Il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp) Antonello Giannelli ha dichiarato il 22 novembre all'Agi: “Occupare gli istituti scolastici è un’abitudine solo italiana, delle scuole di tipo liceale e specificamente delle grandi città”.
È un’affermazione errata nella prima parte e discutibile nella seconda.
In quali altri Paesi europei si occupano le scuole?
Il fenomeno delle occupazioni interessa diversi Paesi europei. In primo luogo la Francia, patria del famoso maggio del 1968. Ancora oggi gli studenti bloccano le scuole superiori per protesta: è successo di recente durante le manifestazioni dei “gilet gialli” ed era successo anche in passato, ad esempio nel 2016 contro la riforma del mercato del lavoro voluta dal governo Hollande, o nel 2010 quando il governo Sarkozy aveva discusso e approvato una contestata riforma delle pensioni.
Anche in Spagna le scuole superiori vengono occupate per protesta dagli studenti. Era successo ad esempio nel 2013, contro i tagli all’istruzione voluti dal governo Rajoy, ed è successo poi anche più di recente, in Catalogna, in occasione del referendum indipendentista.
Nel Regno Unito gli studenti avevano occupato edifici in tutto il Paese nel 2010, per protestare contro i tagli all’istruzione e l’innalzamento delle tasse scolastiche. E l’elenco di Stati potrebbe proseguire: le scuole sono state occupate in tempi recenti ad esempio anche in Grecia, Brasile e Argentina.
Insomma, è falso che occupare gli edifici scolastici sia un’abitudine solo italiana.
Occupazioni in Italia: solo licei nelle grandi città?
Per verificare la seconda parte dell’affermazione di Giannelli possiamo andare a vedere la mappa delle scuole occupate durante le grandi proteste studentesche del 2010, contro la riforma Gelmini, qui sintetizzate dal portale per gli studenti Skuola.net.
(Abbiamo contattato la redazione di Skuola.net per sapere che metodo avessero utilizzato nel raccogliere i dati e ci hanno comunicato che provengono in parte dalle testate di cronaca locale, il che come vedremo più avanti in effetti ci risulta, e in parte da gruppi Facebook dei collettivi studenteschi, da forum di studenti presenti sul loro sito e non solo).
Al 24 novembre risultavano quindi occupati a Bologna il liceo scientifico Sabin e l’istituto tecnico commerciale (Itc) Rosa Luxembourg; “molte scuole in provincia di Cagliari, Empoli, Lucca, Prato”; a Milano i licei Volta, Cremona e Tenca; a Torino i classici D'Azeglio, Cavour e Gioberti, gli scientifici Copernico, Gobetti, Volta e Giordano Bruno, il liceo europeo Spinelli e l'istituto professionale Gobetti-Marchesini; a Roma i licei Machiavelli, Virgilio, Talete, Platone, Manara e Tacito.
Il 30 novembre a Bologna erano occupati anche gli istituti tecnici Belluzzi e Pacinotti, l’istituto magistrale Albini e i licei Righi, Minghetti, Copernico e Laura Bassi. Risultavano occupate poi scuole anche a Bari e provincia, Napoli e provincia, e a Genova.
A inizio dicembre risultavano occupate scuole anche nella provincia di Roma (a Morlupo), a Modena, a Brescia e a Vicenza.
Possiamo incrociare il resoconto di Skuola.net con quello di un altro sito dedicato agli studenti, Scuolazoo.com. Qui troviamo l’elenco delle scuole occupate e autogestite al 2 dicembre 2010. Le città interessate sono Palermo, Trieste, Vicenza, Brescia, Milano, Bologna, Torino, Roma, Bari e Modena. Gli istituti sono per lo più licei classici e scientifici, ma si contano anche diversi istituti tecnici e istituti professionali.
Nei resoconti di cronaca della stampa nazionale (ad esempio qui ) e locale (ad esempio qui), qui e qui) troviamo poi sostanzialmente conferma di quanto sintetizzato dai portali per studenti.
Insomma, se è vero che le proteste studentesche sembrano interessare maggiormente i licei e le grandi città, non è vero che non si siano registrati numerosi casi – specie nel corso di grandi proteste di rilievo nazionale – di occupazioni anche in cittadine minori e in istituti tecnici o professionali.
Conclusione
Antonello Giannelli sbaglia quando dice che le occupazioni da parte degli studenti sono una specificità italiana. Come abbiamo visto in Europa, e non solo, sono diversi Paesi che hanno conosciuto e conoscono queste forme di protesta negli anni recenti.
Sostenere poi, come fa Giannelli, che le occupazioni avvengano solo nei licei delle grandi città è discutibile. Guardando alle grandi proteste del 2010 contro la riforma Gelmini dell’istruzione abbiamo visto che, se è vero che grandi città e licei sono stati quelli maggiormente interessati dall’agitazione, è anche vero che gli studenti hanno occupato gli edifici scolastici in numerosi centri minori e che gli istituti tecnici e professionali non sono stati risparmiati dalle proteste.
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