Il sottosegretario allo sviluppo economico, il democratico Antonello Giacomelli, intervenendo all’evento all'Acquario Romano "Il Piano nazionale scuola digitale incontra il Paese" promosso dalla ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli, ha dichiarato che solo a partire dal governo Renzi si sono investite risorse pubbliche nella digitalizzazione e ora l'Italia non è più in ultima posizione nella classifica europea.
Siamo andati a verificare queste due affermazioni.
Gli investimenti nella digitalizzazione
La prima affermazione, sull’esclusiva del governo Renzi nell’aver investito risorse pubbliche nella digitalizzazione, è falsa.
Già il governo Monti, nel 2012, aveva disposto – nel decreto Crescita 2.0 – varie misure per la digitalizzazione del Paese. In particolare per azzerare il “digital divide”, cioè il divario tra chi ha accesso a internet e computer e chi invece no, venivano stanziati 600 milioni di euro specificamente per il sud e altri 150 per il centro-nord.
Va comunque segnalato che l’impegno del governo Renzi è stato economicamente maggiore. Secondo quanto affermato nel 2015 dall’ex premier, venivano messi sul piatto “12 miliardi, di cui 5 privati e 7 pubblici. Di questi ultimi 4,9 vengono da iniziative del Governo e 2,1 dai Fondi strutturali Regionali”. L'infrastruttura nelle intenzioni di Renzi avrebbe dovuto raggiungere “10 milioni di italiani, 800 comuni, oltre 400 ospedali, 2000 scuole, 5000 sedi della Pubblica amministrazione”.
Nel 2016 era stato presentato un ambizioso piano, in partnership con Enel, per portare “ovunque” la banda larga ma – come riporta un’inchiesta de l’Espresso – a un anno di distanza stanno emergendo diversi problemi.
L’ultima posizione dell’Italia
Se guardiamo al DESI (Digital Economy and Society Index), l’indice che mette insieme diversi criteri di valutazione delle performance nell’ambito del digitale dei Paesi europei, è vero che l’Italia nel 2017 non risulta in ultima posizione. Dietro di noi ci sono Grecia, Bulgaria e Romania.
Tuttavia è anche vero che la venticinquesima posizione, che occupiamo attualmente, era occupata anche nel 2014 (qui scaricabile il rapporto 2015 con anche il ranking dell’anno precedente), quando si insediò il governo Renzi. Dunque sostenere che “non è più” in ultima posizione è fuorviante.
Questo non vuol dire che non ci sia stato qualche cambiamento nel frattempo. Come testimonia il report della Commissione europea sull’Italia, il Paese è in costante miglioramento. In particolare tra il 2016 e il 2017 ha guadagnato più punti (centesimi di punto) nell’indice di quanto non abbia fatto il resto dell’Ue e di quanto non fosse il suo obiettivo iniziale.
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