Il 21 maggio, ospite di Uno mattina su Rai 1, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha parlato della necessità di difendere il made in Italy in Europa e ha dichiarato (min. -15.07): "E ci arriva l’olio tunisino, il grano canadese, e le arance marocchine [...], la carne agli ormoni, il riso dalla Cambogia".
Davvero l’Europa è così dipendente da prodotti alimentari stranieri? E in quale proporzione? Proviamo a vedere.
L’olio tunisino
L'Ue gestisce le relazioni commerciali con i Paesi terzi, cioè non membri dell’Unione, tramite accordi commerciali. Fin dal 1998, l’Ue ha un accordo di associazione con la Tunisia (scaricabile qui e di cui ci eravamo occupati anche in passato). Questo prevede, tra le altre cose, che una certa quantità di olio vergine d’oliva tunisino abbia accesso al mercato comune europeo senza dover pagare dazi doganali. In base agli ultimi accordi, la quantità senza dazi è fissata in 56.700 tonnellate all’anno.
Per il periodo 2016-2017 l’Unione europea - dopo gli attentati terroristici che hanno colpito la Tunisia nel 2015, indebolendone fortemente l’industria turistica - ha stabilito un aumento straordinario per il biennio di 35.000 tonnellate l’anno di olio vergine d’oliva senza dazi, sottoponendolo anche a rigidi controlli periodici.
In base alle informazioni più recenti, questo aiuto non è stato rinnovato per gli anni successivi e, come rilevato dal Parlamento europeo, non ha comunque determinato un aumento delle importazioni di olio dalla Tunisia, visto che l’esenzione dai dazi è stata applicata all’olio che il Paese africano stava già esportando verso la Ue.
L’Italia, da sola, produce nelle annate peggiori come quella appena trascorsa (-57% nel 2018 rispetto al 2017), più di 180.000 tonnellate di olio vergine d’oliva, circa il triplo del totale importato dalla Tunisia senza dazi per l’intera Europa.
Il grano canadese
Come avevamo scritto in una precedente analisi, l’Italia storicamente importa derrate di grano canadese per far fronte alla carenza di semola italiana, che non basta a soddisfare le richieste dei pastifici del Paese.
Oltretutto, da quando è in vigore l’accordo di libero scambio col Canada - il Ceta - tali importazioni sono diminuite drasticamente, più del 50%. Nel 2017 il Canada aveva pesato per il 12% sulle importazioni di grano in Italia, dietro a Paesi come Ungheria (15%) e Francia (14%).
Le arance marocchine
L’Unione europea ha prodotto nel 2017 6,2 milioni di tonnellate di arance. Al primo posto, per quantità prodotta, troviamo la Spagna, con 3,4 milioni di tonnellate, seguita dall’Italia, con 1,5 milioni di tonnellate.
Nello stesso anno sono state importate 1,1 milioni di tonnellate da fuori la Ue, dunque circa un sesto della produzione dell’unione. Il primo Paese importatore è il Sudafrica (451.000 tonnellate), seguito dall’Egitto (281.000 tonnellate) e, a distanza, dal Marocco (121.000 tonnellate). Il Marocco pesa per il 12% dell’import complessivo di arance verso la Ue.
La carne agli ormoni
Per vent’anni, la carne bovina agli ormoni è stata al centro di una controversia commerciale tra l’Unione europea da un lato e gli Usa e il Canada dall’altro. La Ue infatti proibiva, e proibisce, l’importazione di carne di bovini trattati con ormoni.
Gli Usa e il Canada, che la producono, avevano quindi colpito le esportazioni Ue verso il Nord America con una serie di dazi di ritorsione. Nel 2012, dopo anni di trattative, si è trovata una soluzione che ha permesso di eliminare le sanzioni: il divieto è rimasto ma in compenso è stato aumentato il quantitativo di carne bovina di alta qualità - non trattata con ormoni - che la Ue importa a dazio zero dai due Stati nordamericani.
A fronte della “guerra dei dazi” scatenata di recente da Trump, anche contro l’Unione europea, la Commissione a settembre 2018 ha chiesto al Consiglio il mandato per trattare una revisione dell’accordo commerciale sulla carne bovina con gli Usa. Il Commissario all’Agricoltura Phil Hogan ha dichiarato in proposito che la quantità di import senza dazi rimarrà identica e soprattutto che "verranno interessati solo prodotti che rispettano gli elevati standard europei di sicurezza e salute, in questo caso solo carne bovina non trattata con gli ormoni".
Dunque non è vero che arrivi in Italia, e nella Ue, carne agli ormoni. Questo divieto è anzi previsto proprio a livello comunitario e, stando anche a recenti dichiarazioni, è destinato a rimanere anche nel futuro.
Il riso cambogiano
Come avevamo spiegato in una nostra precedente analisi, l’Unione europea sostiene alcuni Paesi poco sviluppati con il programma Eba (Everything but arms), in base al quale praticamente tutti i beni prodotti da quei Paesi entrano in Europa senza dazi, ad eccezione delle armi.
La Cambogia rientra tra questi. Tuttavia a gennaio 2019, a fronte di un aumento delle importazioni di riso della varietà “indica” da quel Paese - oltre che dal Myanmar - sono state reintrodotte le tariffe: 175 euro a tonnellata il primo anno, 150 euro il secondo e 125 euro il terzo. Questo ritorno dei dazi è stato chiesto a febbraio 2018 dal governo italiano - allora guidato da Gentiloni - e supportato da diversi altri Paesi.
La Cambogia ha successivamente fatto ricorso contro questa decisione della Ue.
La Cambogia ha esportato nel 2018 - prima dunque che scattassero i nuovi dazi - 270.000 tonnellate di riso nei 28 Stati membri dell’Unione europea. L’Italia da sola ha prodotto nell’anno 2017/2018 quasi 920 mila tonnellate di riso vendibile, oltre il triplo.
Conclusione
È vero, come afferma Matteo Salvini, che nella Ue - e quindi, grazie al mercato comune, anche in Italia - arrivino olio dalla Tunisia, grano dal Canada, arance dal Marocco e riso dalla Cambogia. In diversi casi, queste importazioni dipendono direttamente dal fatto che la produzione italiana è da tempo inferiore al fabbisogno del mercato interno. In altri, la quantità importata è una percentuale ridotta della produzione nostrana e continentale.
Non è invece vero che arrivi carne agli ormoni: grazie a un divieto imposto dall’Unione europea, e al centro di scontri commerciali con Stati Uniti e Canada, questo tipo di carni non vengono importate né in Italia né nel resto della Ue.
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