Che cosa significa che Salvini vuole chiudere gli aeroporti ai migranti?
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Che cosa è successo tra Italia e Germania?

Chi sono i migranti in questione?

Come abbiamo già accennato, al centro della dibattito ci sono i migranti che una volta arrivati in Italia si sono spostati in un altro Paese dell’Unione europea senza attendere l’esito della domanda d’asilo.

In questo caso, siamo di fronte ai cosiddetti “movimenti secondari” (secondary movements), uno dei fenomeni generati dal Regolamento di Dublino. Quest’ultimo – entrato in vigore il primo gennaio 2014 – definisce come si trova lo Stato competente per l’esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri dell’Ue.

L’articolo 13 del Regolamento stabilisce che se un richiedente arriva illegalmente in Europa attraverso la frontiera di uno Stato membro, è quest’ultimo il responsabile della gestione della sua domanda di protezione nazionale.

Come ha individuato in un documento del 2016 la stessa Commissione europea, uno dei punti deboli del sistema di Dublino è che i richiedenti asilo non possono scegliere il Paese europeo in cui sarà trattata la loro domanda di protezione nazionale. Alcuni Paesi, però, sono più “attraenti” degli altri dal punto di vista dell’accoglienza. Di conseguenza, l’applicazione non uniforme delle normative europee genera forti squilibri interni, incentivando i cosiddetti “movimenti secondari”, ossia gli spostamenti dei richiedenti asilo attraverso i confini Ue.

I dati di Eurodac (il database europeo sulle impronte digitali dei richiedenti asilo in Europa) mostrano che nel 2016, su oltre un milione di richieste di protezione internazionale fatte nel nostro continente, circa il 30 per cento (307.421) erano già state avanzate in un altro Stato membro, mentre il fenomeno è calato del 16 per cento nel 2017, quando in oltre 257 mila migranti hanno riavanzato domanda d’asilo in un altro Paese rispetto a quello di competenza.

Sempre secondo i dati Eurodac, la Germania è la più coinvolta dal fenomeno dei movimenti secondari, ed è proprio dall’Italia che arrivano più richiedenti asilo. Nel 2017, oltre 24 mila migranti hanno fatto domanda di protezione nel nostro Paese per poi attraversare i confini, in direzione dei territori tedeschi.

L’Italia può opporsi ai rimpatri?

Da un punto di vista degli accordi internazionali, l’Italia non può opporsi ai rimpatri dei migranti che fanno parte dei cosiddetti “movimenti secondari”. Come definisce l’articolo 18 del Regolamento di Dublino, lo Stato membro competente ha degli obblighi precisi, tra cui la presa in carico di chi, una volta arrivato in quello Stato e ha fatto domanda d’asilo, si è poi allontanato.

Negli articoli successivi, il Regolamento definisce le tempistiche, i requisiti e le procedure che uno Stato membro deve rispettare per rimpatriare un richiedente asilo nel Paese competente.

Abbiamo contattato il ministero dell’Interno e l’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac) per sapere se effettivamente è possibile impedire l’atterraggio di un aereo con a bordo migranti rimpatriati da un Paese Ue ma entrambi non hanno voluto rilasciare dichiarazioni.

Come per la chiusura dei porti – di cui ci siamo occupati in passato – uno Stato può cercare di impedire attraverso scelte politiche precise l’esecuzione di questi rimpatri. Senza l’accordo e la collaborazione di tutte le parti in causa, questa scelta però comporterebbe lunghe dispute e controversie giuridiche. Per evitare scontri di questo tipo, i vari Paesi europei possono decidere quindi di sottoscrivere accordi specifici.

Quest’estate, per esempio, il governo tedesco si è accordato con Grecia e Spagna – altri due Paesi di primo ingresso, proprio come l’Italia – per rimandare nei due Stati centinaia di migranti, garantendo in cambio un rapido ricongiungimento familiare per i richiedenti asilo che hanno parenti in Germania e si trovano attualmente in Spagna o Grecia.

Un’idea simile è in discussione da mesi tra Italia e Germania. Già a metà settembre, i due Paesi sembravano essere pronti a firmare un accordo che facilitasse l’applicazione delle procedure di rimpatrio previste dal Regolamento di Dublino.

Secondo le dichiarazioni dei ministri competenti, l’accordo doveva essere a “saldo zero”: l’Italia si sarebbe fatta carico di riaccogliere i richiedenti asilo andati in Germania se in cambio la Germania si fosse fatta carico di un numero pari di richiedenti asilo provenienti dalle missioni di salvataggio in mare. Ma le recenti dichiarazioni di Salvini sui social sembrano smentire l’esistenza di un simile accordo.

È importante ricordare che questi accordi sono di natura diversa rispetto a quelli che l’Italia deve sottoscrivere con i Paesi extra europei per il rimpatrio di migranti ai quali non è stata concessa alcuna forma di protezione.

Un altro discorso ancora riguarda il meccanismo temporaneo dei ricollocamenti, che nell’ambito del programma dell’Unione europea prevede che una parte dei richiedenti asilo giunti in Italia sia ricollocata in altri Paesi Ue.

Ci sono già stati rimpatri in Italia?

Ma è la prima volta che la Germania vuole rimandare in Italia richiedenti asilo che hanno fatto domanda di protezione nel nostro Paese? In realtà no.

Secondo i dati del ministero federale dell’Interno tedesco, da gennaio a maggio 2018 la Germania ha avanzato circa 26 mila richieste di rimpatri verso gli altri Stati membri dell’Ue. Nello stesso periodo, soltanto in 4.100 (il 15,7 per cento del totale) sono stati effettivamente rimandati nei Paesi di primo ingresso.

Per quanto riguarda l’Italia, come abbiamo visto, il nostro Paese ricopre un ruolo di primo piano nell’implementazione delle procedure di rimpatrio dalla Germania previste dal Regolamento di Dublino. Nei primi mesi del 2018, circa 9.200 richieste di rimpatrio sono state avanzate da Berlino verso Roma, che ha accettato di riaccogliere 8.400 richiedenti asilo – facendone arrivare effettivamente solo 1.384 dall’inizio dell’anno al mese di maggio.

Questi numeri sono il linea con quelli citati dal Corriere della Sera e da Repubblica, che nominano fonti del ministero Interno tedesco. A oggi, infatti, sono stati rimpatriati in Italia dalla Germania 1.692 richiedenti asilo, un sesto di quanto richiesto da Berlino. I rimpatri, dunque, sono iniziati mesi fa con voli di linea e treni, ma non è possibile verificare se i voli charter siano una novità.

Conclusione

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha dichiarato che non intende far atterrare in Italia aerei provenienti dalla Germania con a bordo migranti rimpatriati.

In realtà, su questa notizia c’è un po’ di confusione. Il rimpatrio dei migranti appartenenti ai cosiddetti “movimenti secondari” – da non confondere con i rimpatri verso Paesi extra Ue e con i ricollocamenti – è previsto dagli obblighi contenuti negli accordi internazionali sottoscritti dall’Italia, come il Regolamento di Dublino.

Per evitare scontri politici, però, i vari Paesi si possono accordare su come facilitare il ritorno negli Stati competenti di chi si è spostato attraverso dei confini europei senza attendere l’esito della domanda d’asilo. Ma a oggi sembra mancare un accordo di questo tipo tra Roma e Berlino.

Inoltre, rimpatri dalla Germania verso il nostro Paese sono già stati fatti in passato. E sebbene la polizia di frontiera possa impedire l’accesso in Italia di singoli passeggeri, probabilmente il ministro dell’Interno Matteo Salvini con la frase sulla «chiusura degli aeroporti» punta a ottenere condizioni migliori per un accordo con la Germania.

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