Lo scorso 21 gennaio Alessandro Di Battista, onorevole del Movimento 5 Stelle, è stato ospite di Barbara D’Urso a Domenica Live, su Canale 5. Il deputato Cinquestelle ha fatto diverse affermazioni, che abbiamo sottoposto alla lente del fact-checking.
Il reddito di cittadinanza e i miliardi alle banche
Alla domanda della conduttrice su dove un eventuale governo del M5S troverebbe i soldi per finanziare il reddito di cittadinanza, Di Battista ha affermato (3h 17 m 30s): “Questa misura costa 17 miliardi di euro all’anno, e ti dico che nel dicembre scorso il presidente del Consiglio Gentiloni (…) è riuscito a trovare 20 miliardi di euro da dare alle banche”. Questi miliardi dati alle banche, secondo quanto afferma poi Di Battista, sono stati finanziati “con le tasse di tutti quanti noi, con le tasse di chi è in questo studio, con le tue [di Barbara D’Urso]”.
Si tratta di un’affermazione corretta nella prima parte (ma che mettendo sullo stesso piano due provvedimenti diversi contiene una forzatura), e scorretta nella seconda. Di Battista sbaglia a paragonare le entrate necessarie per finanziare un eventuale reddito di cittadinanza con l'esborso sostenuto per il decreto 'salva-banche'. Nel primo caso si tratta, infatti, di un'uscita permanente che va finanziata ogni anno e grava direttamente sulla fiscalità generale. Al contrario del 'salva-banche' che rappresenta un'uscita una tantum e va a incrementare direttamente il debito pubblico, gravando sulle tasche dei cittadini solo per la parte limitata agli interessi da pagare per finanziare quella quota di debito.
Il reddito di cittadinanza
Le stime del M5S sul costo per lo Stato del reddito di cittadinanza, diffuse sul blog di Grillo già nel 2015, parlano di 16 miliardi e 961 milioni di euro all’anno: circa i 17 miliardi citati da Di Battista.
L’Istat, come avevamo già ricordato in passato, sempre nel 2015 aveva fatto uno studio secondo cui per finanziare la proposta di legge depositata dai pentastellati sarebbero serviti 14,9 miliardi di euro all’anno. Si arriva ai 17 miliardi totali se a questi si sommano i 2,1 miliardi – come spiegato ad esempio da Di Maio – necessari per la riforma dei centri per l’impiego collegata dal Movimento al provvedimento.
In questo modo si potrebbero finanziare 2 milioni e 760 mila “redditi di cittadinanza” che verrebbero dati ad altrettante famiglie (per un totale di 8,3 milioni di persone che, direttamente o indirettamente, ne beneficerebbero).
Il salva-banche
Il decreto legge n. 237 del 2016, noto anche come “salva banche”, è stato approvato il 23 dicembre 2016 e aveva stanziato risorse per 20 miliardi di euro (art. 24).
Quei miliardi sono stati in parte utilizzati, ad esempio per le banche venete e per Monte dei Paschi di Siena, e in parte no. Come abbiamo riportato in passato, il decreto prevede che “per l'anno 2017, il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e il livello massimo del ricorso al mercato finanziario, di competenza e di cassa […], nonché l'importo massimo di emissione di titoli pubblici […], sono rispettivamente incrementati di 20 miliardi di euro”.
Si tratta dunque (art. 27) di una misura finanziata tramite un corrispettivo innalzamento del debito pubblico. Non con un prelievo diretto dalle entrate dello Stato, che sono appunto le tasse pagate da cittadini e imprese.
La differenza
Di Battista dunque sbaglia a sostenere che il decreto salva-banche sia stato pagato direttamente con le tasse dei cittadini. Al massimo i cittadini dovranno pagare gli interessi sul debito extra relativo che è stato creato. Ha invece ragione sui numeri dei due provvedimenti ma, paragonandoli, tralascia almeno due aspetti importanti.
Per prima cosa, la misura del decreto salva-banche è una tantum, mentre il reddito di cittadinanza sarebbe strutturale. Quindi mentre i 20 miliardi sono stati stanziati una volta sola, i 17 miliardi andrebbero trovati ogni anno.
In secondo luogo, i 20 miliardi arrivano dall’emissione di nuovo debito pubblico, e sono esclusi dall’indebitamento netto (la differenza tra il totale di tutte le entrate ed il totale di tutte le spese, sia correnti che in conto capitale, escluse appunto le operazioni finanziarie).
Questo significa che lo Stato non ha dovuto, anche rispetto ai vincoli di finanza pubblica che ha sottoscritto nei trattati europei, aumentare le tasse o tagliare le spese per finanziare questa misura.
Al contrario, per finanziare una misura strutturale – e non un’operazione finanziaria – come il reddito di cittadinanza sarebbe necessario per lo Stato trovare le risorse all’interno del proprio bilancio, aumentando le entrate o tagliando le uscite.
La paternità della Legge Fornero
Parlando della Legge Fornero, Di Battista ha attaccato i politici che ora dicono di volerla superare ma che a suo tempo l’avrebbero votata, dichiarando (3h 23m 02s): “Berlusconi ha votato la Legge Fornero, la Meloni […] ha votato la Legge Fornero, Bersani […] ha votato la Legge Fornero”.
Si tratta di un’affermazione corretta.
La cosiddetta “Legge Fornero” è la riforma del sistema pensionistico italiano contenuta nell’articolo 24 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 detto "Salva Italia".
Il decreto è stato convertito in legge alla Camera dei deputati con voto del 16 dicembre 2011 e allora i voti di Berlusconi Silvio, Meloni Giorgia e Bersani Pier Luigi furono in effetti favorevoli.
Il costo della guerra in Afghanistan
Di Battista ha poi dichiarato (3h 35m 35s): “Negli ultimi anni in Afghanistan abbiamo speso 5 miliardi di euro”.
Si tratta di un’affermazione corretta.
Alla fine del 2014, come avevamo a suo tempo verificato, l’Italia aveva finanziato le operazioni in Afghanistan per 4,96 miliardi di euro, con oltre 400 milioni nel 2013 e nell’anno successivo.
Con la fine della missione ISAF le cifre si sono ridotte: nel 2015 sono stati stanziati circa 185 milioni, nel 2016 poco meno di 180 milioni, nel 2017 circa 174 milioni. Il totale è dunque di circa 5,5 miliardi negli ultimi 16 anni.
Gli stanziamenti avvengono con il cosiddetto “Decreto missioni”, periodicamente approvato dal Parlamento (l’ultimo è stato il decreto-legge n. 148 del 16 ottobre 2017).
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