Il sottosegretario allo Sviluppo Economico, il democratico Antonello Giacomelli, ha risposto al nostro fact checking del 28 luglio su alcune sue dichiarazioni accusandoci di imprecisione. Anche alla luce di quanto da lui scritto non possiamo che ribadire quanto già detto.
La nostra verifica si concentrava sul fatto che il governo Renzi fosse stato il primo a investire risorse pubbliche sulla digitalizzazione.
Giacomelli precisa alcune cose, ma su una questione diversa, e cioè gli investimenti sulla banda ultralarga, cioè con una velocità superiora a 40/50 Mbit/secondo. Scrive infatti il sottosegretario: “il governo Renzi è stato il primo ad investire nella banda ultralarga. È stato il primo a fare un Piano Nazionale (prima a Bruxelles presentavamo solo la somma dei piani regionali). È stato il primo a mettere insieme le risorse di stato e regioni in una unica strategia nazionale. È stato il primo a togliere il digitale da una visione settoriale e farne una priorità dell'azione di governo con una cabina di regia a Palazzo Chigi”.
Il governo Monti
Ribadiamo che il primato nella digitalizzazione tout court non è del precedente governo. Come abbiamo scritto, “Già il governo Monti, nel 2012, aveva disposto – nel decreto Crescita 2.0 – varie misure per la digitalizzazione del Paese. In particolare per azzerare il “digital divide”, cioè il divario tra chi ha accesso a internet e computer e chi invece no, venivano stanziati 600 milioni di euro specificamente per il sud e altri 150 per il centro-nord”.
È vero, come sottolinea Giacomelli nella sua risposta, che quei 600 abbiano origine comunitaria e non statale. Si tratta in ogni caso di risorse pubbliche – europee in questo caso – che sono state stanziate per un progetto di digitalizzazione del Sud Italia.
Per quanto poi riguarda l’ultima posizione dell’Italia, concordiamo con Giacomelli nell’affermare che non sia più così, come avevamo scritto. Ma non era così nemmeno al momento dell’insediamento del governo Renzi.
Non abbiamo migliorato in classifica
Come dimostrano le classifiche DESI, eravamo venticinquesimi su ventotto nel 2014, e occupiamo anche adesso la medesima posizione.
È vero, come scrive nella sua risposta il sottosegretario e come anche noi avevamo evidenziato fin da subito, che ci siano stati nel frattempo degli innegabili miglioramenti. In particolare è incoraggiante che il ritmo di miglioramento nell’indice dell’Italia sia superiore a quello della media europea. Ma, per ora, questo non ha ancora portato a un cambio della nostra posizione nella classifica dell’indice europeo.