delle pensioni, che hanno portato ad un progressivo allungamento dell’età lavorativa (ci eravamo già occupati di questo tema, in riferimento al recente record di occupazione femminile).
Secondo i dati Ocse – qui scaricabili le serie storiche dal 1970 – l’età di effettivo pensionamento è passata per gli uomini dai 60 anni del 1998 agli attuali 62,1, e per le donne da 58,3 anni del 1998 agli attuali 61,3.
Controllo dell’elemento demografico
Qual è stato, poi, l’influsso della demografia? Abbiamo controllato**** anche l’andamento del tasso di occupazione (http://dati.istat.it/#) nelle fasce d’età 25-34 e 55-64 negli ultimi vent’anni.
Per i 25-34enni siamo passati dal 67,4% del 1998 al 70,1% del 2008. Dunque nonostante il calo in numero assoluto degli occupati in quel decennio, percentualmente il tasso di occupazione è salito: sui numeri ha dunque influito anche un fattore demografico, il calo della popolazione italiana compresa in questa fascia d’età.
Dal 2008 al 2013 il tasso di occupazione è crollato – qui parallelamente al numero di occupati – al 60,1%, e al 2017 è risalito di poco, al 61,3%.
Per quanto riguarda i 55-64enni, i dati sul tasso di occupazione rispecchiano senza significativi scarti quelli sul numero di occupati: si è passati da un tasso del 27,5% nel 1998 a uno del 34,3% nel 2008, del 42,7% nel 2013 e del 52,2% nel 2017.
Conclusione
Il tasso di occupazione è in effetti variato poco rispetto al 58% negli ultimi tre anni, mentre se prendiamo in considerazione negli ultimi venti (dal pacchetto Treu in poi) oscillato di circa cinque punti percentuali.
Che cosa è successo? Se guardiamo alle dinamiche dell’occupazione nelle fasce d’età 25-34 e 55-64 anni, si può osservare come le riforme più importanti - l’introduzione della flessibilità prima e il Jobs Act poi - non abbiano coinciso con un maggior numero di occupati tra i giovani, mentre l’aumento dell’occupazione tra i lavoratori più anziani ha accompagnato le riforme in materia previdenziale, che hanno allungato l’età lavorativa.
*Percorso: Lavoro e retribuzioni – Offerta di lavoro – Occupazione – Tasso di occupazione – Tasso di occupazione, livello ripartizionale (in “Seleziona periodo” scegliere 1998-2017)
** Percorso: Lavoro e retribuzioni – Offerta di lavoro – Occupazione – Occupati (migliaia) – Titolo di studio, sesso, età (in “Seleziona periodo” scegliere 1998-2017)
*** Percorso: Lavoro e retribuzioni – Offerta di lavoro – Occupazione – Occupati (migliaia) – Titolo di studio, sesso, età (in “Seleziona periodo” scegliere 1998-2017, e in “Classe di età” le fasce d’età 25-34 e 55-64)
****Percorso: Lavoro e retribuzioni – Offerta di lavoro – Occupazione – Tasso di occupazione – Tasso di occupazione, livello ripartizionale (in “Seleziona periodo” scegliere 1998-2017, e in “Classe di età” le fasce d’età 25-34 e 55-64)
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