Il 14 febbraio l’ex presidente del Consiglio e senatore del Pd Matteo Renzi ha presentato di fronte alla stampa estera il suo nuovo libro Un’altra strada. Idee per l’Italia di domani. Nel corso della conferenza stampa ha fatto una serie di affermazioni che abbiamo sottoposto al nostro fact-checking.
La revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia
Renzi ha criticato la gestione da parte del governo della vicenda del ponte Morandi di Genova, crollato il 14 agosto 2018 in un disastro che è costato la vita a 43 persone e, in particolare, ha sottolineato la scorrettezza da parte degli esponenti della maggioranza “populista” di "Andare dagli sfollati e dire: ‘Noi revocheremo la concessione [ad Autostrade per l’Italia]’, sapendo che è impossibile farlo".
Non è vero che sia impossibile farlo, in senso stretto, ma come abbiamo verificato in passato è vero che un’eventuale revoca ponga dei problemi molto grandi. E infatti, a dispetto delle promesse in tal senso, non è ancora avvenuta.
Infatti la magistratura dovrebbe dimostrare un grave inadempimento da parte del concessionario, cioè Autostrade per l’Italia, nella gestione del tratto crollato – e allora sarà possibile revocare la concessione senza pagare niente –, oppure la revoca avrebbe un costo molto alto, stimato tra i 15 e i 20 miliardi.
Se infatti procedesse in assenza di una condanna da parte della magistratura, in base alla Convenzione Unica con Autostrade per l’Italia del 2007 qui scaricabile (art. 9), il concedente (lo Stato) dovrebbe indennizzare al concessionario (Autostrade per l’Italia) «un importo corrispondente al valore attuale netto dei ricavi della gestione, prevedibile dalla data del provvedimento di decadenza sino alla scadenza della concessione», meno alcune decurtazioni.
Considerando che la concessione scade tra 20 anni (31 dicembre 2038), e che i ricavi netti di Autostrade risultano pari a circa un miliardo all’anno, ecco che la cifra – in base all’entità delle decurtazioni – oscilla tra i 15 e i 20 miliardi.
Come è evidente, il governo – che oltretutto per bocca del presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva dichiarato di non voler aspettare i tempi della giustizia penale – non trova davvero percorribile la prima opzione fino, eventualmente, a una sentenza definitiva dei giudici.
La crescita del Pil
Renzi ha poi dichiarato: "Noi abbiamo avuto 14 trimestri di crescita con i nostri governi, e poi due trimestri immediatamente negativi".
Come abbiamo verificato di recente, è un’affermazione corretta: dal primo trimestre 2015 al secondo trimestre 2018 incluso – quando il Pd era al governo, prima con Renzi e poi con Gentiloni quali presidenti del Consiglio – il Pil è sempre cresciuto, mentre nel terzo e nel quarto trimestre 2018 – dopo cioè l’insediamento del governo Conte – il Pil è calato.
I risultati della sinistra
Renzi ha affermato che «Nella storia della sinistra italiana, una volta siamo andati sopra il 40 per cento, nel 2014».
Se con “sinistra” intendiamo un unico partito – dal Pci, al Pds, ai Ds e infine al Pd – l’affermazione di Renzi è corretta: il quasi 41% preso dal Pd alle elezioni europee del 2014 è il miglior risultato di sempre ed è l’unica volta che un partito di sinistra è andato sopra il 40%.
Se invece intendiamo anche più forze di sinistra sommate – comuniste, socialiste, socialdemocratiche e via dicendo – allora è un’affermazione inesatta. Come avevamo infatti verificato in passato, la somma delle percentuali prese dal Pci, Psi e formazioni minori nelle elezioni svoltesi durante la Prima Repubblica è spesso stata superiore al risultato del Pd alle elezioni europee del 2014.
Le vittorie alle primarie
Renzi ha quindi parlato delle sue due vittorie alle primarie del Partito democratico, affermando: «Ho vinto due volte le primarie col 70%, con milioni di persone che sono venute a votare».
È un’affermazione un po’ imprecisa, ma sostanzialmente corretta.
Alle primarie del dicembre 2013, quando i suoi avversari erano Gianni Cuperlo e Giuseppe Civati, Renzi ottenne il 67,55% dei 2,8 milioni circa di voti espressi.
Alle primarie dell’aprile 2017 Renzi ottenne il 69,17% dell’1,8 milioni circa di voti espressi, mentre i suoi sfidanti Andrea Orlando e Michele Emiliano ottennero rispettivamente circa il 20% e l’11%.
Il boom demografico dell’Africa
Parlando di immigrazione, Renzi ha sottolineato l’importanza della questione dell’esplosione demografica dell’Africa. In particolare l’ex segretario del Pd ha dichiarato: "l’Africa oggi ha un miliardo di persone e arriva nei prossimi 30 anni a due miliardi e mezzo, la Nigeria passa da 160 milioni a 450 milioni di persone nel giro di 25 anni".
Sui numeri della Nigeria, Renzi è impreciso; meno su quelli africani.
Secondo le previsioni delle Nazioni Unite (qui scaricabili), nello scenario mediano, gli abitanti dell’Africa passeranno dal miliardo e 288 milioni del 2018 a due miliardi e 440 milioni nel 2048. La soglia dei due miliardi e mezzo dovrebbe comunque essere varcata nel 2050.
Nello scenario più estremo, invece, la soglia dei due miliardi e mezzo dovrebbe essere varcata già nel 2045.
Per quanto riguarda la Nigeria, le stime dell’Onu – nello scenario mediano – prevedono che dai 196 milioni di abitanti del 2018 si arriverà nel 2043 a 356 milioni.
Nello scenario più estremo nel 2043 si arriverebbe a circa 380 milioni di abitanti. Siamo comunque molto lontani dai 450 milioni citati da Renzi, senza contare che il punto di partenza nel 2018 non è di 160 milioni ma di quasi 200 milioni di abitanti.
L’aumento dei posti di lavoro in Europa e in Italia
Renzi ha poi parlato anche dell’aumento dei posti di lavoro, sostenendo che «in Europa i posti di lavoro sono aumentati da 160 a 164 milioni tra il 2014 e il 2018. Di questi 4 milioni di aumento 1,2 viene dall’Italia».
Come abbiamo scritto già diverse volte (ad esempio qui), Renzi sovrappone i “posti di lavoro” agli “occupati”, ma sono due dati diversi (anche di recente abbiamo provato a spiegare il perché).
Al di là di questo, l’affermazione del senatore democratico è sbagliata e di parecchio, in base ai dati del servizio statistico della Commissione europea.
Nell’Unione europea a 28 Stati, gli occupati nel 2014 (primo trimestre) erano 215 milioni. Nel 2018 (terzo trimestre, ultimo dato disponibile) erano aumentati a 231 milioni abbondanti. Dunque un aumento di più di 16 milioni, non di 4 milioni.
Se ci limitiamo alla sola Eurozona, cioè i 19 Paesi che hanno l’euro come valuta, i numeri di Renzi restano comunque sbagliati. Gli occupati erano infatti 140 milioni nel 2014 (primo trimestre) e 151 milioni nel 2018 (terzo trimestre). L’aumento in questo caso è di 11 milioni.
Su questi due totali, l’Italia pesa per quasi 1,3 milioni, la variazione degli occupati tra primo trimestre 2014 e terzo trimestre 2018.
Se consideriamo invece il periodo secondo trimestre 2014 (quando si insediò il governo Renzi) - secondo trimestre 2018 (ultimo prima che si insediasse il governo Conte) allora il contributo dell’Italia cala a 1,15 milioni. Siamo comunque vicini alla cifra citata da, ma se la rapportiamo a 16 (o anche 11) milioni di totale a livello europeo è evidente come il contributo italiano abbia un ben diverso peso percentuale.
L’Italia non ha pesato infatti per quasi un terzo dell’aumento degli occupati, come si desume dalle parole di Renzi, ma per meno di un dodicesimo sulla Ue e meno di un ottavo sull’Eurozona.
Conclusione
Delle sei affermazioni di Renzi che abbiamo preso in esame sono sostanzialmente corrette – pur con qualche imprecisione – quelle che riguardano il Ponte Morandi, la crescita del Pil e le sue vittorie alle primarie. Di dubbia interpretazione la dichiarazione sui risultati elettorali della sinistra. Sono infine scorrette o con gravi imprecisioni due affermazioni: quella sul boom demografico dell’Africa e della Nigeria, e soprattutto sulla crescita dell’occupazione in Italia e in Europa.
Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it