Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, ospite di Agorà Estate su Rai3 nella mattinata del primo agosto, ha dichiarato: “Foietta [il Commissario straordinario alla TAV] dovrebbe rispondere, Chiamparino dovrebbe rispondere, i vecchi governi dovrebbero rispondere perché in Italia [la TAV] costa 60 milioni di euro al chilometro e in Francia costa 20 milioni. Quel differenziale di 40 milioni chi se l’è preso?”.
Nel pomeriggio dello stesso giorno, durante un’audizione alla Camera, il ministro è tornato sull’argomento dando cifre molto diverse: “Non possiamo nasconderci, come ha confermato di recente anche la Corte dei conti europea, un’anomalia inaccettabile”, ha dichiarato Toninelli. “Il costo delle nostre linee TAV, comprese quelle in costruzione, sta superando in media i 30 milioni di euro per chilometro, contro, ad esempio, i 13 milioni della Germania e i 14 milioni della Spagna”.
Cerchiamo dunque di capire quali siano le cifre corrette.
Cosa dice la Corte dei conti europea
La relazione speciale n. 19/2018 della Corte dei Conti europea, intitolata “Una rete ferroviaria ad alta velocità in Europa: non una realtà, ma un sistema disomogeneo e inefficace”, nelle sue tabelle riporta i seguenti dati:
Dunque Toninelli ha dato dei numeri sballati ad Agorà Estate mentre ha dato i numeri (quasi) corretti poche ore dopo, durante l’audizione alla Camera: oltre 30 milioni di euro per chilometro, se si considerano le opere in costruzione, per l’Italia, 15 milioni (non 13) per la Germania e 14 per la Spagna.
L’Italia ha dunque il costo per chilometro più elevato tra i quattro Paesi presi in considerazione, circa il doppio degli altri.
Come è stato calcolato?
Il costo medio per chilometro viene ricavato dalla Corte dei conti europea con un calcolo molto semplice: ha preso il totale dei costi già effettuati e previsti per le opere (inclusi quindi quelli futuri, per le opere in costruzione), che ammonta per l’Italia a poco meno di 42 miliardi di euro, e lo ha diviso per il totale di chilometri dell’alta velocità già costruiti e in costruzione, che nella rete del nostro Paese sono 1.280. Il risultato è di 32,75 milioni circa per chilometro.
Con lo stesso procedimento viene ricavato il costo medio per chilometro degli altri Paesi.
Come mai questa differenza?
Alle parole di Toninelli ha replicato, sempre il primo agosto, il Commissario straordinario per la TAV, Paolo Foietta, chiamato direttamente in causa dal ministro.
“Con riferimento alla 'irrituale' richiesta del ministro di giustificare la differenza di costo dell’alta velocità segnalata dalla Corte dei conti europea tra Italia e Francia, ricordo che una tale valutazione non è nei miei compiti e nelle mie funzioni, sono però a conoscenza di studi di FS [Ferrovie dello Stato n.d.r.] ed Rfi [Rete ferroviaria italiana n.d.r.] che chiariscono il perché di tali differenze ed invito il ministro di rivolgersi a loro”, ha dichiarato Foietta.
“Ho imparato - conclude Foietta - che si possono solo confrontare infrastrutture analoghe ed è meglio non usare l’assurdo confronto dei costi di un km di galleria, scavata sotto le Alpi con quelli di un km di linea ferroviaria di pianura nella campagna francese”.
Abbiamo dunque contattato Ferrovie dello Stato per ottenere gli studi a cui accenna Foietta, ma non abbiamo ancora ricevuto la documentazione in questione. Ci hanno però segnalato un’audizione del 2007 dell’allora amministratore delegato di FS, Mauro Moretti, presso l’ottava Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni) in cui questo stesso problema era già stato affrontato.
L’audizione di Moretti
Moretti fondava le sue parole su un’analisi in cui FS è stata aiutata “da molti consulenti esterni, in particolare tedeschi, ai quali (…) tra la fine del 2005 e l’inizio 2006, abbiamo affidato una commessa per poter realizzare un esame parametrico dei costi che non ci tornavano”.
È possibile sia la stessa analisi di cui accenna Foietta, ma non abbiamo modo di verificarlo.
In ogni caso, Moretti già allora riconosceva che “in Francia, in Spagna e in Italia sono state realizzate opere con costi medi diversi: in Francia si parla di 10 milioni di euro per chilometro, in Spagna di 9 milioni di euro, in Italia, ad oggi, di 32 milioni di euro per chilometro che tuttavia, con le altre opere che si stanno portando a termine (…) diventerebbero 45”.
Moretti parlava allora dell’alta velocità a livello generale, e non della situazione specifica della Torino-Lione. Ma rispondendo alla domanda su quali fossero le principali cause di differenza, Moretti ha fornito una serie di elementi, alcuni dei quali sembrano ancora attuali e applicabili anche a quel caso specifico.
Innanzitutto, spiegava Moretti, “vi sono le specifiche progettuali: noi facciamo un sistema di quadruplicamento ad alta capacità (mentre gli altri fanno un sistema di sola alta velocità, isolato dal resto) che, connesso all’orografia e alla specificità del territorio, procura altri maggiori costi”.
L’alta capacità è, secondo le parole di Moretti, è “un sistema fortemente integrato sia nelle tratte sia soprattutto nei nodi, al fine di poterlo utilizzare per le specializzazioni di traffico regionale metropolitano e di lunga percorrenza veloce, ma anche di trasporto merci”.
Dunque non solo treni passeggeri di lunga percorrenza, ma anche treni locali e soprattutto treni merci. Questi ultimi hanno dimensioni e peso maggiori e richiedono dunque infrastrutture più vaste e solide, oltre che un’inclinazione minore dei binari delle tratte montane (pendenza massima del 12-15 per mille in Italia, a fronte del 30-31 per mille di Francia e Spagna).
Altro elemento, secondo Moretti, “sono le prescrizioni ambientali e territoriali, in un territorio fortemente antropizzato”. Non solo. “Va poi considerato che lo stesso territorio, laddove passa l’alta velocità, [in Italia n.d.r.] ha un valore di mercato ben più alto rispetto a quello di altri Paesi (come Francia e Germania), dove il valore dei terreni, in quelle zone, è molto basso”.
Ricapitolando, secondo Moretti le specificità del progetto italiano – in particolare l’utilizzo dell’infrastruttura anche per i treni merci –, la montuosità del terreno, l’elevata presenza umana in determinate zone e il loro valore di mercato comparativamente superiore sono tutti elementi che giustificano la discrepanza dei costi tra Italia e altri Paesi.
I tunnel sotto le Alpi
Torniamo al caso della TAV. Al di là delle parole di Moretti, che confermano comunque l’esistenza di studi in proposito, possiamo anche fare un confronto tra tratti di ferrovie molto simili, cioè i tunnel che attraversano le Alpi.
Un documento di Ferrovie dello Stato del 2015 riporta i costi per chilometro relativi ai trafori alpini ferroviari. Prendiamo in considerazione, in particolare, quello del Moncenisio sulla tratta Torino-Lione (57 km), quello del Brennero (55 km) e quello del San Gottardo (57 km), realizzato dalla Svizzera e già completato, che hanno una lunghezza simile.
In base ai dati FS, il tunnel svizzero ha un costo di 96,2 milioni di euro per chilometro (per “canna”, cioè il foro per cui passano i binari: nelle gallerie è possibile averne più di una), quello tra Italia e Austria (Brennero) di 83,7 milioni di euro, quello sulla Torino-Lione (Moncenisio) di 86 milioni di euro.
Non sembra dunque che, a parità di condizioni, l’Italia spenda per i tunnel più di quanto non facciano gli altri Stati.
Conclusione
I numeri dati da Toninelli nel corso dell’audizione alla Camera sono sostanzialmente corretti.
Purtroppo non possiamo affermare con certezza se questa discrepanza tra i costi per chilometro tra l’Italia e gli altri Paesi dipenda esclusivamente da fattori oggettivi, come quelli citati da Moretti nel 2007, o meno.
Abbiamo però verificato che, confrontando tracciati molto simili ma che coinvolgono anche altri Stati come i trafori alpini ferroviari del Moncenisio, del San Gottardo e del Brennero, i costi sono allineati. Restiamo in ogni caso in attesa, oltre che dell’esito delle indagini che il ministero dei Trasporti sta ora conducendo, dei documenti di FS citati da Foietta.
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