Lunedì 2 dicembre il ministro dell’Interno britannico Priti Patel, membro del governo conservatore guidato da Boris Johnson, ha annunciato dalle colonne del Telegraph l’intenzione di modificare in senso restrittivo le procedure di ingresso nel Regno Unito per i cittadini dell’Unione europea.
Questo annuncio si inserisce nel contesto della campagna elettorale britannica: il Paese è chiamato alle urne il prossimo 12 dicembre.
Vediamo meglio i dettagli di questa proposta e cosa potrebbe cambiare per i cittadini europei.
Uno scenario da Brexit
La proposta del ministra Patel di imporre maggiori oneri ai cittadini Ue per l’ingresso nel Regno Unito fa ovviamente riferimento a uno scenario post-Brexit, in cui Londra abbia abbandonato l’Unione europea. La sua proposta sarebbe altrimenti contraria al diritto comunitario.
Ma l’eventualità che alla fine la Brexit ci sia non è ancora sicura. Il partito conservatore guidato da Boris Johnson è avanti nei sondaggi, ma questo vantaggio – se confermato nelle urne – dovrebbe poi tradursi effettivamente in una maggioranza parlamentare e con il sistema dei collegi uninominali previsto dalla legge elettorale britannica non è così scontato.
Inoltre la maggioranza parlamentare dovrebbe approvare il testo dell’accordo di uscita dalla Ue negoziato da Johnson, e avallato dalla Commissione Ue lo scorso 17 ottobre. Solo a quel punto ci sarebbe la sicurezza della Brexit.
Ipotizziamo che tutto questo succeda. Come dovrebbe cambiare la situazione per i cittadini Ue?
Che cosa cambia?
I dettagli della proposta del governo britannico non sono ancora noti. Tuttavia, da quanto riporta la Bbc, la ministra Priti Patel ha annunciato in particolare l’intenzione del governo di introdurre uno schema di esenzione dal visto (Electronic Travel Authorisation, o Eta) per i cittadini Ue, simile a quello già previsto dagli Stati Uniti, l’Esta (Electronic System for Travel Authorization).
In base all’Esta, i cittadini dei Paesi per cui non è richiesto il visto e che intendono restare – per vacanza o per affari – meno di 90 giorni negli Stati Uniti devono chiedere un’apposita autorizzazione (almeno 72 ore prima della partenza), fornendo diverse informazioni personali (tra cui i dati del passaporto, che poi sarà necessario avere con sé), e pagare una tassa d’ingresso di circa 14 dollari.
Anche l’Unione europea si sta dotando di un sistema analogo, che dovrebbe vedere la luce nel 2021, per il controllo delle proprie frontiere esterne: l’Etias (European Travel Information and Authorization System). Anche in base a questo sistema, i cittadini di Paesi terzi per cui non è richiesto il visto (più di 60, tra cui Stati Uniti, Giappone, Australia, Canada e Ucraina) dovrebbero comunque chiedere un’autorizzazione preventiva, fornendo determinate informazioni, e pagare una tassa di 7 euro.
L’imposizione di visti tra Regno Unito e Ue, in caso di Brexit, è esclusa dall’articolo 14 dell’accordo di uscita.
L’adozione da parte britannica di un sistema simile all’Esta significherebbe in sostanza mantenere condizioni facilitate per l’ingresso e l’uscita dal Paese per i cittadini Ue, non diverse da quelle che già impongono generalmente gli Usa: niente visto ma autorizzazione preventiva e tassa d’ingresso.
In questo modo non ci sarebbero, però, condizioni privilegiate, come hanno ad esempio i cittadini degli Stati membri dell’European Free Trade Association (Efta), Norvegia, Svizzera, Islanda e Liechtenstein, quando si muovono da e per la Ue. Questi Paesi, facendo parte dell’area Schengen, godono della totale libertà di movimento.
Se Londra dovesse optare per un sistema simile all’Esta, è praticamente certo che – in nome del principio di reciprocità del diritto internazionale – l’Unione europea applicherebbe l’Etias al Regno Unito. Di conseguenza anche i cittadini britannici che volessero recarsi in uno qualsiasi degli Stati Ue (e degli Stati Schengen) dovrebbero chiedere un’autorizzazione preventiva e pagare la tassa d’ingresso.
Rispetto alla situazione attuale, in cui i cittadini Ue possono andare nel Regno Unito – o uscire dal Regno Unito verso gli altri Paesi Ue – senza bisogno di autorizzazioni preventive o tasse e con la sola carta d’identità, si tratterebbe in ogni caso di una complicazione per quanto riguarda la libertà di movimento delle persone.
Critiche
Le opposizioni britanniche hanno duramente criticato questo annuncio da parte del governo conservatore.
Secondo il ministro-ombra per la Brexit dei Liberaldemocratici britannici Tom Brake, una decisione in questo senso «significherà più burocrazia, più lungaggini e – visto che la Ue implementerà un sistema speculare per i cittadini britannici – tasse per chiunque voglia viaggiare nella Ue per le proprie vacanze».
Dura anche la presa di posizione dei Laburisti che, per bocca della ministra-ombra degli Interni Diane Abbott, hanno attaccato l’intero impianto della Brexit così come delineata dall’accordo di uscita mediato da Johnson.
Secondo Abbott, «abbandonando l’intero sistema Ue di sicurezza e giustizia, noi non avremo più accesso immediato a una miriade di database fondamentali o accesso al Mandato di arresto europeo. Questo comprometterà le possibilità per la nostra polizia e polizia di frontiera di catturare terroristi e membri della criminalità organizzata, e potrebbe addirittura renderci un santuario per criminali in fuga dal sistema giudiziario nella Ue».
Conclusione
I conservatori britannici al governo hanno annunciato l’intenzione, se vinceranno le prossime elezioni e se avverrà la Brexit in base all’accordo trovato a metà ottobre tra Londra e Bruxelles, di imporre ai cittadini Ue nuovi oneri burocratici (e in piccola parte economici) per poter entrare nel Regno Unito.
Con il nuovo sistema Eta – molto simile all’Esta americano e al nascente Etias europeo – i cittadini comunitari dovranno chiedere preventivamente l’autorizzazione per potersi recare nel Regno Unito, dovranno viaggiare con il passaporto (e non più con la carta d’identità) e pagare una tassa d’ingresso. Non sarà in ogni caso richiesto un visto.
Quasi sicuramente la Ue reagirebbe a una simile decisione imponendo le stesse condizioni ai cittadini britannici. A questo fine sarebbe sufficiente includere il Regno Unito tra i Paesi coinvolti nell’Etias.
I rapporti tra Ue e Regno Unito sarebbero quindi simili a quelli tra Ue e Usa, e non a quelli, ad esempio, tra Ue e Norvegia o Svizzera. La proposta dei conservatori ha suscitato aspre critiche da parte delle opposizioni britanniche.
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