Stefano Lepri, deputato del Partito democratico, il 26 luglio ha dichiarato: “Tempo determinato, [la] percentuale [italiana è] in linea con quella europea”.
Si tratta di un’affermazione imprecisa, ma sostanzialmente corretta.
La percentuale di contratti a tempo determinato
In base ai dati Eurostat più recenti a disposizione, in Italia la percentuale di contratti a tempo determinato sul totale è del 15,7 %.
La media dell’Unione europea a 28 Stati è invece del 13,9%, quasi due punti in meno. Quella dei 19 Paesi che hanno l’euro (l’Eurozona) è invece esattamente identica a quella italiana, al 15,7%.
Tra i Paesi europei grandi e medio-grandi hanno una percentuale inferiore la Germania (12,5%) e il Regno Unito (appena il 5,5%), mentre una superiore la Francia (16,5%), la Polonia (25,3%) e la Spagna (26,2%), che detiene la percentuale più alta della Ue.
Percentuali bassissime si registrano invece in Romania (1,2%) e Bulgaria (3,5%), e nelle repubbliche baltiche (Estonia 2,2%, Lettonia 2,7% e Lituania 1,2%). Parte di queste differenze, naturalmente, si spiega anche con la diversità delle legislazioni nazionali sul lavoro e delle tipologie contrattuali.
Conclusione
La percentuale di contratti a tempo determinato in Italia è leggermente superiore (circa 2 punti) rispetto a quella della Ue a 28 Stati ed è invece identica a quella dell’Eurozona. Dunque Lepri è impreciso, ma ha sostanzialmente ragione, nel dire che la percentuale italiana sia in linea con quella europea.
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