Il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, ospite su Otto e Mezzo lo scorso 21 settembre, ha dichiarato: “Il sistema francese ha difeso fortemente le produzioni di fiction e di cinema con delle quote. Io ho preso la norma francese e l’ho tradotta in italiano e l’ho messa sul tavolo per discutere. Quella norma prevede che il 60% della programmazione debba essere dedicata a opere europee di cui il 40% nazionali”.
Si tratta di un’affermazione un po’ imprecisa ma sostanzialmente corretta.
Il sistema francese
In Francia la normativa che regolamenta le relazioni tra cinema e televisione è contenuta nel decreto 90-66 del 17 gennaio 1990, adottato in applicazione della legge n. 86-1067 del 30 settembre 1986.
In base ad essa “Tutti i tipi di servizi televisivi devono riservare, sul totale annuo di trasmissioni e repliche cinematografiche, almeno il 60% a film europei e il 40% a film francesi”. Sono previste quote più ridotte per il servizio televisivo di prima diffusione – che manda cioè un numero di “prime visioni” ridotto, contenuto tra 1 e 75 pellicole - con il 55% di film europei e il 35% di film francesi.
Dunque, rispetto a quanto affermato da Franceschini, c’è una differenza. La Francia prevede che su 100 film trasmessi 40 debbano essere francesi e 20 di altri Stati d’Europa, per arrivare a un 60% totale di film europei. In base alla dichiarazione di Franceschini in Italia su 100 film trasmessi quelli italiani sarebbero 24 (il 40% del 60%) e quelli di altri Stati europei 36.
Il sistema italiano
La normativa che è stata varata in Italia a distanza di poche settimane dall’intervista su Otto e Mezzo è leggermente diversa rispetto a quanto allora prospettato da Franceschini, anche se mantiene l’impianto delle quote.
Il Consiglio dei ministri ha esercitato il potere di delega legislativa concesso dal Parlamento con la legge 220 del 14 novembre 2016, in materia di riforma della disciplina (contenuta nel d.lgs. 177/2005) per la promozione delle opere europee ed italiane da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi. Lo scorso 2 ottobre ha approvato il decreto legislativo proposto dal Mibact.
Come si legge nel comunicato stampa relativo, “Il nuovo impianto è mutuato dal sistema francese che, sin dagli anni Ottanta, rappresenta uno tra gli esempi più virtuosi in materia di promozione di opere europee e nazionali”.
Le quote previste sono il 60% di film europei a partire dal 2020 (moratoria nel 2018, e periodo transitorio successivo dove la soglia è fissata al 55%), di cui devono essere italiani la metà per la Rai e un terzo per le altre reti.
Dunque il cinema italiano ha una quota inferiore in Italia rispetto al cinema francese in Francia. A regime infatti i film italiani saranno 30 su 100, contro i 40 su 100 d’Oltralpe.
Il regime precedente e il prime time
La quota riservata al cinema italiano è una novità, mentre non lo è quella riservata al cinema europeo. Già dalla d.lgs. 177/2005 (art. 6) si prevedeva che il 50%+1 dei film proiettati dovessero essere europei. Adesso si innalza tale quota e si inserisce una sotto-quota per il cinema italiano.
Non solo. Viene prevista – sempre sul modello francese – una quota specifica per la fascia oraria dalle 18 alle 23 (il cosiddetto prime time), per cui il 12% sulla Rai e il 6% sulle altre reti devono essere film italiani. In questo caso la disposizione entra in vigore già nel 2018.
Il regime previgente viene modificato anche per quanto riguarda le percentuali di investimenti obbligatori nel cinema che spettano alle televisioni, che vengono innalzate progressivamente tra il 2018 e il 2020 (sempre distinguendo tra Rai e altre tv, e introducendo la novità delle tv on demand come Netflix e Amazon).
I numeri del cinema francese
Che il sistema francese, come afferma Franceschini, difenda la produzione nazionale appare evidente dalla natura “protezionistica” delle quote. Ma ha funzionato?
L’Unesco ha pubblicato nel 2016 uno studio che, tra le altre cose, classifica i Paesi in base al numero di pellicole prodotte negli anni 2012 e 2013.
Se guardiamo al 2013, la Francia entra nelle prime cinque posizioni con 270 pellicole prodotte, dietro a India (1.724), Usa (738), Cina (638) e Giappone (591).
Dietro le stanno, non distanti, Regno Unito (241) Spagna (231) e Germania (223).
L’Italia è nettamente più lontana, con 167 pellicole prodotte.
Il buon risultato del cinema francese può dipendere da una molteplicità di fattori, tra cui potrebbe rientrare anche il sistema delle quote.
Conclusione
Franceschini sostiene di aver copiato il sistema francese delle quote obbligatorie e, considerando l’impianto complessivo della norma, è vero. Tuttavia bisogna notare come in Francia le produzioni nazionali abbiano diritto a una quota maggiore rispetto a quella che gli viene (e che gli verrà dal 2020 in poi) destinata in Italia.
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