La senatrice del Partito Democratico nonché prima firmataria della legge sulle unioni civili Monica Cirinnà, lo scorso 14 maggio, si è espressa duramente contro il manifesto apparso a Roma pochi giorni prima che equiparava aborto e femminicidio. Tra le altre cose, Cirinnà ha affermato: “Le interruzioni di gravidanza in Italia sono tra le più basse in Europa e in costante calo da dieci anni”.
Si tratta di un’affermazione sostanzialmente corretta, anche se bisogna fare alcune precisazioni.
Il numero di aborti in Italia e in Europa
In base alla più recente relazione del Ministero della Salute al Parlamento, che è del 29 dicembre 2017 e ha dati aggiornati a tutto il 2016, risulta che in Italia ci sia un “rapporto di abortività” (cioè il numero di interruzioni volontarie di gravidanza ogni 1.000 nati vivi) pari a 182,4/1.000.
Per un confronto europeo, abbiamo a disposizione i dati riportati dall’ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità.
Da questi risulta che l’Italia abbia 190 aborti ogni 1.000 nati vivi. Si tratta di un dato aggiornato al 2014, ma la differenza con quello del 2016 non è particolarmente rilevante ai fini del confronto.
Tra i grandi Paesi dell’Unione europea, quello italiano è in effetti uno dei dati più bassi. Hanno una percentuale più alta Francia (268/1.000), Regno Unito (255/1.000) e Spagna (224/1.000). Inferiore il dato della Germania: 135 aborti ogni 1.000 nati vivi.
Anche la media dell’Europa (202/1.000) e dell’Unione europea (203/1.000) è superiore al dato italiano, seppur di poco.
L’Italia, è sostanza, è superata da grandi Paesi come Francia, Regno Unito e Spagna, ma per il resto si trova a metà classifica. Nel complesso, infatti, hanno un tasso di aborti più alto dell’Italia 11 Paesi dell’Ue (12 se consideriamo il dato 2016). Oltre a quelli citati, fanno parte dell’elenco anche Bulgaria, Danimarca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Portogallo, Romania e Svezia (e Repubblica Ceca, rispetto al 2016).
Hanno un tasso di aborti più basso 12 Paesi Ue (se consideriamo il dato italiano del 2016), in particolare, oltre alla Germania: Belgio, Croazia, Finlandia, Grecia, Lituania, Olanda, Slovacchia, Slovenia, Irlanda, Polonia e Malta.
Questi ultimi tre sono poi in una posizione peculiare, avendo una normativa particolarmente restrittiva – Malta addirittura vieta completamente la pratica dell’aborto, unico Paese europeo insieme al Vaticano – e dunque numeri molto bassi (Polonia 3/1.000, Irlanda e Malta 0/1.000).
Mancano poi i dati relativi a Austria, Cipro e Lussemburgo.
Al di fuori della Ue, hanno un tasso di aborti superiore a quello italiano anche Norvegia (237/1.000), Islanda (223/1.000), Russia (385/1.000) e vari altri Paesi dell’Est Europa (Bielorussia, Moldova, Serbia, Ucraina). La Svizzera ha invece un tasso inferiore, con 118 aborti ogni 1.000 nati vivi, come alcuni stati balcanici (Montenegro, Macedonia, Albania).
Possiamo dunque dire che Monica Cirinnà abbia sostanzialmente ragione se limitiamo il confronto ai grandi Stati membri dell’Unione europea. Se prendiamo invece in considerazione l’intera Europa – o anche l’intera Ue – vediamo come l’Italia sia circa a metà classifica quanto a tasso di aborti.
L’andamento del tasso di aborti in Italia
Dalla relazione del Ministero della Salute sappiamo che il dato 2016 è stato di 182,4/1.000 e quello del 2015 di 185,1/1.000.
Nel database dell’ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità possiamo trovare anche i dati relativi agli anni precedenti.
Vediamo così che il “rapporto di abortività” è in effetti andato diminuendo come sostiene la Cirinnà, in modo “quasi” costante, nell’arco dell’ultimo decennio. Siamo passati da 244 interruzioni volontarie di gravidanza ogni 1.000 nati vivi nel 1994 a 190 nel 2014. Un dato ulteriormente diminuito anche nei due anni successivi.
Uno dei principali motivi del calo in particolare negli ultimi anni, secondo il parere di alcuni esperti (ad esempio qui e qui), sarebbe la diffusione della cosiddetta “pillola del giorno dopo”. Le confezioni vendute di questo farmaco sono passate, in Italia, dalle 7.796 del 2012 alle 189.589 del 2016. Si può però notare come il calo fosse costante già da prima del 2012: ad esempio nel 2002 gli aborti erano 245/1.000 e nel 2012 196/1.000.
Conclusione
Monica Cirinnà ha sicuramente ragione nel sostenere che le interruzioni volontarie di gravidanza in Italia siano in calo, più o meno costante, da un decennio. Merita invece di essere specificata meglio la parte della sua affermazione che confronta il dato italiano con la situazione in Europa. È vero infatti che l’Italia abbia un dato inferiore alla media europea e dell’Unione, nonché inferiore a quello degli altri grandi Paesi Ue ad eccezione della Germania. Ma nel complesso dei 28 Stati membri Ue, o degli Stati europei in senso lato, si trova circa a metà classifica.
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