Nel corso di un’audizione alla Camera il 19 luglio, il presidente dell’Inps Tito Boeri ha dichiarato (min. 9.57): “La relazione tecnica con la stima dell’impatto occupazionale negativo del d.l. 87 [il d.l. Dignità, ndR] è pervenuta al ministero [del Lavoro, guidato da Di Maio, ndR] una settimana prima della trasmissione del provvedimento alla Presidenza della Repubblica”.
Con queste parole Boeri ha di fatto risposto a quanto affermato dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, lo scorso 14 luglio in un video diffuso sui social. Qui Di Maio sosteneva che: “quel numero [gli ottomila posti di lavoro che si perderebbero in un anno a causa del d.l. Dignità, ndR] (…) ci tengo a dirvi che è apparso nella relazione tecnica al decreto la notte prima che si inviasse il decreto al Presidente della Repubblica”.
Verifichiamo dunque due elementi: quando è stata inviata la relazione tecnica e se questa conteneva o meno il numero di ottomila contratti di lavoro a tempo determinato che andrebbero persi a causa del decreto Dignità.
Le date e il contenuto
Il decreto legge Dignità è stato emanato dal Presidente della Repubblica il 12 luglio ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 13 luglio.
Dunque Di Maio sostiene che il numero sia “apparso” nella notte tra 11 e 12 luglio. Boeri invece afferma che fosse a disposizione del ministro già dalla settimana precedente.
La Stampa ha ottenuto in esclusiva, e pubblicato, le carte che dimostrano che ha ragione Boeri. Si tratta della mail inviata dall’Inps all’ufficio legislativo del ministero del Lavoro e una pagina – quella rilevante– della relazione tecnica allegata a tale mail.
In base a questi documenti possiamo verificare che la relazione tecnica è stata inviata via posta certificata il 6 luglio, dunque circa una settimana prima che il decreto fosse trasmesso al Quirinale. Non solo. Nella relazione inviata in allegato il 6 luglio era già perfettamente chiaro il numero della discordia, di ottomila occupati a tempo determinato in meno all’anno.
Conclusione
L’affermazione di Tito Boeri è corretta e supportata da prove documentali. L’affermazione, di segno contrario, di Luigi Di Maio appare invece del tutto priva di fondamento: il numero non è stato infilato da alcuna “manina” ma era presente nei documenti a sua disposizione da una settimana.
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