Quando il 19 maggio il vicepremier leghista Matteo Salvini ha appreso, in diretta tv, che i migranti a bordo della nave erano stati fatti sbarcare e che nelle operazioni sarebbe stata coinvolta la Guardia costiera - che dipende dal Ministero dei Trasporti, attualmente guidato da Danilo Toninelli (M5s) - ha ribadito (min. 53.20 e ss.) la sua linea dei “porti chiusi” (di cui ci siamo occupati anche di recente) e ha duramente attaccato chiunque, anche dentro il governo, sia invece contrario.
L’altro vicepremier, Luigi Di Maio, ha replicato: "Non accetto che il ministro dell’Interno dice che se stanno sbarcando dalla Sea Watch è perché i ministri 5 Stelle hanno aperto i porti. La nave è stata sequestrata dalla magistratura e, quando c’è un sequestro, si fanno sbarcare obbligatoriamente le persone a bordo".
Verifichiamo dunque se Di Maio abbia ragione o meno.
Lo sbarco dei migranti a bordo della Sea Watch 3
Lo sbarco dei 47 migranti che si trovavano a bordo della nave Sea Watch 3, secondo quanto riferiscono fonti di stampa, è avvenuto a Lampedusa intorno alle 20 del 19 maggio, quando il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio ha disposto il sequestro probatorio dell’imbarcazione, aprendo un’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
In questo caso, insomma, lo sbarco sembra essere dovuto a una decisione dell’autorità giudiziaria, come afferma anche Di Maio, e non - come invece successo in passato - perché altri membri del governo, ad esempio il premier Giuseppe Conte, sono intervenuti direttamente nella vicenda.
Ricordiamo che, come avevamo scritto a suo tempo, fu proprio un “cortocircuito” tra Ministero dei Trasporti e Ministero dell’Interno a creare le basi per cui fu poi chiesto di processare Salvini per sequestro di persona.
Ma, stabilito che questa volta non ci sono responsabilità di altri membri dell’esecutivo, cerchiamo di capire se lo sbarco fosse davvero obbligatorio oppure no, una volta disposto il sequestro.
Il sequestro probatorio
Il sequestro probatorio è regolato dal codice di procedura penale (art. 253), secondo cui: "L'autorità giudiziaria dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti".
Procede il codice: "Sono corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo".
Nel caso del reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” - punito dall’art. 12 del Testo Unico sull’immigrazione - il corpo del reato può quindi essere, come nel caso in questione, la nave con cui sono stati trasportati i migranti.
Porlo sotto sequestro probatorio ha lo scopo di garantire all’autorità giudiziaria il tempo e il modo di verificare, nel corso del processo, se il reato è in effetti stato commesso oppure no.
Chiarito questo aspetto, vediamo allora perché era impossibile non far sbarcare i migranti che si trovavano a bordo.
Perché i migranti sono sbarcati
Il sequestro probatorio è una misura “reale”, cioè riguarda le cose (res) e non le persone. Dunque sotto sequestro è stata posta la nave, non le persone. Il sequestro di persona è infatti un reato (quello, oltretutto, contestato a Salvini per il caso Diciotti, ma su cui i giudici non hanno potuto procedere visto che il Senato ha negato l’autorizzazione). Se lo Stato ritiene di dover privare una persona della sua libertà personale si parla di “detenzione” e, in base alla Costituzione (art. 13), è prevista una doppia garanzia: deve essere previsto dalla legge e serve un apposito provvedimento dell’autorità giudiziaria.
Le persone che si trovavano a bordo della Sea Watch 3, da quanto si sa, potrebbero essere colpevoli del reato di immigrazione clandestina (art. 10 bis del Testo Unico sull’immigrazione).
Questo reato, come ha chiarito in una sentenza del 2011 la Corte di Giustizia dell’Ue, non può tuttavia essere sanzionato con il carcere.
Quindi, in base al dettato costituzionale, non sarebbe possibile privare della libertà i migranti che erano a bordo della Sea Watch per il solo fatto di essere entrati illegalmente in Italia. Questo anche perché tra di loro potrebbero oltretutto essere presenti degli aventi diritto all’asilo, che dunque hanno diritto di fare domanda appena arrivati in Italia per la protezione internazionale e, nel caso, di riceverla.
Per ottenere lo status di rifugiato il richiedente asilo, come spiega l’art. 1 co. 5 del d.l. 416/1989, deve "rivolgere istanza motivata (...) all’ufficio di polizia di frontiera". Arrivando via mare, la frontiera che incontra per prima è il luogo di sbarco. Un’altra sentenza, stavolta della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha infatti chiarito che non è possibile svolgere le operazioni di riconoscimento e analisi delle domande di asilo a bordo delle navi, anche fossero della Marina militare italiana. Lo stesso concetto era stato chiarito nella scorsa legislatura dal Contrammiraglio Nicola Carlone in un’audizione alla Camera: "Dublino [il regolamento comunitario che disciplina la gestione delle domande di asilo n.d.r.] si applica nel momento in cui si arriva a terra, Dublino non è applicabile a bordo delle navi".
Quindi, nel momento in cui viene disposto il sequestro probatorio di una nave, è inevitabile che i suoi passeggeri vengano fatti sbarcare. Lasciarle a bordo oltretutto rischierebbe di compromettere le “prove” che l’autorità giudiziaria intende ricercare. Ora toccherà quindi alle autorità italiane gestire le eventuali richieste di asilo e, caso per caso, stabilire chi abbia diritto di restare nel Paese e chi invece vada respinto.
Conclusione
Di Maio ha ragione nel dire che i migranti a bordo della Sea Watch sono stati fatti sbarcare non per iniziativa del governo, o di un singolo ministro, ma per via di una decisione dell’autorità giudiziaria.
È poi vero che, quando viene disposto il sequestro di una nave, i suoi passeggeri devono essere sbarcati. Non sarebbe infatti possibile tenere sotto sequestro delle persone in mezzo al mare, a meno di non voler commettere un reato.
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