Durante la seduta plenaria dell’Europarlamento del 16 gennaio a Strasburgo, il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha dichiarato: "Contrariamente a quanto ci dicevano le Cassandre, il ricollocamento sta funzionando. Più del 95 per cento di quanti si sono registrati in Grecia e Italia sono stati ricollocati", e ha proseguito dicendo che 11 mila persone dall’Italia e 21 mila dalla Grecia sono già state accolte in altri paesi dell’Unione (qui il video del discorso, in inglese: la dichiarazione è a 4’ 02’’).
L’ottimismo di Juncker non è di sicuro giustificato per chi ricorda i numeri iniziali del programma, al momento del suo lancio nel 2015. Ma quei numeri sono stati rivisti molto al ribasso. Vediamo le cifre più da vicino.
Come era stato annunciato il programma
Il programma di ricollocamento dei migranti arrivati in Italia, Grecia e Ungheria, proposto dalla Commissione Europea, è stato adottato con due decisioni del Consiglio UE - del 14 e 22 settembre 2015 - per dare una risposta comunitaria alla crisi migratoria che si stava verificando principalmente nei paesi del Sud del continente e lungo la cosiddetta “rotta balcanica”.
Al momento delle due direttive, 160.000 persone dovevano venire ricollocate dall’Italia, dalla Grecia e dall’Ungheria verso gli altri Paesi dell’Unione tra quelle arrivate nell’arco dei due anni tra settembre 2015 e settembre 2017. L’Ungheria scelse di non far parte della misura, sottraendo 55.000 persone dal totale, mentre altri 7.745 posti si persero perché parte dei posti dovevano essere resi disponibili su base volontaria e il totale di quella parte (40.000 persone) venne quindi rivisto al ribasso. In definitiva, 98.255 persone fu il tetto fissato legalmente dalle autorità europee. Per la Grecia, il totale definitivo era di 63.302 persone, mentre per l’Italia di 34.953.
Poiché gli arrivi in Grecia si sono ridotti tantissimo, in seguito all’accordo UE-Turchia, e la maggior parte delle persone che sbarcano in Italia non possono accedere al programma, i numeri concreti sono scesi ancora. Abbiamo contattato la Presidenza della Commissione UE, che ci ha fornito un documento in cui il totale è fissato in 35.245 persone: circa un terzo del numero iniziale.
Il motivo per cui i ricollocamenti previsti sono di fatto molti meno risiede nelle nazionalità di provenienza. I richiedenti asilo devono avere una ragionevole possibilità di vedere accolta la loro domanda, per accedere al programma. La possibilità viene calcolata in base alla nazionalità: è abbastanza alta quella di chi viene da Paesi che hanno un tasso di accoglimento delle domande superiore al 75% a livello europeo.
Solo siriani, eritrei ed iracheni rientravano in questa percentuale a fine 2015, mentre oggi rientrano nella lista dei Paesi anche Yemen, Bahamas, Bahrein, Bhutan, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Se guardiamo alle nazionalità di arrivo in Italia nel 2015-2016, possiamo vedere che solo l’Eritrea rientrava tra i primi dieci Paesi per numero di richiedenti asilo nel nostro Paese, mentre ai primi posti provenienze non incluse come Nigeria, Pakistan, Gambia e Senegal. La stragrande maggioranza degli arrivi in Italia, insomma, è esclusa dal programma.
Il ricollocamento è finanziato dall’UE che, per ogni richiedente asilo interessato, concede 500 euro all’Italia per le spese di trasporto e 6.000 ad ogni stato che accoglie. La valutazione delle richieste d’asilo avviene nei Paesi d’arrivo, che concedono quindi lo status di rifugiato e il diritto di risiedere nel Paese stesso.
Come ha funzionato in realtà
Il programma ha incontrato subito forti resistenze da parte di molti Paesi che avrebbero dovuto partecipare ed è cominciato a ritmo lentissimo: a inizio del 2016, appena 257 migranti erano stati ricollocati dall’Italia e 157 dalla Grecia, lo 0,64 per cento del totale allora previsto.
Nei mesi successivi le cose sono migliorate. Un’accelerazione si è avuto nel corso del 2017, con una media di 2.300 trasferimenti mensili a partire da febbraio dello scorso anno, secondo i dati europei.
A settembre 2017, alla fine teorica del programma, 27.695 persone erano state ricollocate: come si vede, numeri lontanissimi da quelli inizialmente previsti (98 mila), ma che si spiegano con le precisazioni fatte sopra.
Veniamo ai numeri di oggi. Al 10 gennaio 2018, i dati dell’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (IOM), che collabora al programma, dicono che un totale di 33.183 persone sono state ricollocate in 24 Paesi, e di queste 21.716 venivano dalla Grecia e 11.467 dall’Italia. Quasi un terzo del totale (10.265) sono state accolte dalla Germania, con la Francia seconda a distanza (4.859).
Questi numeri sono confermati dalla Commissione, nella sua tabella di aggiornamento sul programma. Spicca il fatto che alcuni Paesi dell’Est Europa non hanno dato alcun supporto al meccanismo di ricollocamento, nonostante fossero obbligati legalmente a farlo e abbiano tentato senza successo procedimenti legali.
La Commissione UE ha avviato procedure di infrazione: Polonia e Ungheria non hanno accolto neppure un richiedente asilo, con diversi altri Paesi fermi a numeri a due cifre come l’Austria (17 in tutto) e la Repubblica Ceca (12).
Alcuni stati membri, al contrario, hanno accolto più persone di quante legalmente previste: la Finlandia 1.981 persone, oltre il triplo; la Germania 10.265, un quinto in più; la Lettonia 321, cinque volte tanto. Le quote assegnate a ciascun Paese sono calcolate tenendo conto di popolazione, PIL, numero di richiedenti asilo nei quattro anni precedenti e tasso di disoccupazione.
Nella lentezza dei ricollocamenti, secondo la Commissione UE, ha una parte anche l’amministrazione italiana: a settembre scorso 7.200 persone potevano rientrare nel programma tra quelle arrivate nel corso del 2017 nel nostro Paese, ma di queste solo 4.000 erano state registrate.
Comunque sia, la Commissione ci ha comunicato che ad oggi restano meno di duemila persone (per la precisione 1.897) da ricollocare, tra quante si trovano in Italia e Grecia: poiché il totale attuale (dati IOM) è di 33.183, e la cifra finale degli inclusi nel programma è di 35.245, Juncker ha ragione nel dire che il 95 per cento delle persone registrate è stata ricollocata (per la precisione il 94,1%).
Conclusione
Il presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker ha citato solo i numeri dei “registrati” al programma di ricollocamento, e in base a quelli il programma ha in effetti raggiunto la percentuale del 95 per cento. Ma per chi ricorda i numeri iniziali - che si ritrovano ancora nei documenti ufficiali - il meccanismo di ricollocamento ha ottenuto risultati molto lontani dagli annunci di allora.
Anche se le persone arrivate prima della fine di settembre continueranno ad essere ricollocate, il programma non è stato rinnovato e al momento non c’è accordo su un piano permanente, né su cosa fare delle persone che arriveranno dopo settembre. L’argomento è sul piatto nei negoziati per una revisione del trattato di Dublino, che però al momento sono fermi.
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