Il 20 novembre le forze di opposizione hanno attaccato duramente il governo sulla questione del pignoramento dei conti correnti per i tributi locali non pagati, parlando di «misura da Stato di Polizia fiscale» e di «Unione sovietica fiscale». Ma di cosa si sta parlando di preciso? E davvero siamo di fronte a una svolta drastica nel rapporto tra cittadini e fisco? Andiamo a vedere i dettagli.
La proposta del governo
Nella bozza delle legge di Bilancio per il 2020, l’articolo 96 introduce la “Riforma della riscossione degli enti locali”. È qui che, al comma 9, si prevede che «gli avvisi di accertamento» che si riferiscono ai tributi locali e gli «atti finalizzati alla riscossione delle entrate patrimoniali» emessi dagli enti locali – o dai soggetti incaricati dagli enti – diano diritto all’ente (o a chi viene incaricato dall’ente) di procedere con l’espropriazione forzata.
Perché questi avvisi acquistino efficacia di titoli esecutivi, e quindi non sia necessario l’intervento di un giudice che autorizzi la procedura di esproprio, il contribuente deve essere inadempiente – cioè non aver pagato nei termini, in totale 90 giorni – e non aver fatto ricorso contro l’avviso.
Se, infatti, si ritiene che l’avviso sia sbagliato per qualsiasi ragione è possibile opporvisi, chiamando in causa l’autorità giudiziaria e sospendendo qualsiasi azione forzata da parte dell’ente locale. La soglia minima di valore è fissata in dieci euro, al di sotto della quale non si ha il titolo esecutivo.
Una volta che l’ente ha in mano un titolo esecutivo l’esecuzione rimane sospesa per 180 giorni, in modo che il contribuente possa mettersi in regola. Passati questi, l’ente «procede ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano l'attività di riscossione coattiva». Tra queste è previsto (art. 543 c.p.c.) il pignoramento presso terzi. In questo caso può essere pignorato l’importo dovuto direttamente sul conto corrente del contribuente inadempiente.
Questa possibilità, nuova per gli enti locali, non è però una novità in assoluto.
Non è una novità
Già nel 2017 era scoppiata una polemica sulla possibilità che lo Stato pignorasse somme sul conto corrente dei contribuenti inadempienti, senza che fosse necessario il coinvolgimento dell’autorità giudiziaria.
Come aveva allora chiarito l’Agenzia delle Entrate, questa possibilità esiste fin dal 2005, quando con il d.l. 203/2005 furono modificate le norme in modo da permettere all’Agenzia stessa di procedere al pignoramento presso terzi (a noi risulta che la norma in questione abbia questa forma solo dal 2008, ma la sostanza non cambia).
La possibilità esiste, peraltro, solo in caso di mancato ricorso o adempimento da parte del contribuente. La novità nel 2017 era stata allora che, con la soppressione di Equitalia e l’accorpamento delle sue funzioni presso l’Agenzia delle entrate-Riscossione, veniva eliminato un passaggio.
Se infatti in precedenza era necessario che Equitalia prima richiedesse le informazioni all’Agenzia, attendesse il riscontro e solo poi attivasse la procedura, dal primo luglio 2017 (in base al d.l. 193/2016) è l’Agenzia che verifica le informazioni e attiva il procedimento di riscossione.
Conclusione
Nella bozza della prossima legge di Bilancio è previsto che gli enti locali possano avvalersi di una possibilità che da almeno dieci anni ha già lo Stato, e in particolare l’Agenzia delle entrate: quella di pignorare le somme dovute direttamente sul conto corrente del contribuente che non ha pagato i tributi dovuti nei termini previsti, non ha fatto ricorso contro gli avvisi di accertamento relativi e ha lasciato passare di fatto almeno nove mesi senza sanare la propria posizione.
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