Il governo Conte II ha approvato il 30 settembre la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef).
Il Documento di economia e finanza (Def) specifica le politiche economiche e finanziarie che l’esecutivo intende adottare mentre la Nadef serve per "aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica del Def in relazione alla maggiore disponibilità di dati ed informazioni sull’andamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica".
Alla luce del cambio di maggioranza avvenuto tra l’approvazione del Def (9 aprile 2019, quando era ancora in carica il governo Conte I) e l’approvazione della Nadef, quest’ultimo documento è importante perché contiene le prime indicazioni su come vorrebbe agire il nuovo esecutivo giallo-rosso.
Le opposizioni hanno criticato il governo, tra le altre cose, per aver inserito tra le coperture previste dalla Nadef – i soldi che servono per finanziare i provvedimenti proposti dal governo – diversi miliardi di euro di recupero dall’evasione fiscale. L’ammontare del recupero sarebbe, secondo le opposizioni, incerto e imprevedibile a priori.
Ma di quanti miliardi di euro stiamo parlando? E quanto è stato recuperato negli anni passati? Andiamo a vedere i dettagli.
Che cosa dice di preciso la Nadef
Nella Nadef si legge che "le risorse per il finanziamento degli interventi previsti dalla manovra di bilancio per il 2020 sono pari a quasi lo 0,8 per cento del Pil". In valore assoluto stiamo parlando di poco più di 14 miliardi di euro.
Secondo il governo, la metà di questi soldi – lo 0,4 per cento del Pil, cioè circa 7 miliardi di euro – potrà essere recuperato grazie a "nuove misure di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, nonché interventi per il recupero del gettito tributario anche attraverso una maggiore diffusione dell’utilizzo di strumenti di pagamento tracciabili".
Ma, in base ai precedenti, la cifra di 7 miliardi di euro di recupero dall’evasione fiscale è realistica?
I precedenti nel recupero dall’evasione
Negli anni compresi tra il 2012 e il 2018 il recupero dall’evasione fiscale è andato in costante crescendo.
Nel 2012, quando era al governo Monti, sono stati recuperati 12,5 miliardi di euro (poco meno dei 12,7 miliardi di euro del 2011, quando era stato al governo per 11 mesi Silvio Berlusconi).
La cifra è poi salita a 13,1 miliardi di euro nel 2013 (governo Letta), a 14,2 miliardi di euro nel 2014, a 14,9 miliardi di euro nel 2015 e a 19 miliardi di euro nel 2016 (governo Renzi). La cifra ha poi toccato il record di 20,1 miliardi di euro nel 2017 con il governo Gentiloni. Nel 2018 si è registrata una leggera flessione, a 19,2 miliardi di euro.
Come abbiamo sottolineato in una nostra precedente analisi, i miliardi recuperati provengono non solo dal contrasto all’evasione in senso stretto, portata avanti tramite attività di controllo, ma anche da misure una tantum, da liquidazioni (il versamento tardivo di imposte regolarmente dichiarate dai contribuenti, il cui recupero avviene in modo automatizzato) e da versamenti spontanei. Come vedremo tra poco, queste distinzioni hanno un loro peso.
Il “balzo” più significativo nel totale dei miliardi recuperati in un solo anno è avvenuto tra il 2015 e il 2016, quando vennero recuperati 4,1 miliardi di euro in più rispetto all’anno precedente (si passò da 14,9 miliardi a 19 miliardi di euro). Negli altri anni l’aumento è sempre stato inferiore a massimo 1,1 miliardi di euro.
Che cos’è successo dunque tra il 2015 e il 2016?
Come avevamo visto in passato, nei dati del 2016 sul recupero dal sommerso sono stati conteggiati anche i miliardi recuperati grazie a misure una tantum e hanno pesato in particolare le voluntary disclosure (procedure di collaborazione volontaria) volute a suo tempo da Matteo Renzi – e poi rinnovate – per far emergere i capitali illegalmente detenuti in patria o all’estero. Queste misure sono eccezionali e non strutturali e pertanto “drogherebbero” il risultato finale.
Nel 2016, scriveva l’Agenzia delle entrate nel suo comunicato relativo, le voluntary disclosure hanno portato nelle casse dello Stato esattamente 4,1 miliardi di euro. Senza queste misure eccezionali, dunque, il recupero dall’evasione nel 2016 sarebbe stato equivalente a quello del 2015.
Anche negli anni successivi sono state – e sono – operative misure straordinarie. Anche se le voluntary disclosure hanno progressivamente ridotto il loro gettito, altre misure eccezionali, come ad esempio la rottamazione delle cartelle esattoriali o la “pace fiscale” attiva da fine 2018, hanno ingrossato gli incassi finali.
Risulta dunque molto complesso fare delle valutazioni partendo da questi dati. Possiamo però attingere a quanto scritto dal governo nella Nadef a proposito degli incassi attesi dal contrasto “strutturale” – cioè che dipende da misure permanenti e non eccezionali e temporanee – all’evasione fiscale.
Gli incassi attesi dal governo
Tra il 2019 e il 2020 il governo, basandosi su stime e previsioni, ritiene che questi incassi registreranno "un incremento di circa 2,68 miliardi".
Siamo dunque abbastanza lontani dai 7 miliardi di euro previsti.
Bisogna però considerare che le stime appena citate si basano sulla legislazione vigente. Non vengono insomma prese in considerazione le misure che il governo intende approvare nel prossimo futuro, ad esempio – si legge ancora nella Nadef – per incentivare l’utilizzo dei pagamenti elettronici.
Conclusione
La Nadef quantifica in circa 7 miliardi di euro le coperture che andranno trovate tramite la lotta all’evasione fiscale.
Finora un simile recupero non è mai avvenuto e i dati più significativi - il “balzo” tra 2015 e 2016 ad esempio - hanno fortemente risentito di misure eccezionali e una tantum.
La stessa Nadef prevede, in base alla normativa vigente, di aumentare nel 2020 gli incassi dal contrasto strutturale all’evasione fiscale di circa 2,7 miliardi di euro. I 4,3 miliardi di euro che mancano per arrivare al totale di 7 miliardi dovranno insomma dipendere dalle nuove misure, permanenti e non eccezionali, che il governo deciderà di approvare nel prossimo futuro.
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