Alberto Bombassei, industriale ed ex deputato di Scelta Civica, in un’intervista con il Sole 24 Ore del 28 gennaio ha dichiarato: «Oggi c’è un grande entusiasmo per l’auto elettrica. Nessuno, però, considera il suo impatto sociale. In Europa, se smettessimo di produrre macchine a gasolio o a benzina e facessimo soltanto più auto elettriche perderemmo un lavoratore su tre […] Un milione di europei non avrebbe più una occupazione».
Si tratta di un’affermazione discutibile.
Il rapporto di FTI Consulting
La società statunitense di consulenza FTI Consulting ha elaborato un rapporto, pubblicato il 5 maggio 2018, per conto di Acea , l’associazione che rappresenta le 15 maggiori industrie automobilistiche con base in Europa (es. Bmw, Fiat-Chrysler, Volvo, Volkswagen, Renault, Toyota Europe etc.), intitolato “Impact of electrically chargeable vehicles on jobs and growth in the Eu” (“Impatto dei veicoli elettrici sui posti di lavoro e sulla crescita nella Ue”).
Nel rapporto troviamo conferma di quanto affermato da Bombassei, con numeri anzi ancor più preoccupanti. La premessa è che i veicoli elettrici (BEVs) – da non confondere con quelli ibridi (PHEVs) – richiedono meno manodopera rispetto ai veicoli a combustione interna (ICEs), come i diesel o i motori a benzina.
Questo assunto è presente anche nella Valutazione di impatto della Commissione europea che accompagna la proposta sugli obiettivi di Co2 per il settore auto nella Ue per il periodo 2020/2021, realizzata dalla società di consulenza Ricardo Energy & Environment.
Ma, sottolinea il rapporto di FTI Consulting, la Commissione europea non quantifica quanto minore sarebbe la necessità di manodopera nel caso di un passaggio da ICEs a BEVs. Secondo gli studi citati dal rapporto - in particolare uno dell’IFO Institute, importante think tank economico tedesco, e uno di UBS - il 60% circa dei posti di lavoro nell’industria automobilistica subirebbero ripercussioni.
Su circa 3 milioni di lavoratori impiegati nel settore dell’industria automobilistica i posti a rischio sarebbero quindi 1,8 milioni, quasi due su tre.
Molti lavoratori sono oggi impiegati nella produzione di componenti che non sarebbero più necessarie nelle auto elettriche. Quei lavoratori sarebbero quindi a rischio di espulsione dal mondo del lavoro. Non solo, ma avrebbero difficoltà a sfruttare le eventuali potenzialità occupazionali della nuova tecnologia elettrica, perché in genere privi delle qualifiche necessarie. Per limitare i danni, sarebbe quindi necessario un significativo investimento in riqualificazione della manodopera.
I calcoli della Commissione europea
Altri rapporti arrivano a conclusioni molto diverse. La Commissione europea, nella Valutazione di impatto citata anche dallo studio di FTI Consulting e datata febbraio 2018, fa delle previsioni di lungo periodo (2020-2040) che tengono insieme da un lato la perdita di lavoro nell’industria automobilistica traduzionale e dall’altro la creazione di nuovi posti di lavoro grazie all’avvento della nuova tecnologia elettrica.
Secondo l’istituzione comunitaria, l’impatto macroeconomico di questa trasformazione è minima. Per quanto riguarda l’occupazione, in particolare, nello scenario mediano – in cui si punta a ridurre le emissioni nocive del 30% entro il 2030 - questa addirittura aumenterebbe leggermente, tra lo 0,02% e lo 0,065%. La perdita di lavoro nella filiera industriale verrebbe infatti compensata dalla necessità di nuovi posti di lavoro nella filiera dell’energia elettrica.
In numeri assoluti, secondo la Valutazione della Commissione europea, i posti di lavoro che rischiano di andare persi nello scenario in cui le batterie elettriche vengano prodotte integralmente al di fuori dell’Ue sarebbero appena 34.500.
Il briefing di Transport&Environment
Una terza fonte non arriva a conclusioni troppo drammatiche. Un briefing del 2017 di Transport&Environment, sigla che riunisce decine di associazioni ambientaliste e che viene finanziata dalla Commissione europea, oltre che da diversi Ministeri dell’ambiente di Paesi europei.
Secondo questo briefing, «Le prove suggeriscono che ci sarà un cambiamento nell’industria automobilistica ma che ci sarà un incremento netto nell’economia nel suo complesso di 500-850 mila posti di lavoro. Le stime di quanti posti di lavoro verranno persi nel settore automobilistico sono altamente incerte, ma sembra probabile che nel medio periodo, al 2030, ammonteranno a zero o a molto pochi».
Buona parte dei margini dell’incertezza relativa all’industria automobilistica, secondo questo briefing, dipendono comunque da quanto le industrie produttrici basate in Europa sapranno investire nella nuova tecnologia.
Se nel 2030 non sarà prodotta nemmeno un’auto elettrica in Europa, la perdita di posti di lavoro sarebbe del 32% rispetto allo scenario base. Se venisse prodotto in Europa il 10% dei veicoli elettrici, il calo diminuirebbe al 28%. Se la produzione arrivasse al 90% e si producessero in Europa anche le batterie elettriche non ci sarebbe praticamente nessun impatto, e se la produzione fosse tale da supportare esportazioni (120%), ecco che i posti di lavoro aumenterebbero anche al 108% rispetto allo scenario base.
Conclusione
Stiamo parlando di scenari futuri e ipotetici, in cui entrano in gioco moltissime variabili al momento impossibili da prevedere, dunque qualsiasi valutazione va presa con cautela.
Detto questo, Bombassei fa un’affermazione discutibile – nel senso che si trovano fonti sia contrarie che favorevoli alla sua tesi – sul fatto che l’industria automobilistica perderà molti posti di lavoro. Non è comunque una dichiarazione priva di fondamento.
Ma questo calo, secondo i favorevoli all’avvento delle auto elettriche, potrebbe essere compensato con investimenti da parte delle industrie automobilistiche che vadano in questa direzione. Inoltre, secondo la Valutazione di impatto della Commissione europea, a prescindere dalla perdita di posti di lavoro nel settore auto, a livello complessivo l’occupazione non dovrebbe risentire in modo significativo di questa evoluzione del mercato.
In conclusione: è azzardato sostenere che un milione di europei non avrà più un’occupazione, ma i margini di incertezza sono tali da non poter escludere ad oggi nessuno scenario.
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