Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (M5s), ospite di Otto e mezzo il 14 gennaio, si è chiesto (min. 35.30) retoricamente: “Perché non si dice che col decreto dignità c’è stato il boom dei contratti a tempo indeterminato?”.
Abbiamo verificato i dati e non sembra che si possa parlare di un “boom” dei contratti a tempo indeterminato.
Il decreto dignità
Il cosiddetto “decreto dignità” è stata una delle prime misure del governo Conte, approvato a circa un mese e mezzo dal suo insediamento, nell’estate dello scorso anno. Si tratta del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, pubblicato in Gazzetta ufficiale e quindi entrato in vigore il 13 luglio, e poi convertito in legge con alcune modifiche il 9 agosto 2018.
Con questo decreto il governo Lega-M5s ha introdotto numerose novità in tema di lavoro: il ritorno dell’obbligo di indicare la “causale” del contratto a termine che superi i 12 mesi; il ritorno dei voucher per alcuni settori (turismo e agricoltura in particolare); il fatto che i contratti a tempo determinato, compresi quelli in somministrazione, non possano superare il 30% dei contratti a tempo indeterminato nella stessa azienda; l’estensione al 2019 e al 2020 del bonus del 50% dei contributi per le assunzioni di under 35, che dal prossimo anno sarebbe scattato solo per assunzioni di under 30, e altro ancora.
Gli effetti sugli occupati
Vediamo innanzitutto i dati relativi agli occupati, in particolare quelli a tempo indeterminato, da quando è entrato in vigore il “decreto dignità”.
Secondo i dati dell’Istat* a giugno 2018, il mese prima che entrasse in vigore il decreto in questione, gli occupati in Italia erano 23,30 milioni, di cui 14,90 milioni dipendenti a tempo indeterminato, 3,05 milioni dipendenti a tempo determinato e 5,34 milioni indipendenti.
Dopo cinque mesi, a novembre 2018 - il mese più recente per cui sono stati diffusi dati - gli occupati erano leggermente calati, a 23,24 milioni. Anche i dipendenti a tempo indeterminato risultano diminuiti leggermente, da 14,90 milioni a 14,85 milioni, mentre aumentano di poco i dipendenti a tempo determinato, passati da 3,05 milioni a 3,07 milioni. Diminuiscono lievemente infine anche gli indipendenti, da 5,34 a 5,32 milioni.
Guardando ai dati Istat sugli occupati si può insomma dire che la situazione sia rimasta sostanzialmente stabile: non c’è stato nessun “boom”. Gli occupati a tempo indeterminato risultano anzi in leggera diminuzione da quando è entrato in vigore il “decreto dignità”.
*Percorso: Lavoro e retribuzioni > Offerta di lavoro > Occupazione > Occupati – dati mensili
La dinamica dei rapporti contrattuali
Vediamo ora come sono andate le attivazioni di nuovi contratti a tempo indeterminato e le trasformazioni di quelli esistenti da tempo determinato a indeterminato. Troviamo i dati sul punto nell’ultimo report disponibile dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, che si riferisce al periodo gennaio-ottobre 2018.
Nuove assunzioni
La dinamica delle nuove assunzioni a tempo indeterminato (https://www.inps.it/docallegatiNP/Mig/Dati_analisi_bilanci/Osservatori_statistici/Osservatorio_precariato/Osservatorio_Precariato_Gen_Ott_2018.pdf#page=6) nel periodo luglio-ottobre nel 2018 è molto simile a quella del periodo luglio-ottobre del 2017. Dopo un calo in agosto, a settembre e ottobre il numero di nuovi contratti risale.
Nel 2018, anno in cui viene approvato il “decreto dignità”, il calo da luglio ad agosto è stato leggermente inferiore rispetto al 2017: si passa da 96.425 nuovi contratti a 57.464 (-38.961) nel 2018, mentre da 95.820 a 52.457 (-43.363) nel 2017.
La ripresa a settembre poi è stata leggermente più accentuata nel 2018 rispetto all’anno precedente: dai 57.464 di agosto si è passati infatti, il mese successivo, a 122.060 nuovi contratti nel 2018 (+64.596), mentre nel 2017 c’era stato un aumento di qualche migliaia di unità in meno: dai 52.457 di agosto si era risaliti a 110.940 nuovi contratti (+58.483).
A ottobre, il dato dei nuovi contratti è pressoché identico nei due anni: 105.567 nel 2017 e 105.151 nel 2018.
Trasformazioni a tempo indeterminato
La dinamica delle trasformazioni a tempo indeterminato dei rapporti a termine e degli apprendistati vede invece un netto miglioramento nel 2018 rispetto al 2017. Un miglioramento che si vede già prima del “decreto dignità”, anche se dopo di esso si accentua ulteriormente.
Nel periodo luglio-ottobre 2018 le trasformazioni aumentano infatti, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, del 54% (196.720 contro 127.373).
Ma anche nel periodo gennaio-giugno 2018 il miglioramento era stato notevole: +44% (263.604 trasformazioni contro 183.025).
Tiriamo le fila
Gli occupati a tempo indeterminato in Italia, nel complesso, sono leggermente diminuiti da quando è entrato in vigore il decreto dignità.
L’andamento dei nuovi contratti a tempo indeterminato stipulati dopo il decreto dignità è sostanzialmente in linea con l’andamento negli stessi mesi dell’anno precedente, e dunque non si può parlare di “boom”.
Se confrontiamo 2017 e 2018, il miglioramento più significativo è nelle trasformazioni di contratti a termine e apprendistati in contratti a tempo indeterminato. Ma questa dinamica di forte aumento era già cominciata, nel 2018, prima del decreto dignità, anche se successivamente si irrobustisce.
Conclusione
Il decreto dignità varato dal governo Lega-M5s a luglio 2018 non ha causato alcun “boom” dei contratti a tempo indeterminato. Lo dimostrano i dati sugli occupati dell’Istat e quelli sui contratti dell’Inps. Qui si registra un miglioramento – dopo l’entrata in vigore del decreto – della già esistente dinamica di crescita delle trasformazioni dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, ma non sufficiente a giustificare l’espressione del ministro Bonafede.
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