Pier Carlo Padoan ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano La Repubblica nella quale ha parlato della situazione economica italiana. Il ministro dell’Economia ha dichiarato che “oggi c’è un’Italia […] dove il debito ha smesso di crescere, ci sono un milione di occupati in più, la fiducia di imprese e famiglie è molto più solida”.
Padoan ha anche parlato del tema delle pensioni e del rialzo a 67 anni dell’età pensionabile, che è stato argomento di discussione negli ultimi giorni con i sindacati. Il ministro ha ricordato che “la voce di spesa pubblica per le pensioni è quella che più è aumentata negli ultimi anni, mentre altre voci sono scese” e che “c’è una legge – peraltro già applicata due volte – che prevede rialzi automatici dell’età legati alla speranza di vita”.
Vediamo se le dichiarazioni del ministro corrispondano alla realtà.
Il debito pubblico
Partiamo dal debito pubblico, che secondo il ministro dell’economia avrebbe smesso di crescere. Se guardiamo ai numeri assoluti, secondo i dati Eurostat, questo sta in realtà crescendo costantemente: dopo un calo nel terzo trimestre del 2016, è tornato ad aumentare nei successivi tre trimestri.
In particolare, tra il primo e il secondo trimestre del 2017 è cresciuto da 2.261 miliardi e 104 milioni di euro a 2.281 miliardi e 978 milioni.
Secondo l’ultimo report di Banca d’Italia, che ha invece dati aggiornati al settembre 2017 (quindi di fatto al terzo trimestre dell’anno) e ha cadenza mensile, dopo un’ulteriore crescita del debito pubblico a luglio a 2.300 miliardi e 511 milioni di euro, c’è stato un lieve calo a 2.279 miliardi e 220 milioni ad agosto e 2.283 miliardi e 667 milioni a settembre.
Ma di solito non si fa riferimento al numero assoluto: il debito pubblico interessa soprattutto per la sua “sostenibilità”, per la quale la misura di riferimento è il rapporto tra debito pubblico e Pil.
Secondo questa misura, Eurostat riporta una percentuale del debito pubblico in rapporto al Pil pari al 134,7% nel secondo trimestre del 2017, in crescita rispetto al 134% del primo trimestre e al 132% dell’ultimo trimestre del 2016, quando però era scesa rispetto al 134,2% di inizio anno: di fatto è dall’inizio del 2015 che il rapporto debito/Pil è in media superiore al 134%. Dati confermati anche dalla banca dati Ocse.
I dati di Banca d’Italia, che invece riporta solo la cifra a fine anno, mostrano allo stesso modo un rapporto in leggera crescita ma costante: 131,8% nel 2014, 131,5% nel 2015, 132% nel 2016. La Banca d’Italia inoltre nel Bollettino economico pubblicato nell’ottobre 2017 riporta delle proiezioni del rapporto debito/Pil che mostrano un lieve calo al 131,6% alla fine del 2017.
Occupati e fiducia
Per quanto riguarda gli occupati, se Padoan si riferisce all’inizio del suo mandato da ministro (22 febbraio 2014), è vero che secondo le serie storiche Istat il numero di occupati di settembre 2017, pari a 23milioni e 138mila persone, è quasi un milione superiore ai 22 milioni e 151mila occupati del febbraio 2014 - precisamente 987 mila.
A parlarci della fiducia di imprese e famiglie è sempre l’Istat, con il suo ultimo rapporto dell’ottobre 2017. In questo caso è possibile notare come in realtà la fiducia dei consumatori sia effettivamente cresciuta costantemente negli ultimi cinque mesi (116,1 punti a ottobre, mentre a giugno era a 106,8), ma sia di fatto allo stesso livello dell’ottobre 2015, perché era sensibilmente calata nell’arco del 2016. Per quanto riguarda le imprese, in questo caso è corretto dire che rispetto a due anni fa la fiducia si sia nettamente consolidata: il dato è ormai tornato ai livelli pre-crisi (109,1 punti a ottobre, come nel giugno 2007).
Le spesa per le pensioni
Secondo Padoan, in Italia negli ultimi anni “la voce di spesa pubblica per le pensioni è quella che più è aumentata”, a differenza di altre che sono scese. Il bilancio dello Stato è composto naturalmente da entrate e uscite che variano ogni anno e la voce composta dalle spese per le pensioni è tra le più consistenti.
Secondo il report più recente Italia in cifre 2016, che presenta dati aggiornati al 2015 e curati dall’Istat, la spesa per le pensioni in rapporto al Pil nel nostro Paese è costantemente cresciuta sin dagli anni Settanta e nel 2015 si è attestata al 17,06% del Pil, in lieve calo rispetto al 2014 quando era del 17,17%, ma superiore al 16,85% del 2013. Se invece si cercano nella banca dati Eurostat le cifre della spesa italiana per pensioni, si può notare come siano progressivamente cresciute negli ultimi anni, nell’ordine di alcuni miliardi di euro: 265.534 milioni nel 2013, 267.836 milioni nel 2014, 272.352 milioni nel 2015.
Sempre il database Eurostat consente di confrontare come negli anni sia variata la spesa in un settore in rapporto al Pil (selezionare Italia alla voce “GEO” e gli ambiti di spesa desiderati alla voce “Classification”). È così possibile verificare che dal 2013 al 2015 la percentuale di spesa sia rimasta costante nei settori Difesa, Sicurezza, Ambiente, sia leggermente calata in Infrastrutture, Salute, Cultura e Istruzione, sia sensibilmente calata come Servizi pubblici generali (da 9,1% a 8,4%), mentre sia effettivamente cresciuta – non molto – solo nel settore relativo alla protezione sociale, all’interno del quale è compresa la spesa pensionistica (in totale, da 21% a 21,5%).
È possibile però notare come questa crescita, in rapporto al Pil, sia relativa alla spesa “Famiglia e figli” (da 1% a 1,5%), cioè appunto le politiche di assistenza in supporto alle famiglie con figli, mentre quella relativa alle pensioni è praticamente invariata a livello percentuale (vecchiaia -0,1%, assistenziali +0,1%, +0% quelle di invalidità, indennità e per superstiti). Se si guardano i dati assoluti, si scopre che questo 0,5% per “Famiglia e figli” corrisponde a un aumento da 19.300 milioni di euro nel 2013 a 25.341 milioni nel 2014 e infine 28.362 milioni nel 2015, per una differenza totale di 8.997 milioni di euro, mentre la spesa per le pensioni mostra una differenza in positivo di 6.818 milioni di euro. Non è dunque corretto sostenere che la spesa per le pensioni sia quella che è più aumentata, né in termini percentuali né in termini assoluti.
Età pensionabile e speranza di vita
Padoan sostiene anche che “c’è una legge – peraltro già applicata due volte – che prevede rialzi automatici dell’età legati alla speranza di vita”. Il ministro dell’Economia si riferisce alla riforma Sacconi che, come riporta il sito dell’Inps, tra il 2009 (dl 78/2009) e il 2010 (legge 174/2010) introdusse l’aggancio dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Nella legge veniva specificato che sarebbe stato possibile aggiornare i requisiti di età “incrementando i requisiti in vigore in misura pari all’incremento della speranza di vita accertato dall’Istat in relazione al triennio di riferimento”. La legge fu poi confermata con alcune modifiche dalla riforma Fornero del 2012 (legge 92/2012).
È dunque vero ciò che dice il ministro relativamente ai rialzi automatici dell’età previsti dalla legge e connessi alla speranza di vita. È inoltre corretto dire che la legge sia stata già applicata due volte: in una prima occasione con un aumento di tre mesi dell’età pensionabile nel 2013 e in una seconda di quattro mesi nel 2016. Quello in discussione in questi giorni sarebbe dunque il terzo aumento, con effetto dal 2019.
Conclusione
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha riportato in generale dati precisi nelle sue risposte a Repubblica, anche se si possono puntualizzare alcune cose. È vero quanto detto sull’età pensionabile e la speranza di vita, cioè che ci siano già stati due adeguamenti dovuti alla riforma Sacconi, e anche quanto detto sul milione di posti di lavoro in più.
La spesa pensionistica è effettivamente cresciuta, come detto dal ministro, ma non è stata la voce di spesa che è cresciuta maggiormente: un’altra piccola voce di bilancio, quella relativa a spese per famiglia e figli, è cresciuta di più, sia in termini relativi sia assoluti. Allo stesso modo, sulla fiducia di imprese e famiglie andrebbe fatta una distinzione, perché è vero che le famiglie hanno acquisito maggiore fiducia rispetto a pochi mesi fa, ma dopo un netto calo nell’arco dello scorso anno.
Si può poi sostenere che il debito pubblico abbia smesso di crescere, se guardiamo alla percentuale sul PIL, anche se la cifra complessiva è in aumento più o meno costante negli ultimi mesi.