Il presidente della Regione Lazio e candidato alla carica di segretario del Pd, Nicola Zingaretti, il 29 gennaio in un articolo sull’Huffington Post ha affermato che le promesse “mancate perché irrealizzabili, oltre che insensate” del governo giallo-verde “avevano parlato di 500 mila espulsioni e i milioni di euro per sostenerle dovevano essere oltre 40, ma sono in realtà solo 3”.
Si tratta di un’affermazione corretta. Vediamo perché.
Le promesse del governo
Le espulsioni
Nel Contratto di governo si legge che “ad oggi sarebbero circa 500 mila i migranti irregolari presenti sul nostro territorio e, pertanto, una seria ed efficace politica dei rimpatri risulta indifferibile e prioritaria”, e che “nell’ottica di una gestione delle risorse pubbliche efficiente e congruente con le azioni politiche da attuare occorre, quindi, procedere ad una revisione dell’attuale destinazione delle stesse in materia di asilo e immigrazione, in particolare prevedendo l’utilizzo di parte delle risorse stanziate per l’accoglienza per destinarle al Fondo rimpatri”.
Della questione aveva parlato durante la campagna elettorale anche Matteo Salvini, che il 26 ottobre 2017 aveva dichiarato: “L’impegno serio concreto e sottoscritto del centrodestra deve essere quello di fare 100 mila espulsioni l'anno, mezzo milione di clandestini riportati al loro paese in 5 anni”.
I milioni stanziati
Per quanto riguarda poi i milioni di euro stanziati per le espulsioni, il 5 luglio 2018 Salvini, divenuto nel frattempo ministro dell’Interno, aveva affrontato l’argomento durante la conferenza stampa congiunta col vice premier libico Ahmet Maitig. All’epoca Salvini, richiamando le parole contenute nel Contratto di governo, aveva sostenuto che “riguardando tutti i progetti in corso finanziati a livello italiano e a livello europeo sulla cosiddetta ‘integrazione’ e accoglienza abbiamo recuperato, vado a memoria, circa 42 milioni di euro, che abbiamo destinato alla voce rimpatri”.
Come aveva riportato il giorno successivo il quotidiano La Repubblica, l’Unione europea aveva fatto sapere che nel caso quei 42 milioni provenissero da fondi comunitari, non era possibile spostarli a piacimento del governo da un progetto all’altro, considerato che sono fondi vincolati a scopi precisi e predeterminati. Se invece si fosse trattato di risorse proprie dello Stato italiano, ovviamente nessun problema.
La questione, da quel che abbiamo verificato, non risulta abbia poi più avuto seguito. Ma vediamo meglio che cos’è e come funziona il Fondo rimpatri di cui parlano il Contratto di governo e il ministro Salvini.
Il Fondo rimpatri
Il Fondo rimpatri è previsto dall’articolo 14 bis del Testo unico sull’immigrazione (D.lgs. 286/1998), inserito con la legge 94/2009 (il “pacchetto sicurezza” voluto dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni).
Il Fondo è “finalizzato a finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza”. È finanziato con la metà di quanto lo Stato italiano incassa grazie ai contributi che gli stranieri devono pagare per richiedere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno (80-200 euro), oltre che dai “contributi eventualmente disposti dall’Unione europea per le finalità del Fondo medesimo”.
Per il periodo 2014-2020 e per tutti gli Stati membri (eccetto la Danimarca), l’Unione europea ha istituito il fondo AMIF (Fondo asilo, migrazione e integrazione), finanziato con 3,137 miliardi in 7 anni, che contribuisce a realizzare quattro specifici obbiettivi: asilo, migrazione legale e integrazione, rimpatri, solidarietà.
Come abbiamo visto, l’Unione europea ha fatto sapere che non è possibile per uno Stato prendere i fondi europei stanziati per i progetti specifici di un obbiettivo e dirottarli unilateralmente su un altro.
Quante risorse aggiuntive ha stanziato il governo per il Fondo rimpatri
Al 30 gennaio 2019, il governo ha in effetti stanziato delle risorse per il Fondo rimpatri. L’articolo 6 del cosiddetto “decreto sicurezza” (d.l. 113/2018) stabilisce che “al fine di potenziare le misure di rimpatrio, il Fondo di cui all’articolo 14 -bis , comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è incrementato di 500.000 euro per il 2018, di 1.500.000 euro per il 2019 e di 1.500.000 euro per il 2020”.
Le risorse ammontano dunque in totale a 3,5 milioni, di cui mezzo milione per l’anno da poco concluso.
Ma si tratta di risorse nuove? Apparentemente no.
L’articolo 6 del decreto sicurezza dispone infatti che questa nuova disposizione sostituisca una precedente, contenuta nella legge di Bilancio per il 2018 (l. 205/2018), all’articolo 1 co. 1122 lettera b). Questa già disponeva che nel triennio 2018-2020 venissero stanziati 3,5 milioni di euro – 500 mila nel 2018, 1,5 milioni nel 2019 e nel 2020 – per “l’avvio, in via sperimentale, di un Piano nazionale per la realizzazione di interventi di rimpatrio volontario assistito comprensivi di misure di reintegrazione e di reinserimento dei rimpatriati nel Paese di origine”.
Dunque il governo ha preso delle risorse già stanziate dal precedente esecutivo per i rimpatri, anche se per una sottocategoria – quella dei rimpatri volontari –, e le ha destinate sempre ai rimpatri, ma in via generale. Sarà quindi possibile utilizzarle anche per i rimpatri coatti, cioè per le “espulsioni”.
Il Ministero dell’Interno ha però annunciato a fine ottobre 2018 l’apertura di un bando per realizzare “interventi per favorire il rimpatrio volontario e assistito”, finanziato con 12,15 milioni di euro, di cui la metà provenienti dall’Unione europea. Il bando è scaduto il 18 dicembre 2018, dopo una proroga, ma ancora non sono disponibili informazioni su eventuali vincitori e progetti approvati.
Secondo fonti del Viminale citate da il Giornale, “le attività progettuali saranno avviate da febbraio 2019 e si concluderanno entro il 31 dicembre 2021”. Dunque al momento mancano ancora i dettagli dell’iniziativa.
Tiriamo le somme
Per fare un po’ di ordine su quanto visto finora, distinguiamo tra espulsioni – cioè i rimpatri coatti – e i rimpatri volontari.
Il governo ha preso 3,5 milioni di euro già stanziati per i rimpatri volontari e li ha spostati a livello generale nel Fondo rimpatri. Potranno quindi essere usati eventualmente anche per le espulsioni, oltre che per i rimpatri volontari.
I rimpatri volontari sono invece stati specificamente finanziati con ulteriori 12,15 milioni di euro – di cui il 50 per cento proveniente dalla Ue – con un nuovo bando del Ministero dell’Interno. Ma ad oggi le attività progettuali collegate non sono ancora state avviate.
Conclusioni
Zingaretti ha sostanzialmente ragione: esponenti del governo avevano promesso in campagna elettorale 500 mila espulsioni, e anche il Contratto di governo riecheggia quelle promesse.
Inoltre, a luglio 2018 il ministro Salvini aveva parlato di 42 milioni di euro destinati ai rimpatri, ma non risulta che questo sia accaduto.
Il decreto sicurezza ha invece ricollocato 3,5 milioni di euro già stanziati dal governo Gentiloni, dai rimpatri volontari ai rimpatri in generale. Si può quindi sostenere che i rimpatri coatti (o espulsioni) siano stati, potenzialmente, finanziati con 3,5 milioni di euro.
Altri 12 milioni circa, di cui sei provenienti dalla Ue, sono poi stati messi a bando per i rimpatri volontari, ma ancora non si conoscono gli esiti della procedura.
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