Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, intervistato il 7 febbraio da Radio Anch’io su Rai Radio1, ha commentato le ultime previsioni della Commissione europea pubblicate lo stesso giorno.
Queste stimano una crescita del Pil italiano nel 2019 dello 0,2%, la più bassa nell’Unione europea, mentre il governo ne stima una dell’1%, o più, dopo aver abbassato le iniziali stime dell’1,5%.
Salvini ha dichiarato: «Non amo parlare di chi non ha mai beccato le previsioni negli ultimi dieci anni».
Salvini ha ragione, negli ultimi dieci anni le previsioni diffuse dalla Commissione europea a inizio anno sulla crescita del Pil durante l’anno stesso si sono sempre rivelate imprecise. L’errore della Commissione tuttavia, in sette casi su 10, è stato un eccesso di ottimismo. Ma andiamo a vedere i dati.
Le previsioni della Commissione e il dato reale
Abbiamo sintetizzato nella tabella sottostante le previsioni della Commissione degli ultimi dieci anni – consultabili qui, fino al 2015, e qui, evidenziando le differenze.
Le previsioni per tutti gli anni sono quelle pubblicate a febbraio, le attuali “Previsioni d’inverno” (Winter Forecasts) tranne per il 2009 e il 2012 (*), anni in cui le uniche previsioni disponibili sono quelle diffuse a maggio.
Per il 2018 (**) il dato reale sulla crescita del Pil non è ancora acquisito, abbiamo quindi riportato la stima fatta dall’Istat a fine novembre.
Come si vede, in effetti dieci volte su dieci la Commissione ha sbagliato le previsioni, con un errore massimo di 1,4 punti percentuali nel 2012 e uno minimo di 0,3 punti nel 2015-2016. La media di errore nei dieci anni considerati è di 0,66 punti.
Come anticipato, l’errore è sempre stato un eccesso di ottimismo, tranne che in tre casi: nel 2010, quando il “rimbalzo” del Pil dopo la crisi del 2008/2009 fu superiore alle aspettative, nel 2015 e nel 2017, quando la crescita fu più robusta del previsto.
Conclusione
Salvini ha ragione nel sostenere che la Commissione non abbia mai “beccato” le previsioni negli ultimi dieci anni. Due volte su tre, però, l’errore dell’esecutivo comunitario è stato quello di attribuire all’Italia una crescita del Pil superiore a quella poi effettivamente registrata.
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