Sul reddito di cittadinanza si è registrato un nuovo scontro nel governo, in particolare tra il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Tria ha infatti parlato della platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza, includendo anche i cittadini stranieri, mentre Salvini e Di Maio hanno risposto evidenziando la volontà di escludere i cittadini non italiani.
Una misura che escludesse gli stranieri sarebbe tuttavia molto probabilmente incostituzionale e contraria al diritto internazionale. Ma procediamo con ordine.
Una premessa
Anche se il M5S parla da diverso tempo di “reddito di cittadinanza”, come abbiamo già visto in passato, la misura proposta dal movimento non è un vero e proprio reddito di cittadinanza.
Il reddito di cittadinanza infatti sarebbe, secondo la definizione di uno dei suoi maggiori proponenti contemporanei, il filosofo ed economista belga Philippe Van Parijs, “un reddito pagato da una comunità politica a tutti i suoi membri su base individuale, indipendentemente dalla situazione patrimoniale o lavorativa”. Anche se si chiama “di cittadinanza”, comunque, uno strumento di quel tipo sarebbe probabilmente illegittimo se vincolato al criterio della nazionalità.
Ad ogni modo, la proposta del M5S è diversa: è uno strumento di sostegno al reddito per chi versa in condizione di bisogno. Sarebbe quindi più corretto chiamarlo “reddito minimo garantito”. Ma visto che ormai “reddito di cittadinanza” è l’espressione con cui si nomina di solito la misura, la useremo anche nel seguito del pezzo.
Le parole di Tria
Il ministro dell’Economia Tria, durante la seduta del Senato del 20 settembre, rispondendo a una domanda del senatore Luca Cirani (Fdi) proprio sull’inclusione o meno degli stranieri tra i beneficiari del reddito di cittadinanza, ha dichiarato: “L'iniziativa legislativa già avanzata dal MoVimento 5 Stelle nel corso della precedente legislatura, il disegno di legge n. 1148 del 2013 (…) prevedeva che a tale misura potessero accedere i cittadini italiani o di Stato membro dell’Unione europea residenti sul territorio nazionale. Per quanto concerne i cittadini di Paesi terzi, invece, la disposizione in questione condizionava la fruibilità del sostegno al fatto che i rispettivi Paesi di origine avessero sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con l’Italia”.
Se andiamo a vedere la proposta del M5S del 2013, quello che dice Tria è vero. L’articolo 4 del disegno di legge citato da Tria diceva infatti: “Hanno diritto al reddito di cittadinanza (…) i soggetti che risiedono nel territorio nazionale”, in particolare “i soggetti in possesso della cittadinanza italiana o di Paesi facenti parte dell’Unione europea” e “i soggetti provenienti da Paesi che hanno sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale”.
Di quanti stranieri stiamo parlando?
Possiamo stimare la platea degli stranieri potenzialmente interessati – al di là della loro situazione reddituale, che è un requisito ulteriore su cui torneremo dopo – sommando i cittadini residenti in Italia che hanno un passaporto di uno degli altri 27 Stati dell’Unione europea a quelli, sempre regolarmente residenti, che hanno un passaporto degli Stati che hanno stipulato Paesi convenzioni bilaterali di sicurezza sociale.
I cittadini Ue residenti in Italia, in base ai dati Istat relativi al primo gennaio 2017, ammontano a 1.564.777 persone, nella grande maggioranza dei casi provenienti dalla Romania (1.190.091).
Gli Stati con cui l’Italia ha convenzioni nella sicurezza sociale, secondo quanti riporta l’Inps, sono: Argentina, Australia, Brasile, Canada e Quebec, Israele, Isole del Canale e Isola di Man, Messico, Principato di Monaco, Repubblica di Capo Verde, Repubblica di Corea, Repubblica di San Marino, Santa Sede, Tunisia, Turchia, Stati Uniti d’America, Uruguay, Venezuela, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia.
Facendo la somma, di nuovo sui dati Istat aggiornati al primo gennaio 2017, i cittadini di questi Paesi regolarmente residenti sono 385.090.
Dunque, in totale, si tratta di poco meno di 2 milioni di stranieri (1.949.867) che, per passaporto, potrebbero accedere al reddito di cittadinanza, se l’eventuale legge fosse uguale alla proposta M5S del 2013.
Per quanto riguarda la loro condizione economica, non abbiamo i dati per fare una stima precisa su quanti di questi stranieri si trovino al di sotto della soglia di povertà e siano quindi potenziali beneficiari della misura allo studio del governo.
Ribadiamo però che dei “cinque milioni di poveri”, spesso individuati dai sostenitori del reddito di cittadinanza – ad esempio da Di Maio il 4 settembre – come i beneficiari della misura, fanno parte in misura consistente cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia.
* Percorso: Popolazione e famiglie > Stranieri e immigrati > Stranieri residenti al 1° gennaio – Cittadinanza > Italia, regioni, province – Paese di cittadinanza
La reazione di Di Maio e Salvini
Alle parole di Tria, come anticipato, è seguita la reazione dei due vicepremier. La sera dello stesso 20 settembre Matteo Salvini, rispondendo a un giornalista che gli aveva riferito le parole del ministro dell’Economia, ha dichiarato: “Sono sicuro che gli amici Cinque stelle stanno studiando una formula intelligente per il reddito di cittadinanza limitato agli italiani”.
La mattina del 21 settembre Luigi Di Maio, intervistato da Radio Anch’io, ha poi affermato che la proposta di cui parlava Tria nel corso dell’audizione in Senato “noi l’abbiamo corretta anni fa”. Quanto alla platea dei beneficiari “è logico che la devi restringere ai cittadini italiani”.
In effetti nel contratto di governo, sottoscritto da Lega e M5S, è scritto che “il reddito di cittadinanza è una misura attiva rivolta ai cittadini italiani al fine di reinserirli nella vita sociale e lavorativa del Paese”, e ancora, “la misura si configura come uno strumento di sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno”.
Ma è possibile escludere gli stranieri da questa misura? Quasi certamente no, almeno in base alle leggi e ai trattati vigenti.
Vediamo il perché.
Perché non si possono escludere gli stranieri dal reddito di cittadinanza
Se non ci sono dubbi che la legge possa condizionare il diritto al reddito di cittadinanza ad alcuni requisiti, come ad esempio l’essere regolarmente residenti da almeno un tot di anni o avere certi documenti di soggiorno, è altrettanto indubbio che non si possa condizionare una misura del genere al requisito della nazionalità italiana.
Questo violerebbe infatti il divieto di discriminazione in base alla nazionalità, che è uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione europea: dal punto di vista legale non si può insomma riservare ai propri cittadini un trattamento diverso rispetto agli stranieri, tranne poche eccezioni particolari (come ad esempio nel settore della Difesa). In particolare, il principio è stabilito all’articolo 18 del Tfue.
Le politiche sociali rientrano nel campo di applicazione dei trattati europei e dunque per loro vale il divieto di discriminazione. La stessa Ue finanzia con diversi fondi queste politiche da parte degli Stati membri.
Lo stesso principio dell’articolo 18 Tfue è ribadito anche dall’articolo 21 co.2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Sottolineiamo poi che, grazie agli articoli 10 e 117 della Costituzione italiana, queste disposizioni del diritti comunitario hanno anche rango costituzionale.
Di certo quindi un cittadino comunitario (francese, rumeno o svedese), e probabilmente anche uno extracomunitario, che fosse regolarmente residente in Italia e avesse condizioni identiche a quelle di un cittadino italiano – per reddito e via dicendo – non potrebbe insomma essere escluso dal beneficiare del reddito di cittadinanza.
La legge che così prevedesse verrebbe quasi certamente dichiarata incostituzionale o bocciata dalla Corte di Giustizia dell’Ue, a seconda dell’organo che fosse investito per primo del problema.
Una preoccupazione, questa, di cui sembra essere conscio il ministro Tria. Che infatti, nel corso dell’audizione del 20 settembre aveva anche detto, a proposito del rapporto tra reddito di cittadinanza e stranieri: “Si è consapevoli del fatto che i requisiti relativi alla cittadinanza, ed eventualmente alla residenza, possono essere introdotti soltanto nel rispetto (…) della Costituzione e della normativa dell’Unione europea”.
Conclusione
Salvini e Di Maio non sembrano condividere la consapevolezza del ministro Tria circa l’impossibilità di violare la Costituzione e la normativa dell’Unione europea, limitando il reddito di cittadinanza ai soli cittadini italiani.
Il divieto di discriminazione stabilito dai trattati Ue è chiaro, e una misura in campo sociale di quel tipo non ha motivi di essere esclusa dalla sua applicazione. In Italia vivono 1,5 milioni di cittadini comunitari, in larga parte rumeni. Anche per quanto riguarda i cittadini extracomunitari è molto difficile che possa essere disegnata una misura che permetta di escluderli. Una percentuale molto rilevante dei poveri che risiedono in Italia, infine, è costituita da cittadini stranieri.
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