Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, durante l’audizione alla Camera dell’11 settembre in cui si discuteva tra le altre cose del “decreto Genova” annunciato dal governo, ha espresso l’intenzione di non fare una gara per individuare il soggetto che dovrà ricostruire il ponte Morandi di Genova ma di procedere con l’affidamento diretto, probabilmente a Fincantieri.
Ma si può fare? Per prima cosa vediamo meglio la posizione, o meglio “le posizioni”, del governo.
Le parole di Toninelli e i dubbi di Moavero Milanesi
Toninelli in particolare aveva allora dichiarato (min. 36.25): “Riusciremo a gestire la ricostruzione del ponte andando oltre il rispetto (…) delle giuste regole previste dal codice degli appalti. Penso che nessuno oggi possa ritenere non eccezionale e straordinario un caso drammatico come quello di Genova, e quello ci permetterà quindi di poter assegnare direttamente in questo caso a una società pubblica, ad esempio Fincantieri”.
Il ministro dei Trasporti aveva successivamente aggiunto (1h 11m 0s) che “in questi minuti è in corso un incontro a Bruxelles per verificare – ed è fattibile ovviamente – che si possa derogare alle norme del Codice degli appalti per affidare, attraverso il Commissario unico straordinario per Genova, immediatamente senza gara ad un soggetto pubblico o partecipato principalmente dal pubblico, come Fincantieri, la ricostruzione del ponte stesso”.
Sono passati dieci giorni, il “decreto Genova” ancora non ha visto la luce né risulta che da Bruxelles sia arrivato un via libera all’affidamento diretto della ricostruzione del ponte. In base a quanto riporta un retroscena del Corriere della Sera , sarebbero anzi emersi dei dubbi in Consiglio dei Ministri – in particolare da parte del ministro degli Esteri, Moavero Milanesi – sulla possibilità di evitare la gara in base alle norme europee.
Vediamo allora meglio qual è la situazione.
Cosa dicono le norme europee?
I principi generali sugli appalti sono stabili da direttive dell’Unione europea, in modo da garantire in tutti gli Stati dell’Unione la libera concorrenza tra le imprese del vecchio continente. In base ad esse, solo eccezionalmente si può limitare la concorrenza, che viene appunto garantita dalle procedure di gara, e procedere all’affidamento diretto a un’impresa di un’opera.
Vediamo i dettagli.
L’eccezione alla regola
La direttiva 2014/25 regola in particolare le “procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali”. All’articolo 44 , che disciplina la scelta della procedura da utilizzare per i vari appalti, stabilisce (al quinto comma) che “Nei casi e nelle circostanze specifici espressamente previsti all’articolo 50, gli Stati membri possono prevedere che gli enti aggiudicatori ricorrano a una procedura negoziata senza previa indizione di gara. Gli Stati membri non consentono l’applicazione di tale procedura in casi diversi da quelli di cui all’articolo 50”.
Quindi si può evitare la gara e procedere all’affidamento diretto solo nei casi tassativi previsti dall’articolo 50. Questo articolo abbraccia una serie di ipotesi, che vanno dalla gara indetta ma andata deserta all’appalto a soli scopi di ricerca, dall’opera che può fare solo un determinato soggetto (ad esempio un artista) alle forniture quotate e acquistate sul mercato delle materie prime.
Il caso rilevante per la questione del ponte Morandi, e citato da Toninelli nel corso dell’audizione dell’11 settembre, è quello previsto dalla lettera d) dell’articolo 50, che consente di evitare la gara “nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili dall’ente aggiudicatore, i termini stabiliti per le procedure aperte, per le procedure ristrette o per le procedure negoziate precedute da indizione di gara non possono essere rispettati”.
Le altre procedure che prevedono una gara
Quindi perché si possa evitare la gara, in parole semplici, il governo deve dimostrare che i termini stabiliti per le procedure che prevedono una gara (aperta, ristretta o negoziata con previa indizione di gara) non possono essere rispettati.
Ma quali sono questi termini?
La procedura aperta (art. 45) prevede che, una volta pubblicato il bando di gara, le imprese abbiano 35 giorni per presentare un’offerta ma per motivi di urgenza (co.3) si può scendere a 15 giorni.
La procedura ristretta (art. 46) è più lunga nella sua fase iniziale, in quanto prevede un doppio passaggio: dopo la pubblicazione del bando tutte le imprese possono chiedere di partecipare, e inviare la richiesta entro minimo 15 giorni; successivamente l’ente aggiudicatore sceglie quelle con cui procedere al negoziato, che hanno minimo 10 giorni per inviare la loro offerta. Il negoziato tuttavia dovrebbe essere più celere rispetto alla procedura aperta, visto il numero minore di offerenti.
Anche la procedura negoziata con previa indizione di gara (art. 47) prevede, nei casi urgenti, un minimo di 15 giorni dalla pubblicazione del bando per presentare la richiesta di partecipazione e 10 giorni, per le imprese selezionate, per presentare le offerte. E anche in questo caso il numero ridotto di offerenti dovrebbe velocizzare le procedure successive alle offerte.
Dunque i tempi per le gare sono piuttosto rapidi. Il vero problema è il tempo di cui avrebbero bisogno le istituzioni italiane coinvolte (Stato, regioni, comuni e così via) a preparare il bando prima e a selezionare il vincitore poi. Ma è dubbio che l’Italia possa ledere i principi di libera concorrenza stabiliti dalla Ue per eventuali lungaggini che dipendano appunto da istituzioni italiane. Stabilisce infatti l’ultimo paragrafo dell’articolo 50 lettera d) che “le circostanze invocate per giustificare l’estrema urgenza non devono essere in alcun caso imputabili all’ente aggiudicatore”.
I tempi della ricostruzione
Ma quanto tempo si stima sarà necessario per ricostruire il ponte Morandi?
Tralasciamo la proposta di Autostrade per l’Italia, che per bocca del suo amministratore delegato Giovanni Castellucci aveva annunciato di poter fare un nuovo ponte di acciaio in 8 mesi appena (ma solo con una procedura autorizzativa accelerata , considerata l’ostilità del governo.
Toninelli, sempre nel corso dell’audizione dell’11 settembre, aveva infatti dichiarato a proposito di Autostrade: “Penso che sia inaccettabile e incomprensibile (…) che quel ponte venga ricostruito anche con una sola pietra da chi l’ha fatto crollare”.
Antonio Brencich, docente di Ingegneria delle Costruzioni dell’Università di Genova e membro della commissione ministeriale sul crollo del ponte Morandi, poi dimessosi per evitare i sospetti di un possibile conflitto d’interessi, ad agosto aveva pronosticato tempi lunghi. “Se fosse tutto finito tra 4 anni sarebbe un esempio di grandissima velocità”, aveva dichiarato Brencich, sollevando il problema della logistica della demolizione, della preparazione del cantiere (alloggi, servizi etc.) e del compimento dell’opera.
Giulio Ballio, già rettore del Politecnico di Milano, pochi giorni dopo aveva confermato la stima di 3-4 anni, a meno di non voler mantenere i piloni esistenti, che non sarebbero deteriorati, il che consentirebbe di abbattere i tempi a 2 anni.
Conclusione
Perché la tesi espressa da Toninelli sulla possibilità di procedere con un affidamento diretto della ricostruzione del ponte Morandi venga accolta, il governo dovrebbe convincere l’Unione europea che l’urgenza sia tale da non consentire venga indetta una gara, con nessuna delle procedure e delle tempistiche sopra viste, e che all’Italia non si possano imputare responsabilità circa l’urgenza stessa.
Il ministro dei Trasporti, lo scorso 11 settembre, si era detto sicuro che a Bruxelles avrebbero approvato la sua linea, ma da allora non sono giunte altre notizie dalle istituzioni comunitarie. Nel frattempo, se fossero confermate le indiscrezioni di stampa, sarebbero emerse posizioni diverse sulla bontà della tesi di Toninelli all’interno del governo.
In ogni caso, per avere una risposta definitiva bisognerà attendere la decisione dell’Ue, se autorizzare o meno il governo italiano a procedere con l’affidamento diretto in ragione dell’articolo 50 lettera d) della direttiva 25/2014.
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