Il presidente statunitense Donald Trump non ha mai fatto mistero di essere un nemico dichiarato del Wto (World trade organization), l’Organizzazione mondiale del commercio. La settimana scorsa, secondo quanto riportato tanto dalla stampa italiana quanto da quella americana, pare che Trump sia riuscito a ottenere un’importante vittoria nella sua battaglia contro il Wto: la paralisi dell’organizzazione.
Ma come ci è riuscito? E, prima ancora, che cos’è e come funziona il Wto? Partiamo da quest’ultima questione per poi chiarire i dettagli dei recenti sviluppi.
Che cos’è e come funziona il Wto?
Come abbiamo spiegato in una nostra recente analisi, il Wto è un’organizzazione intergovernativa che ha il compito di regolare il commercio internazionale, con l’obiettivo di facilitare il più possibile gli scambi commerciali. È attiva dal 1995 e riunisce 164 Stati.
I compiti del Wto, in base ai trattati istitutivi, sono regolare e difendere i principi del libero scambio da un lato, e risolvere le dispute tra Stati membri che nascono quando uno dei membri ritiene che un altro abbia violato tali principi dall’altro. Come vedremo, è in particolare questa seconda funzione del Wto – quella in concreto più rilevante – che è stata compromessa dalla condotta degli Stati Uniti guidati da Trump.
Come il Wto risolve le dispute tra Stati?
La risoluzione delle dispute avviene di fronte a un panel di giudici appositamente creato di volta in volta, attraverso una procedura definita. In base a questa, lo Stato che soccombe davanti al panel ha la possibilità di presentare un appello al Appellate body del Wto.
Questo ha sede in Svizzera, a Ginevra, e – in base all’art. 17 dell’intesa sulle regole e le procedure del Wto – è un organismo permanente composto da sette giudici. Tuttavia i giudizi di appello si svolgono davanti a sezioni giudicanti composte da tre giudici e in teoria è previsto un meccanismo di rotazione tra i sette per creare di volta in volta le sezioni di tre giudici.
I giudici vengono nominati dal Dispute settlement body (Dsb), l’organismo in cui siedono tutti i rappresentanti dei governi dei Paesi membri del Wto – di solito ambasciatori – e che nomina anche i panel di giudici di primo grado di volta in volta, per un mandato di quattro anni, rinnovabile una sola volta.
Il Dsb si esprime sulla nomina dei giudici “per consenso”, cioè è necessario un accordo preliminare di tutti gli Stati membri, in seguito al quale il presidente del Dsb può nominare i membri dell’Appellate body visto che non ci sono pareri contrari.
Come Trump ha bloccato il Wto?
Come riporta il resoconto ufficiale del Wto, il 22 novembre 2019 117 membri dell’organizzazione hanno reiterato la richiesta di trovare il consenso per poter nominare i giudici dell’Appellate body.
Dei sette giudici che in teoria dovrebbe comporre il collegio, quattro erano allora vacanti e dei tre rimanenti due sarebbero decaduti dal loro mandato il 10 dicembre. Cosa che è in effetti successa, causando la paralisi del sistema di risoluzione delle dispute (ma solo quelle future, i giudici resteranno operativi su quelle già in corso) del Wto.
Il mancato raggiungimento del consenso è attribuibile agli Stati Uniti, che già dall’anno di insediamento di Trump alla Casa Bianca (2017) hanno iniziato a boicottare la nomina dei giudici dell’Appellate body.
Secondo Washington – si legge nel resoconto – il Wto non starebbe funzionando come dovrebbe in base agli accordi che stanno alla sua base ma, al di là delle questioni tecniche, sembra pesare in maniera determinante l’ostilità del presidente Trump a questo organismo e in generale alle regole internazionali del commercio stabilite.
Nell’agosto 2018, ad esempio, Trump aveva già parlato apertamente in un’intervista della possibilità di ritirare gli Usa dal Wto perché l’organizzazione farebbe gli interessi di tutti tranne quelli degli Usa.
In realtà, dati alla mano, questa affermazione sembra falsa. Come riporta Il Post in un articolo dell’11 dicembre, che cita i dati elaborati dall’Istituto universitario europeo, agli Usa viene dato ragione nelle dispute – sia sollevate da Washington che in quelle sollevate contro Washington – più che a chiunque altro.
Trump starebbe quindi, secondo quanto riporta il New York Times, preparando la strada per un futuro in cui dazi e protezionismo siano ancora più protagonisti di quanto visto finora.
La prossima riunione del Dsb è prevista per il 18 dicembre e, se gli Stati Uniti dovessero continuare a far mancare il proprio consenso, la paralisi completa del Wto iniziata il 10 dicembre sarebbe destinata a proseguire.
Conclusione
Dopo anni di boicottaggio da parte dell’amministrazione Trump nei confronti della nomina dei giudici dell’Appellate body del Wto – il “giudice di appello” per le dispute commerciali tra membri dell’organizzazione – l’11 dicembre è divenuta ufficiale la paralisi dell’organismo. Qualsiasi futura eventuale disputa tra Stati è teoricamente destinata a bloccarsi.
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