Il 21 giugno, il ministro dell’Interno Matteo Salvini, a margine di una visita a una villa confiscata a esponenti della famiglia Casamonica a Roma, ha annunciato la volontà del governo di “rivedere” i servizi di scorta e vigilanza in Italia, che secondo il vicepresidente del Consiglio sono “quasi 600 e occupano circa duemila forze dell’ordine”, numeri che “non hanno uguali in altri Paesi europei”.
In questi giorni, si è tornati a parlare del tema dopo che Salvini si è scontrato con lo scrittore Roberto Saviano, che vive sotto scorta dal 13 ottobre 2006. “Saranno le istituzioni competenti a valutare se corra qualche rischio, perché mi pare che passi molto tempo all'estero”, aveva detto il 21 giugno il segretario della Lega.
Siamo andati a verificare i dati citati da Salvini e il funzionamento del servizio di protezione in Italia.
Come funziona l’assegnazione della scorta
A chi e come viene assegnata una scorta? Il 19 marzo 2002, un gruppo terroristico autonominatosi “Nuove Brigate Rosse” assassinò l’economista Marco Biagi, a cui era stata tolta la scorta nel dicembre dell’anno precedente. L’allora governo Berlusconi istituì poco dopo, con un decreto legge (6 maggio 2002, n. 83), l’Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale (Ucis).
Questo organismo gestisce e coordina le direttive “per la protezione delle personalità istituzionali nazionali ed estere, nonché delle persone soggette, per funzioni o per altri comprovati motivi, agli specifici pericoli o minacce individuati dalla norma”. L’Ucis, all’interno del dipartimento della Pubblica sicurezza, aiuta quindi il ministro dell’Interno nella sua funzione di autorità nazionale di pubblica sicurezza.
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L’ufficio centrale – la cui direzione è affidata a un prefetto o a un dirigente generale della pubblica sicurezza – è suddiviso a sua volta in quattro uffici: ufficio analisi; ufficio servizi di protezione e vigilanza; ufficio formazione e aggiornamento del personale; ufficio per l’efficienza dei mezzi e degli strumenti speciali. La prima di queste sezioni – su indicazione delle forze dell’ordine – analizza tutte le informazioni relative a “situazioni personali a rischio”.
Il secondo ufficio, invece, cura la pianificazione operativa e delle risorse, e individua le modalità di attuazione dei servizi di protezione.
Spetta all’Ucis – e non direttamente al ministero – decidere se revocare o meno una scorta assegnata, sempre sulla base delle informazioni analizzate e in conformità con le direttive del capo della Polizia Franco Gabrielli.
Quante persone sono sotto scorta in Italia
Passiamo ora a verificare quanti sono le persone in Italia che godono di servizi di scorta e vigilanza.
Secondo i dati ufficiali dell’Ucis, aggiornati al 30 dicembre 2016, i soggetti destinatari di misure di protezione personale sono in totale 574, con 88 nuove istituzioni e 59 revoche rispetto all’anno precedente.
In quasi metà dei casi si tratta di magistrati (267 soggetti coinvolti), seguono gli esponenti politici nazionali e locali (74); imprenditori e dirigenti d’impresa (36); e dirigenti ministeriali e della pubblica amministrazione (33).
Negli ultimi anni c’è stata una leggera tendenza all’aumento: nel 2013, infatti, gli individui sotto scorta in Italia erano in totale 545; nel 2014, 543; e nel 2015, 569.
I dati più recenti ci dicono anche come sono suddivisi i soggetti in base ai quattro livelli di rischio a cui sono assegnati i beneficiari dei servizi di vigilanza. Nel 2016, oltre il 45 per cento dei soggetti era sotto protezione per il livello di rischio 3 – quello che assegna un’auto blindata con due agenti – mentre il 40 per cento aveva la scorta per il livello di rischio 4, con un’auto non blindata e due agenti. I servizi per il livello massimo di rischio – che prevede l’assegnazione di tre autoblindate con tre agenti – sono stati garantiti solo a 20 persone (il 3 per cento sul totale).
Quanti agenti sono impiegati nei servizi di protezione
Ma quante forze dell’ordine sono impiegate per proteggere quasi 600 persone? A livello operativo, i servizi di protezione e vigilanza sono assicurati da agenti specializzati della polizia di Stato, dei Carabinieri e dalla Guardia di finanza. Compiti di scorta limitati possono essere assegnati anche alla polizia penitenziaria e alla guardia forestale.
I dati più aggiornati del “Punto di situazione” dell’Ucis mostrano che nel 2016 “l’attuazione del dispositivo tutorio” è stato assicurato da 2.070 agenti delle forze dell’ordine. In quell’anno, oltre il 58 per cento dei provvedimenti di tutela è stato attivato per motivazioni connesse alla criminalità organizzata; quasi il 40 per cento per fatti connessi al terrorismo e circa il 2 per cento per “altre cause”.
Se le cifre citate da Salvini sono in linea con quelle ufficiali, discorso diverso vale per il confronto con l’Europa. È infatti difficile stabilire con certezza se l’Italia detenga il record europeo per soggetti sotto una qualche forma di protezione. Il ministero dell’Interno ci ha confermato che non esiste un rapporto specifico su questo tema.
La difficoltà di verifica è data da un lato dall’impiego di diversi corpi delle forze dell’ordine, dall’altro dalle diverse forme di protezione e dai criteri di assegnazione.
Per esempio, per quanto riguarda la categoria dei politici, il documento intitolato “Proposte per una revisione della spesa pubblica” – scritto nel 2014 dall’allora commissario per la spending review Carlo Cottarelli – sostiene che le spese per le scorte “potrebbero essere riviste”. Rispetto agli altri paesi europei, i criteri in assegnazione in Italia sembrano essere più elastici.
Un’indicazione, però, che non ci dice nel dettaglio come funziona e quanto è diffuso in Europa il meccanismo della protezione personale per altre categorie, come quella dei magistrati.
Conclusione
Il ministro dell’Interno Salvini ha ragione – stando ai dati del 2016 – quando dice che in Italia i soggetti che usufruiscono dei servizi dell’Ucis sono quasi 600 (nel 2016, 574) e che sono impiegate circa 2 mila forze dell’ordine (nel 2016, 2.077). Non è possibile però stabilire con certezza se questo sia un record europeo.
Nella polemica con Saviano, è importante sottolineare come nel nostro Paese ben 19 giornalisti (dati 2016) siano sotto scorta per aver ricevuto minacce alla propria vita. Di questi, dieci si occupano di giornalismo investigativo, come confermato dal Rapporto 2018 di Reporter senza frontiere sulla libertà di stampa nel mondo.
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