Il 27 maggio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso di non nominare l’economista Paolo Savona ministro dell’Economia, come invece chiedevano Lega e M5s. Il presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte ha quindi rimesso il mandato nelle mani di Mattarella.
Il Presidente della Repubblica ha spiegato le ragioni della sua condotta in un breve messaggio, ma questo non è bastato a placare le proteste di Lega e M5s. Quest’ultimo, in particolare, è arrivato a proporre la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica.
Il punto su cui si concentra lo scontro è se il Presidente della Repubblica abbia o meno la facoltà di porre il suo veto sul nome di un ministro non per questioni attinenti alla sua persona – vedremo poi meglio questo aspetto guardando ai precedenti – ma alle sue opinioni politiche.
Premessa
È doveroso premettere che la questione è molto complessa, riguarda aspetti poco esplorati del diritto costituzionale e una risposta univoca al momento non esiste. A riprova di questo, abbiamo sentito l'opinione - divergente - di due dei massimi esperti di diritto costituzionale in Italia, entrambi ex presidenti della Corte Costituzionale, Ugo De Siervo e Valerio Onida. Tra l'altro, lo stesso Mattarella è stato membro della Consulta, tra il 2011 e il 2015.
Ma prima di confrontare queste opinioni, vediamo cosa dice il testo della Costituzione e quali sono i precedenti.
L'articolo 92 della Costituzione
Il secondo comma dell'articolo 92 della Costituzione recita testualmente: "Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri". Dunque, al Quirinale spetta un potere di nomina e, per prassi costituzionale consolidata, questo si traduce in un potere di confronto col presidente del Consiglio, di moral suasion, di indirizzo. Nel caso un nome venga ritenuto problematico, il Presidente della Repubblica può farlo notare e chiedere venga cambiato (anche se non può imporne uno a lui gradito). Vediamo dunque i precedenti.
I precedenti
I colloqui tra presidenti del Consiglio incaricati e Presidenti della Repubblica, di solito, non vengono resi pubblici. Dunque è possibile che sia accaduto in diverse occasioni che il Quirinale abbia chiesto al presidente del Consiglio incaricato di cambiare un nome nella squadra dei ministri e il pubblico non ne sia venuto a conoscenza. Limitiamoci ai casi noti. Nel 1979 il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, chiese al presidente del Consiglio incaricato, Francesco Cossiga, di non nominare ministro della Difesa Clelio Darida, che infatti fu sostituito con Attilio Ruffini.
Nel 1994 fu Oscar Luigi Scalfaro, allora inquilino del Quirinale, a opporre il proprio rifiuto a Silvio Berlusconi che voleva nominare ministro della Giustizia il suo avvocato, Cesare Previti. Previti fu spostato alla Difesa e alla Giustizia andò Alfredo Biondi. Nel 2001 Carlo Azeglio Ciampi chiese (e ottenne) di evitare la nomina di Roberto Maroni a ministro di Giustizia nel governo Berlusconi, considerata la sua imputazione in un processo - relativo a scontri tra leghisti e polizia nel 1996 - ancora in corso.
Al posto di Maroni andò un altro leghista, Roberto Castelli. Nel 2014, da ultimo, Giorgio Napolitano fece sostituire a Matteo Renzi il ministro della Giustizia proposto. Nicola Gratteri, pubblico ministero in servizio, dovette cedere il passo ad Andrea Orlando. Pesavano sul magistrato, pare, oltre che la dubbia compatibilità tra il ruolo di giudice e di ministro della Giustizia anche alcune posizioni eccessivamente giustizialiste secondo l'allora inquilino del Colle.
Pareri a confronto
Per quel che si sa, dunque, i precedenti veti del Quirinale erano dovuti a condizioni personali del ministro proposto, e non alle sue idee politiche (anche se nel caso di Gratteri ci sono dei dubbi in proposito). In questo caso, come si capisce dalle parole dello stesso Mattarella, il punto sarebbero invece proprio le opinioni politiche di Savona, e in particolare le sue idee sull'appartenenza dell'Italia alla moneta unica. Veniamo dunque ai pareri degli esperti.
Valerio Onida
Onida, professore emerito di diritto costituzionale e presidente della Corte Costituzionale tra il 2004 e il 2005, da noi contattato ha dichiarato:
"È chiaro che il Presidente della Repubblica ha ampi poteri di intervento - in termini di suggerimenti, di consigli, di moral suasion - durante la fase di formazione del governo. Ma trattandosi della nomina del Ministro dell'Economia - se è vero che da un lato la Lega e M5s hanno manifestato un irrigidimento inconsueto - d'altra parte la decisione del Colle, per il momento in cui è intervenuta e per come è stata motivata, mi è sembrata un po' in contraddizione con le caratteristiche del nostro sistema parlamentare, in cui il Governo è espressione della maggioranza parlamentare"."In particolare perché l'obiezione del Quirinale alla nomina di Savona non si è fondata su caratteristiche della persona - come potrebbe avvenire in caso ad esempio di conflitti di interesse o di altre ragioni evidenti che portino ad escludere l'opportunità della nomina (come nel caso noto di Previti, proposto come ministro della Giustizia) - ma è stata collegata a una linea politica. L'indirizzo politico spetta al Governo, che se ha la maggioranza in Parlamento ha diritto di esprimerla. Non c'è propriamente un potere presidenziale di indirizzo politico, mentre il Presidente ha funzioni di coordinamento, di controllo e garanzia, specie in relazione ai singoli provvedimenti adottati dall'Esecutivo"."Un intervento come quello di Mattarella che porta alla restituzione del mandato da parte del presidente del Consiglio incaricato, giustificato col rischio di reazioni dei mercati finanziari e di pericoli per i risparmi degli italiani, a me è sembrato un pò anomalo".
Ugo De Siervo
Diverso il parere di Ugo De Siervo, accademico e presidente della Corte Costituzionale tra il 2010 e il 2011. De Siervo, da noi contattato, ha commentato così:
"Mattarella ha fatto il suo mestiere in un contesto difficile. Nella lettera dell'articolo 92 c'è scritto che la nomina dei ministri non è un fatto solo del presidente del Consiglio dei ministri ma anche del Presidente della Repubblica, che deve evitare il contrasto coi grandi valori di cui il Presidente stesso è portatore e garante. Poi c'è la prassi applicativa dell'articolo 92 che va in questa direzione. Mattarella qualche settimana fa ha ricordato le parole di Einaudi, il quale fece un uso sostanziale dei suoi poteri"."Su Savona credo Mattarella non abbia valutato il merito delle sue posizioni politiche ma il tipo di pericolo che poteva portare all'ordinamento generale dello Stato un ministro del genere"."La permanenza all'interno dell'Ue e dell'euro e la tutela del risparmio non sono soltanto valori politici, sono valori istituzionali. Noi siamo nell'euro e nell'Ue in base a decine di accordi internazionali voluti dai diversi governi e ratificati dai diversi parlamenti. L'articolo 117 della Costituzione dice che le nostre leggi devono essere compatibili coi vincoli comunitari, per dirne una. In Costituzione sono entrati concetti di appartenenza al sistema dell'Unione europea"."Dopodiché si può cambiare Costituzione, si può uscire dall'euro e dalla Ue", conclude il costituzionalista, "ma sono scelte colossali che andrebbero poste nelle sedi proprie, e non incidentalmente attraverso la presenza di qualcuno nella compagine ministeriale. Mattarella non voleva che si prendessero surrettiziamente posizioni che poi sarebbero state fatte pagare alla comunità nazionale".
Conclusione
Come anticipato la questione è complessa e molto dibattuta. Senza la pretesa di porre la parola fine al dibattito, possiamo dire che di sicuro il Presidente della Repubblica può opporsi alla nomina di un ministro - è già successo in passato - ma che nello specifico caso di Savona c'è diversità di vedute tra i più autorevoli costituzionalisti. C'è chi infatti ritiene, come De Siervo, che Mattarella abbia agito in modo adeguato, difendendo alcuni valori costituzionali che la nomina di Savona avrebbe rischiato di compromettere, e chi - come Onida - pensa invece che il Colle abbia sindacato in modo anomalo le opinioni politiche di un ministro proposto da un presidente del Consiglio che pareva avesse i numeri in Parlamento.