Ospite di DiMartedì su La7 il primo maggio, l’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli ha dichiarato (-1h 41m 57s): “L’evasione dell’Iva è stimata essere intorno al 26%, in Svezia l’evasione dell’Iva è l’1% (…). Nella media europea siamo intorno all’11-12%”.
Quanto si evade l’IVA?
L’Iva, la tassa sul valore aggiunto, interessa i consumi di beni e servizi e ha una serie di regole comuni a tutti gli Stati membri dell’Unione europea.
Per calcolarne la percentuale di evasione possiamo consultare le stime della Commissione europea sul “gap Iva”, cioè sulla differenza tra il gettito atteso e gettito effettivo dell’imposta. Il gettito atteso, spiega la Commissione, viene calcolato con un approccio “dal basso verso l’alto”, valutando cioè i consumi finali e altri indicatori macroeconomici e derivando da questi l’Iva che nel complesso si sarebbe dovuto pagare.
L’ultimo studio disponibile della Commissione, del 2017, analizza i dati relativi all’anno 2015. L’Italia aveva allora un gap Iva, in percentuale, del 25,78%. In valore assoluto si tratta di un ammanco pari a poco più di 35 miliardi di euro, la cifra più alta della Ue. Il dato rappresenta comunque un miglioramento rispetto a quello relativo al 2014, quando la percentuale del gap Iva era del 28,3% e i miliardi evasi ammontavano a 38,305.
La media dell’Unione europea del 2015 è del 12,77%, corrispondente a 151,53 miliardi di euro. Nel 2014 la percentuale era stata del 14,09%.
La Svezia, unico Paese dei 28, ha un gap positivo, del +1,42%. Incassa cioè più soldi dall’Iva di quanto previsto dalle stime: nel 2015 erano attesi 39,933 miliardi di euro di gettito e sono stati incassati 40,501 miliardi. Nel 2014 il gap era ancora negativo, ma in misura più ridotta: -0,28%.
Il caso Svezia
Come mai in Svezia addirittura si paga più Iva del dovuto? Il Financial Times ha risposto a questa domanda con un articolo di febbraio 2017, in cui spiegava che più che dall’onestà – pur indiscutibile – questo risultato è stato ottenuto anche grazie a una certa “furbizia” scandinava.
Al momento del rimborso di una cifra di Iva versata, ma non dovuta, lo Stato svedese riconosce degli interessi. Fino a poco tempo fa, gli interessi annuali pagati dallo Stato svedese erano dello 0,56%.
Le banche svedesi, invece, dopo la decisione del 2015 della Banca centrale di Stoccolma di abbassare il tasso di interesse al di sotto dello zero nel tentativo di contrastare la deflazione, danno delle percentuali di interessi annuali più basse. Di conseguenza, era più conveniente “depositare” i soldi presso lo Stato pagando intenzionalmente più Iva del dovuto e aspettando la restituzione.
Il governo svedese, spiega ancora il Financial Times, è corso ai ripari azzerando gli interessi sull’eccesso di tasse versate ma questo probabilmente non basterà. Infatti anche un interesse dello zero per cento è preferibile, secondo gli esperti sentiti dal quotidiano economico, agli interessi negativi che offre altrimenti il mercato del denaro.
In ogni caso bisogna sottolineare che, anche prima di questa situazione paradossale, la Svezia aveva il gap Iva più basso d’Europa, a circa il 2% nel 2013 e a zero nel 2014.
Conclusione
Cottarelli ha ragione sulla percentuale di evasione dell’Iva dell’Italia e della media dell’Unione europea. Per quanto riguarda la Svezia, invece, l’ex commissario alla spending review avrebbe dovuto specificare che il gap Iva ha addirittura un segno diverso (positivo) rispetto al nostro Paese o al resto della Ue.
Questo dipende, secondo il Financial Times, da una specifica contingenza dovuta a una decisione della Banca centrale svedese. Tuttavia anche prima di tale decisione la Svezia, con un gap negativo che oscillava tra lo zero e il 2%, era il Paese più virtuoso nella Ue.
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