Il consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni, Mario Riccio - direttore di anestesia e rianimazione all’Ospedale Oglio Po (Cremona), e già medico-anestesista di Piergiorgio Welby - ha dichiarato l’8 aprile: "La legge sull’eutanasia interesserebbe quasi 15.000 italiani l’anno, facendo una proporzione tra i dati relativi alla realtà olandese rapportati allo scenario italiano. Ormai non c’è più differenza tra l’interrompere una terapia, scelta già consentita con la legge sulle Dat, e una procedura eutanasica: in entrambi i casi il paziente sceglie di interrompere la propria vita su sua precisa richiesta".
Si tratta di un’affermazione imprecisa nella prima parte e opinabile nella seconda. Andiamo quindi a vedere qual è la situazione in Olanda, come potrebbe essere in Italia, e quali sono le differenze tra eutanasia e Dat (Disposizioni anticipate di trattamento).
L’eutanasia in Olanda
In Olanda nel 2017, secondo i dati ottenuti e riportati dal quotidiano olandese Trouw, le eutanasie sono state circa 6.500. Nel 2018, scrive sempre il quotidiano, i dati parziali dei primi nove mesi mostrerebbero un calo.
La popolazione olandese quell’anno ammontava, secondo i dati Eurostat, a circa 17 milioni di persone. Quella italiana, sempre nel 2017, era pari a 60,6 milioni di persone circa.
Dunque facendo una proporzione, come sembra suggerire lo stesso Riccio, risulta che in Italia le persone potenzialmente interessate sarebbero circa 23 mila. Anche più delle 15 mila di cui parla il consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni.
Cosa sono le Dat
Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore in Italia la legge 22 dicembre 2017, n. 219, che contiene le “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.
Le Dat - più note come “testamento biologico” - sono regolate dall’articolo 4. Come spiega il Ministero della Salute, chiunque sia maggiorenne e capace di intendere e volere «in previsione di un'eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte» può «esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto su: accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche e singoli trattamenti sanitari».
È insomma possibile decidere in anticipo a quali terapie essere sottoposti nel caso di incapacità nel fornire il consenso. Ad esempio, se il paziente non vuole, in caso di coma irreversibile, che il suo corpo venga tenuto in vita tramite macchinari e preferisce essere lasciato morire, può metterlo per iscritto e i medici saranno obbligati - salvo eccezioni, come la scoperta di nuove terapie inesistenti al momento della Dat - a rispettare la sua volontà.
Le Dat si possono fare per atto pubblico, con scrittura privata autenticata e, nei comuni in cui è stato istituito un apposito registro, con scrittura privata consegnata personalmente presso l'ufficio dello stato civile del proprio comune di residenza.
L’eutanasia
L’eutanasia - dal greco “dolce morte” - non è legale in Italia. La Corte Costituzionale, pronunciandosi sul caso di “Dj Fabo” nell’ottobre 2018, ha invitato il Parlamento a intervenire sul tema del suicidio assistito, che in parte si sovrappone al tema dell’eutanasia, ma ad ora non è ancora stato fatto alcun progresso.
Come abbiamo scritto anche in passato, non è facile dare una definizione univoca di eutanasia. Singoli stati e organizzazioni mediche utilizzano le stesse parole per indicare fenomeni differenti.
L’Epac, l’associazione europea dei medici che si occupano di cure palliative, propone questa definizione: la “eutanasia” avviene quando un medico somministra una sostanza letale su richiesta del paziente. Dunque è per forza “attiva”, cioè senza l’iniezione non ci sarebbe decesso, e non “passiva”, cioè il decesso avviene per mancanza di cure.
Le differenze tra Dat ed eutanasia
Se adottiamo la definizione dell’Epac di eutanasia, è vero che ci sia un elemento comune con le Dat, come afferma Riccio, per cui in entrambi i casi «il paziente sceglie di interrompere la propria vita su sua precisa richiesta». Ma le differenze sembrano sostanziali.
Nel caso dell’eutanasia c’è appunto un comportamento attivo del medico, che somministra un farmaco letale. Nel caso delle Dat, al massimo, c’è un comportamento omissivo del medico, che evita di dare al paziente le cure che lo terrebbero in vita e lo lascia così morire.
Inoltre, mentre l’eutanasia può essere data a un paziente cosciente, le Dat intervengono solo quando il paziente non è più in grado di esprimere la propria volontà.
Conclusione
Riccio fa un’affermazione imprecisa. Facendo una semplice proporzione tra Italia e Olanda, i soggetti potenzialmente interessati all’eutanasia potrebbero essere nel nostro Paese più di 23 mila, e non 15 mila.
Inoltre, se è vero che ci sono dei punti di contatto tra Dat e eutanasia, le differenze restano sostanziali. Nel caso delle Dat il paziente viene lasciato morire, secondo le sue indicazioni, in quanto non gli vengono forniti determinati trattamenti. Nel caso dell’eutanasia il paziente viene ucciso, sempre secondo le sue indicazioni, in quanto gli viene iniettata una sostanza letale.
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