Dal palco della tradizionale festa del Carroccio, a Pontida, lo scorso 17 settembre il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha dichiarato: “La Lega al governo proporrà un progetto di legge per avere giudici eletti direttamente dal popolo”.
A meno che Salvini non intenda un “progetto di legge costituzionale”, la sua è una promessa irrealizzabile: una legge ordinaria, infatti, non potrebbe rendere la carica di magistrato elettiva. Per farlo sarebbero necessarie modifiche della nostra Costituzione e, naturalmente, dell’ordinamento giudiziario attuale.
La Costituzione, articoli 106 e 107
La Costituzione stabilisce (articolo 106) che “le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso”, e che (articolo 107) “i magistrati sono inamovibili”.
Le due norme servono a garantire l’elevata professionalità del giudice, che appunto deve passare un concorso pubblico che ne certifichi la competenza, e la sua libertà da condizionamenti esterni.
Un giudice che fosse eletto, senza un vaglio tanto stringente delle sue capacità giuridiche, potrebbe rivelarsi incompetente. Allo stesso modo un giudice, anche eletto all’interno di una categoria di persone ritenute competenti (ad esempio, i laureati in legge, o anche laureati che abbiano passato un apposito concorso), potrebbe piegare il proprio giudizio alla convenienza elettorale qualora dovesse ottenere la rielezione.
Questo avrebbe oltretutto delle ricadute sull’omogeneità dell’amministrazione della giustizia (i giudici tenderebbero ad assecondare le priorità percepite, e non necessariamente reali, dei propri elettori) e sulla sua qualità.
Si pensi ad esempio ai territori con una forte infiltrazione mafiosa: un’organizzazione capace di influenzare le elezioni dei politici sarebbe ancor più interessata a influenzare quella dei giudici.
Il Titolo IV
In generale tutto il Titolo IV della Seconda Parte della Carta Costituzionale, che riguarda appunto la magistratura, è ispirato a una concezione europea di civil law. La magistratura è un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (articolo 104) e i giudici devono quindi essere liberi da ogni condizionamento politico.
Il controllo sull’operato dei giudici viene esercitato dal Consiglio superiore della magistratura (articolo 105), che si occupa di assegnazioni, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari.
Il modello americano – che Salvini sembrerebbe voler imitare – dove i giudici, come anche i pubblici ministeri e gli sceriffi, vengono eletti dal popolo non è importabile in Italia senza un cambiamento profondo della Costituzione e di tutte le norme che regolamentano l’ordinamento giudiziario.
La necessità di una riforma costituzionale
Dunque “per avere giudici eletti direttamente dal popolo”, come afferma Salvini, la Lega al governo dovrebbe proporre una riforma costituzionale.
Si aprirebbe dunque un iter (articolo 138 cost.) che richiede due votazioni alla Camera e due al Senato, a distanza di non meno di tre mesi l’una dall’altra, e – salvo che in Parlamento la riforma non sia approvata con una maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti – un referendum confermativo (qualora richiesto da un quinto dei membri di una delle due Camere, o da cinque consigli regionali, o da cinquecentomila elettori).
Terminata questa fase andrebbe poi riscritto tutto l’ordinamento giudiziario o quasi.
Conclusione
Affermare, come fa il segretario del Carroccio, che il risultato sia ottenibile con un semplice progetto di legge è sbagliato. La legge ordinaria non può infatti sovvertire le disposizioni della Costituzione.
Una riforma costituzionale, che sarebbe inevitabile, richiedere d’altro canto tempi più lunghi e un elevato grado di consenso tra le forze politiche (almeno una maggioranza semplice sia alla Camera che al Senato) oltre che nella popolazione. E si porrebbe poi il problema di riformare l’ordinamento giudiziario esistente.
È lecito, infine, interrogarsi su quanto bene funzioni un sistema – quello americano – che genera il record mondiale in quanto a tasso di incarcerazione: con una popolazione carceraria di 2,3 milioni di persone su un totale di 323,1 milioni di residenti, gli Usa hanno un tasso dello 0,716%.
È una percentuale molto più alta rispetto ai Paesi dell’Europa occidentale. Per un confronto, in Italia nel 2016 la popolazione carceraria ammontava a 56 mila persone su 60,6 milioni di residenti, con un tasso quindi dello 0,09%. In Germania, dato 2014, i carcerati erano meno di 62 mila su un totale di 81 milioni di residenti, con un tasso dello 0,08%. In Francia, dato 2016, i carcerati erano 71.190 a fronte di una popolazione residente di 67 milioni di persone, con un tasso dello 0,1% circa.
Il fatto che i giudici vengano eletti è uno dei fattori, secondo gli esperti, che contribuisce a questo primato americano. Ad esempio James Whitman, specialista di diritto comparato a Yale, già nel 2008 sul New York Times affermava: “sfortunatamente, buona parte della risposta alla domanda ‘cosa ha causato il boom nella popolazione carceraria negli Usa’ è ‘la democrazia’, come aveva predetto Tocqueville. Abbiamo un sistema della giustizia penale altamente politicizzato”.
Alexis de Tocqueville, filosofo e magistrato francese dell’Ottocento noto per i suoi studi sul sistema americano, nel suo “La democrazia in America” aveva infatti scritto: “Oso prevedere che queste innovazioni [i giudici eletti dal popolo ndr.] avranno presto o tardi risultati disastrosi, e che un giorno si vedrà che riducendo l’indipendenza dei giudici in questo modo, non veniva attaccato solo il potere giudiziario ma la democrazia stessa”.
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