Il 5 giugno, il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha commentato su Facebook la raccomandazione della Commissione europea di avviare una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Secondo Di Maio, la responsabilità sarebbe dei governi precedenti, dal momento che questa procedura "riguarda il debito prodotto dal Partito Democratico nel 2017 e 2018".
Al leader politico del Movimento 5 stelle ha subito risposto l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che in una nota ha scritto: "Con i governi di centrosinistra il debito pubblico è stato stabilizzato, ed era cominciato a scendere, mentre è ripreso a salire quando loro sono andati al governo".
Ma chi ha ragione? Abbiamo verificato le dichiarazioni di entrambi.
Che cos’è la procedura d’infrazione
Come stabilisce il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (art. 126, co. 3), se uno Stato membro dell’Ue non rispetta i criteri comunitari sulla disciplina di bilancio, la Commissione prepara una relazione e può raccomandare l’apertura di una procedura d’infrazione.
Questa raccomandazione è però solo il primo di parecchi passaggi formali e burocratici. Il prossimo passaggio richiede il parere del Comitato economico e finanziario dell’Ue (Ecofin) e successivamente quello del Consiglio dell’Ue.
In teoria, al termine del processo l’Italia potrebbe essere punita, tra le altre cose, con una multa e il blocco dei prestiti da parte della Banca europea per gli investimenti.
Nelle prossime settimane, dunque, il governo proverà a trattare con la Commissione, anche se il 6 giugno Di Maio ha smentito la possibilità di una manovra correttiva, come avvenuto invece ad aprile 2017 con il governo Gentiloni.
Che cosa dice la Commissione Ue
In sostanza – come spiega la relazione tecnica del 5 giugno (ad oggi disponibile solo in inglese) – la Commissione accusa l’Italia di non aver rispettato i parametri europei per ridurre il debito pubblico, il cui rapporto con il Pil (in base ai dati Eurostat di aprile 2019) nel 2018 "è aumentato al 132,2 per cento (dal 131,4 per cento nel 2017), sopra al parametro del 60 per cento".
Nel Documento di economia e finanza (Def) di aprile 2019, il governo italiano ha previsto che il rapporto debito/Pil del nostro Paese salga "dal 132,2 per cento del 2018 al 132,6 per cento a fine 2019", per poi scendere "al 131,3 per cento nel 2020".
La Commissione Ue però contesta questi dati: secondo le sue previsioni, infatti, il rapporto debito/Pil del nostro Paese supererà il 133,7 per cento nel 2019 e il 135,2 per cento nel 2020.
Quali sono le cause di questo aumento
L’Ue punta il dito soprattutto contro le decisioni del nuovo governo, insediatosi il 1° giugno 2018.
Per esempio, l’aumento del debito pubblico nello scorso anno è imputabile, tra le altre cose, all’aumento dei costi registrato da maggio 2018 per il servizio del debito pubblico, ossia per quanto lo Stato italiano ha dovuto spendere di più in interessi (circa 2,2 miliardi di euro) per convincere gli investitori a comprare i suoi titoli di Stato, in un clima di crescente sfiducia nei mercati.
Per il 2019 e il 2020, invece, l’eccessivo aumento del rapporto debito/Pil è dovuto, tra le altre cose, a stime più prudenti sulla crescita del Pil; a ricavi dalle privatizzazioni più bassi di quelli attesi; e agli effetti dei nuovi provvedimenti approvati dal nuovo governo – tra cui “quota 100” – che secondo la Commissione metterebbero in pericolo "la sostenibilità a lungo termine dell’Italia".
Che cosa c’entra il Pd
È vero che fino a circa metà dello scorso anno il Paese è stato sotto la guida del Partito Democratico. Nella sua relazione – a differenza di quanto sostiene Di Maio – la Commissione però non traccia un legame diretto tra la raccomandazione di aprire una procedura d’infrazione e l’andamento del debito pubblico italiano tra il 2017 e una parte del 2018, ossia sotto i governi di centrosinistra.
A favore di Di Maio, la Commissione Ue però ricorda che già il 23 maggio 2018 – quando presidente del Consiglio era ancora Paolo Gentiloni, in carica per il disbrigo degli affari correnti – l’Italia era stata avvisata di non aver fatto abbastanza per rispettare i criteri sul debito pubblico né nel 2016 né nel 2017.
Oltre un anno fa, l’Ue aveva comunque deciso di non chiedere una manovra correttiva perché nel complesso il criterio del debito era stato comunque soddisfatto (grazie all’adozione di alcune riforme strutturali), a differenza però di quanto previsto per il 2018.
Per lo scorso anno, infatti, la Commissione aveva raccomandato al futuro governo – poi insediatosi il 1° giugno 2018 – di intervenire in settori come la riduzione della spesa pensionistica e del carico fiscale sul lavoro. Questi suggerimenti sono stati in gran parte disattesi con la legge di Bilancio per il 2019, approvata a dicembre 2018 e frutto di una lunga trattativa tra il governo Conte e l’Ue.
Che cosa è successo in passato
L’obiettivo comunitario del 60 per cento da decenni non è alla portata dell’Italia da diversi decenni. Nel 2000, il rapporto debito/Pil era già superiore al 105 per cento.
Negli anni successivi, come spiega il sito della Commissione europea, in diverse occasioni sono state avviate le pratiche di raccomandazione per le procedure d’infrazione per deficit eccessivo, nessuna delle quali però è arrivata agli stadi finali.
Nel 2004 – con al governo Silvio Berlusconi – il Consiglio dell’Ue decise di chiudere l’avvio di procedura per deficit eccessivo, cosa che avvenne anche dopo il triennio 2005-2008 e tra il 2009 e il 2013. In questi casi, il parametro principale non rispettato riguardava soprattutto il rapporto deficit/Pil, superiore all’obiettivo del 3 per cento.
Nel 2017, come abbiamo anticipato, il governo Renzi – con l’allora ministro dell’Economia Padoan – decise di varare una seconda manovra finanziaria, dopo quella approvata a dicembre 2016, per correggere i conti ed evitare la richiesta di avvio di una procedura d’infrazione.
L’andamento del debito pubblico con il Pd
Padoan risponde a Di Maio rivendicando un’attenzione maggiore al rispetto delle regole europee da parte dei governi in cui è stato ministro dell’Economia. Sull’andamento del debito con i governi di centrosinistra, anche la relazione del 5 giugno della Commissione Ue conferma quanto detto da Padoan: "Tra il 2014 e il 2017 – spiega il documento – il debito pubblico italiano si è aggirato intorno al 131,5 per cento, per poi salire al 132,2 per cento nel 2018".
Secondo i dati Eurostat, nel 2013 – anno di entrata in carica del governo Letta – il rapporto debito/Pil era del 129 per cento, per poi salire nel 2014 al 131,8 per cento e iniziare a scendere leggermente al 131,6 per cento nel 2015 e al 131,4 per cento nel 2016 e 2017.
Discorso diverso vale però per il valore complessivo del debito pubblico. Secondo i dati della Banca d’Italia (aggiornati ad aprile 2019), da giugno 2018 a febbraio 2019 il debito pubblico italiano è cresciuto di oltre 33 miliardi di euro, passando da circa 2.330 miliardi di euro a circa circa 2.364 miliardi.
Con il nuovo governo, il debito è aumentato, ma lo stesso è avvenuto con il Pd: dal 2014 a maggio 2018, è passato da oltre 2.137 miliardi di euro a oltre 2.334 miliardi di euro, con un aumento di circa 200 miliardi di euro in quasi tre anni.
Conclusione
Il 5 giugno, la Commissione europea ha pubblicato una relazione in cui raccomanda l’apertura di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per debito eccessivo.
Secondo Di Maio, la responsabilità di questo debito è delle politiche del Partito Democratico, ma il testo della Commissione lo smentisce: i rischi di stabilità per i conti pubblici italiani, secondo Bruxelles, derivano soprattutto dalle scelte del nuovo governo – per esempio in ambito pensionistico – e dalle sue stime troppo ottimistiche di crescita per i prossimi anni.
Padoan ha ragione quando dice che il rapporto debito/Pil è rimasto pressoché stabile con i governi di centrosinistra – intorno al 131,4 per cento, come ha confermato la Commissione – ma il valore complessivo del debito in miliardi di euro è in realtà cresciuto.
Inoltre, va sottolineato il fatto che già a fine della scorsa legislatura la Commissione aveva messo in guardia il nostro Paese: all’epoca, gli impegni presi sul debito non erano stati del tutto rispettati, cosa che ha spostato sul nuovo esecutivo il compito di introdurre provvedimenti volti a evitare una procedura d’infrazione.
Questo è avvenuto solo in parte con la legge di Bilancio per il 2019, che ha approvato misure che hanno aggravato il parere della Commissione sull’Italia, convincendola a suggerire il 5 giugno l’apertura di una nuova procedura.
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