La legge elettorale è tornata al centro del dibattito politico. Dopo l’apertura da parte del Partito Democratico ad abbandonare la propria proposta – il cosiddetto “Rosatellum”, un mix di proporzionale e maggioritario – in favore del sistema tedesco, in sostanza un proporzionale puro con soglia di sbarramento al 5%, l’intesa con Forza Italia e il Movimento 5 Stelle pare vicina.
Il partito di Berlusconi ha infatti espresso da tempo una preferenza per un sistema proporzionale e Grillo ha ottenuto il consenso degli iscritti al blog al sistema tedesco in una consultazione on-line.
Il contraltare di questa accelerazione sull’accordo a proposito della legge elettorale è la probabile fine anticipata della legislatura. Si parla di elezioni a settembre, e alcuni esponenti pentastellati di primissimo piano hanno collegato questo tema a un altro che ha tenuto banco negli ultimi mesi di polemiche politiche: i “vitalizi”, o meglio, le pensioni dei parlamentari (come abbiamo già ricordato, i vitalizi sono stati aboliti).
Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto e tra i leader del M5S, ha scritto il 24 maggio scorso su Facebook: “Noi vogliamo andare al voto il prima possibile, prima che i parlamentari prendano il vitalizio, ovvero prima del 15 settembre”.
Più specifico il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, che secondo quanto riportano le agenzie il 27 maggio – a margine di un’iniziativa a sostegno del candidato sindaco di Palermo del M5s Ugo Forello – ha dichiarato: “Se faranno partecipare il M5s alla stesura della legge elettorale abbiamo la certezza che si andrà a votare il prima possibile e io propongo il 14 settembre, il giorno prima che i parlamentari maturino la pensione”.
Sia Casaleggio che Di Maio sembrano intendere che, se si andasse al voto subito prima (addirittura il giorno prima) del 15 settembre, gli attuali parlamentari non maturerebbero la pensione. È falso.
Norme e tempistiche
Per avere la matematica certezza che i parlamentari – oltretutto solo quelli alla loro prima legislatura, in quanto gli altri hanno già maturato la pensione – non arrivino a maturare la pensione il 15 settembre, si dovrebbe andare al voto al più tardi il 26 agosto.
Nel diritto pubblico italiano vige infatti il principio della prorogatio: per evitare vuoti di potere, un organo decaduto rimane in carica fino a che non gli subentra quello successivo. Nel caso del Parlamento, le Camere decadono quando vengono sciolte ma restano in carica fino alla prima riunione di quelle successive. I membri del Parlamento precedente, restando in carica, ricevono dunque le indennità, pagano i contributi e maturano la pensione anche nel tempo intermedio.
In base all’articolo 61 della Costituzione, poi, “la prima riunione [delle nuove Camere ndr.] ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”. Dunque la certezza matematica di non far maturare le pensioni, sottratti 20 giorni dalla data del 15 settembre, si avrebbe votando la fine di agosto.
Ma i venti giorni sono un termine massimo: si potrebbe ipotizzare che i tempi effettivi siano inferiori, e che anche votando a ridosso del 15 settembre si riesca a non far maturare le pensioni parlamentari.
I precedenti storici
In base ai precedenti, questo sembra molto difficile. Guardando alle passate legislature, nella storia repubblicana italiana non sono mai serviti meno di 14 giorni per preparare l’insediamento delle Camere successive (elezioni del 20-21 giugno 1976: la settima legislatura iniziò il 5 luglio), e normalmente ne servono 17-18. Solo dopo le prime elezioni della storia repubblicana, il 18 aprile 1948, passarono tutti i 20 giorni previsti come massimo. La prima legislatura si insediò l’8 maggio.
Considerato che si vota nel fine settimana, anche considerando il minimo di 14 giorni mai verificatosi, il weekend del 3 settembre sarebbe troppo tardi. Quello precedente cadrebbe in agosto, il 27.
Per ipotizzare che la prossima legislatura inizi prima del 15 settembre, la data delle elezioni andrebbe quindi fissata comunque in agosto, cosa mai avvenuta nella Repubblica italiana (anche settembre sarebbe un inedito: finora si è sempre votato nei mesi compresi tra febbraio e giugno inclusi).
Insomma, probabilmente è troppo tardi
Escludendo i due mesi estivi di luglio e agosto, in cui mai si è votato finora, l’unica possibilità sarebbe andare a votare a giugno. Questo però renderebbe praticamente impossibile, da un punto di vista delle tempistiche, l’approvazione di una legge elettorale da parte sia di Camera che di Senato.
Per la materia elettorale è infatti prevista in Costituzione una “riserva di procedura ordinaria”: non è cioè possibile approvare la legge con decreto o con altro procedimento speciale rispetto alla normale procedura che prevede l’approvazione in forma identica del testo di legge da parte di Camera e Senato.
In conclusione, sembra ormai impossibile evitare che i parlamentari in carica – quelli, ribadiamo, al loro primo mandato, gli altri già ce l’hanno – maturino il diritto alla pensione in questa legislatura, a meno di non voler andare al voto col sistema elettorale attualmente vigente.
Un’ipotesi, questa, fortemente contrastata dal Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella ha chiesto a più riprese che vengano almeno resi omogenei i sistemi elettorali di Camera e Senato, rimasti diversi in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum e alla mancata abrogazione dell’elezione diretta per il Senato contenuta nella riforma costituzionale bocciata lo scorso 4 dicembre.
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