Il 13 giugno, il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha scritto un articolo sul Blog delle Stelle, dicendo che «negli anni sono stati dati circa 250 milioni di euro di soldi pubblici a Radio Radicale».
Nella stessa giornata, diversi esponenti del governo del Movimento 5 stelle – tra cui il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Vito Crimi, la ministra per il Sud Barbara Lezzi e il sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia – hanno pubblicato sui propri profili Facebook la stessa cifra.
Ma le cose stanno davvero come dice il leader politico del M5s? Abbiamo verificato.
A che punto siamo con Radio Radicale
Il 13 giugno, la maggioranza si è divisa sulle nuove risorse da destinare a Radio Radicale. Da inizio anno, infatti, l’emittente ha più volte ripetuto che avrebbe rischiato la chiusura con i tagli ai fondi per l’editoria decisi dal governo e la volontà dell’esecutivo di non rinnovare la convenzione per la trasmissione delle sedute parlamentari.
La Lega, insieme alle opposizioni, ha votato a favore di un emendamento proposto dal Partito democratico al cosiddetto “decreto Crescita” (art. 30-bis) – in corso di esame in commissione alla Camera – che stanzia «un contributo di 3 milioni di euro per l’anno 2019» per garantire «la conversione in digitale e la conservazione degli archivi multimediali» di Radio Radicale.
Quali sono le risorse di Radio Radicale
Come abbiamo spiegato in una precedente analisi, le fonti di finanziamento di Radio Radicale sono due.
Da un lato, negli ultimi 30 anni l’emittente ha avuto accesso ai contributi pubblici all’editoria: dal 1990 al 2012 in quanto «organo di un partito politico» grazie alla legge n. 230 del 7 agosto 1990; dal 2013 a oggi in quanto impresa radiofonica privata che ha svolto «attività di informazione di interesse generale».
Come stabilito dalla legge di Bilancio per il 2019 (art. 1, co. 810), questa forma di finanziamento – che garantisce all’emittente circa 4 milioni di euro l’anno – sarà ridotta progressivamente per tutte le imprese nel mondo dell’editoria, fino a essere azzerata nel 2022.
Dall’altro lato, la seconda fonte di finanziamento per Radio Radicale è la convenzione sottoscritta con il ministero dello Sviluppo economico (Mise) per la trasmissione delle sedute del Parlamento.
Questo accordo ha una storia lunga e articolata. In breve, a fine 1994 fu fatta una gara a cui partecipò soltanto Radio Radicale, che si aggiudicò la trasmissione delle sedute parlamentari per i successivi tre anni. L’accordo fu confermato nel 1998, dando vita di fatto a un regime di transitorietà che è durato fino a oggi.
In totale, negli ultimi 25 anni, la convenzione è stata rinnovata da diversi esecutivi oltre 10 volte senza gara, fino ad arrivare alla decisione del governo Conte che con la legge di Bilancio per il 2019 (art. 1, co. 88) ha prorogato l’accordo solo per sei mesi, fino al 30 giugno 2019, dimezzando le risorse annuali da 10 a 5 milioni di euro.
Quanti soldi pubblici ha preso Radio Radicale?
Il periodo di tempo da prendere in esame per calcolare i soldi pubblici andati a Radio Radicale va dal 1990 a oggi, e riguarda dunque queste due fonti di finanziamento. Iniziamo dalla convenzione.
I soldi della convenzione
Per il triennio 1995-1997, Radio Radicale ha percepito per la trasmissione delle sedute del Parlamento 10 miliardi di lire ogni anno, ossia 30 miliardi di lire nei tre anni – circa 15 milioni di euro.
Con il rinnovo 'in via transitoria' nel 1998, questo stanziamento è stato aumentato a 11,5 miliardi di lire, per ciascuno dei tre anni successivi. Nel complesso, 34,5 miliardi di lire, ossia circa 17 milioni di euro.
Dal 2001 in poi, è iniziata una serie di rinnovi triennali, biennali o validi per singoli anni, approvati con le manovre finanziarie o specifici decreti.
Con la legge finanziaria per il 2001 (art. 145, co. 20) lo Stato ha garantito a Radio Radicale 45 miliardi di lire fino al 2003 (circa 22,5 milioni di euro). Per il 2004, il 2005 e il 2006 (art. 4, co. 7) i fondi stanziati ammontavano in totale a 25,5 milioni di euro, aumentati a 30 milioni di euro tra il 2007 (art.1, co. 1.242) e il 2009.
Come spiega un dossier della Camera dei deputati del 2018, dal 2010 in poi le proroghe della convenzione sono diventate annuali, sempre con un onere annuo per lo Stato di 10 milioni di euro.
Dal 1994 al 2018, grazie alla convenzione, Radio Radicale ha dunque percepito dallo Stato oltre 190 milioni di euro, a cui si aggiungono i 5 milioni di euro previsti per quest’anno.
I contributi pubblici all’editoria
È più complesso invece ricostruire l’ammontare complessivo relativo alla prima fonte di finanziamento.
Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria ha reso pubblici solo i dati sui contributi a partire dal 2003.
Negli ultimi 15 anni, Radio Radicale ha percepito oltre 60 milioni di euro, circa 4 milioni e 150 mila euro per ogni singola annualità fino al 2011 e circa 4 milioni di euro dal 2012 in poi.
Abbiamo contattato l’ufficio stampa del Sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, che ci ha comunicato i dati antecedenti al 2003.
Anche dal 1990 in poi, Radio Radicale ha percepito ogni anno in questa forma di finanziamento 8 miliardi di lire, circa 4 milioni di euro, per un totale di oltre 50 milioni di euro in 13 anni.
Sommati ai 60 milioni precedenti, fanno circa 110 milioni di euro.
Tiriamo le somme
Abbiamo visto che Radio Radicale negli ultimi 30 anni ha avuto due fonti di finanziamento: i contributi pubblici per l’editoria e la convenzione con lo Stato per la trasmissione delle sedute parlamentari.
Dai primi ha ricevuto circa 110 milioni di euro, dalla seconda oltre 195 milioni di euro.
In totale, dal 1990 a oggi, Radio Radicale ha preso soldi pubblici per un valore complessivo di circa 300 milioni di euro.
Per che cosa vengono spesi questi soldi?
Come spiega la stessa Radio Radicale, nel 2018 l’emittente ha ricevuto 8,2 milioni di euro per la convenzione con il Mise e 4 milioni di euro come contributo per l’editoria. Come sono state investite queste risorse?
La sola rete di trasmissione – che si sviluppa su tutto il territorio nazionale – costa ogni anno quasi 4 milioni di euro, relativi, per esempio, agli esborsi per la manutenzione e l’energia elettrica.
Inoltre, l’anno scorso oltre 1,5 milioni euro sono stati spesi per la produzione di programmi audio e video relativi a eventi politici di tutti i partiti, di istituzioni e di associazioni. Gli stanziamenti restanti sono serviti a far fronte agli stipendi dei dipendenti, agli oneri finanziari e al pagamento dei collaboratori.
Conclusione
Il leader politico del M5s Luigi Di Maio si sbaglia dunque per difetto: convertendo in euro gli importi in lire fino al 2001, la sua stima dei soldi pubblici dati a Radio Radicale negli anni è 50 milioni di euro minore di quella effettiva, 250 milioni contro circa 300 milioni.
In questa somma sono conteggiati sia i contributi pubblici per l’editoria sia quelli per la convenzione, grazie ai quali Radio Radicale è stata l’unica in Italia negli ultimi 30 anni ad aver trasmesso in diretta oltre il 60 per cento delle sedute in Parlamento e a catalogare in un archivio storico contenuti di valore politico, culturale e sociale che vanno dagli anni Settanta a oggi.