Intervenendo nella polemica tra il presidente Napolitano e Matteo Orfini a proposito delle intercettazioni, l’onorevole Fabrizio Cicchitto (Alternativa Popolare) ha dichiarato lo scorso 18 maggio: “La pubblicazione in forme del tutto irregolari delle intercettazioni è in atto da molti anni a questa parte, solo che prima il Pds-Margherita poi il Pd hanno fatto muro contro ogni regolamentazione”.
Che cosa si può fare e non fare, a norma di legge
Vediamo innanzitutto quali sono le regole attuali sulle intercettazioni. Queste sono, in base al codice di procedura penale, un mezzo di ricerca della prova.
Quando sono possibili:
- Solo per determinati gravi reati (artt. 266 e 266 bis c.p.p.): il giudice le autorizza – dietro richiesta del pubblico ministero – solo se indispensabili alle indagini e in presenza di gravi indizi di reato, e in ogni caso se vengono effettuate illegalmente il loro contenuto non è utilizzabile.
Quando le intercettazioni non si possono pubblicare:
- C’è un divieto assoluto per le intercettazioni effettuate illegalmente. In base alla legge 281 del 2006 i documenti, i supporti e gli atti circa intercettazioni illegittime sono immediatamente secretati e custoditi dal pubblico ministero. È vietato eseguirne copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato. Il giudice ne dispone la distruzione. Giornalisti ed editori rischiano, in caso di violazione, fino a 10 mila euro di sanzione.
- Per quanto riguarda invece le intercettazioni effettuate legalmente, l'art. 684 del codice penale punisce con l’arresto fino a 30 giorni e l’ammenda fino a 258 euro chiunque pubblichi atti o documenti di un procedimento penale di cui sia stata vietata la pubblicazione per legge.
- I divieti sono esplicitati dal codice di procedura penale (art. 114), secondo cui è sempre vietata la pubblicazione degli atti coperti da segreto, anche del loro contenuto, mentre una volta desecretati è possibile la pubblicazione ma solo del contenuto (almeno fino al termine delle indagini o dell’udienza preliminare, quando diventano interamente pubblicabili).
Quando le intercettazioni si possono pubblicare
Le intercettazioni cessano di essere coperte da segreto quando vengono depositate in segreteria e le parti del processo ne vengono a conoscenza. Di solito, il deposito avviene massimo cinque giorni dopo la conclusione delle operazioni di intercettazione, ma se il giudice ritiene che dal deposito possa venire un pregiudizio alle indagini può rimandare il deposito fino alla chiusura delle indagini preliminari.
- Una recente sentenza della Cassazione ha ribadito che fino al termine delle indagini non si possono riportare i virgolettati delle intercettazioni, anche se oramai non più coperte da segreto, ma se ne deve riassumere il contenuto.
Le pubblicazioni irregolari
Cicchitto ha ragione quando parla di pubblicazione in forme irregolari. Se è vero che nella grande maggioranza dei casi le intercettazioni sono state pubblicate legalmente dopo il deposito in segreteria da parte del Pm, è anche vero che spesso sono stati riportati i virgolettati. Una forma, appunto, irregolare.
Passando alla sostanza, in molti casi si è lamentata l’assenza di rilevanza penale dei contenuti pubblicati, ma il diritto di cronaca – che autorizza il giornalista a ledere il diritto alla privacy degli intercettati – si incentra sull’interesse pubblico di una data notizia, non sulla sua rilevanza penale.
In caso di assenza di interesse pubblico, viene ovviamente meno il diritto di cronaca come causa di giustificazione e il giornalista incorre nel reato di diffamazione.
Questo reato viene spesso denunciato, per i comportamenti più vari, ma raramente si arriva a condanna. Secondo il rapporto di Ossigeno per l’Informazione, su dati del Ministero della Giustizia, nel biennio 2014-2015 solo l’8% dei casi si è concluso con una condanna dell’imputato: 475 condanne (di cui 320 multe) a fronte di 5.902 querele. Nel 70 per cento l’archiviazione è arrivata già al termine delle indagini preliminari.
Di queste condanne inoltre non sappiamo (non ci sono dati disaggregati) quante siano legate alla pubblicazione di intercettazioni prive di interesse pubblico, ma è lecito supporre che siano una esigua minoranza.
I tentativi di regolamentazione
L’attuale Parlamento sta cercando di varare una riforma del processo penale: dopo un primo passaggio alla Camera e un secondo al Senato, ora la palla torna nuovamente a Montecitorio. Tra le disposizioni previste c’è anche una legge delega che incarica il governo di presentare norme volte a vietare la pubblicazione di atti irrilevanti ai fini della giustizia penale.
Nella legislatura precedente (2008-2013) il governo Berlusconi aveva presentato il ddl 1611 sulle intercettazioni, la “legge-bavaglio” secondi i critici. Dopo una serie di rimpalli tra Camera e Senato, la legge non vide mai la luce a causa delle spaccature nel centrodestra, della dura opposizione parlamentare del centrosinistra e soprattutto della prematura caduta dell’esecutivo nell’autunno 2011.
Cicchitto avrebbe dunque ragione a lamentare “il muro” del Pd. Ma il ddl 1611, oltre a modificare le norme circa la pubblicazione delle intercettazioni, modificava anche quelle sul loro utilizzo da parte della magistratura. In particolare, imponeva (con il nuovo art. 266) che potessero essere disposte solo nei procedimenti relativi a reati puniti con pene superiori a 5 anni o appartenenti a determinate categorie (contrabbando, stupefacenti, usura etc.). Luca Palamara, all’epoca presidente dell’Anm, pronosticava: “il ddl sulle intercettazioni metterà in ginocchio l'attività di indagine dei pm e della polizia, oltre a limitare la libertà di informazione”.
Anche la legislatura ancora precedente (2006-2008) aveva visto un tentativo di regolamentare la pubblicazione delle intercettazioni, che andò ugualmente a vuoto. Il cosiddetto “ddl Mastella” vietava in particolare la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, delle intercettazioni (anche se non più coperte dal segreto) fino alla conclusione delle indagini preliminari oppure fino al termine dell’udienza preliminare. Le divisioni nella maggioranza – Di Pietro faceva parte dell’Unione, ma era contrario – e la fine prematura della legislatura impedirono comunque che la legge fosse promulgata.
Fu comunque varata, sempre durante il governo Prodi, la già citata legge 281 del 2006, che sancì il divieto di pubblicare le intercettazioni illegali.
Alla XIV legislatura (2001-2006) risale poi un altro tentativo non riuscito, da parte di un governo di centrodestra, di regolamentare più severamente sia l’utilizzo sia la pubblicazione delle intercettazioni. Ciampi impedì che le norme passassero per decreto e il ddl, voluto da Berlusconi e dall’allora ministro della Giustizia Castelli, non fu mai tradotto in legge dal Parlamento.
Conclusione
Cicchitto ha ragione a sostenere che le pubblicazioni di intercettazioni senza rilevanza penale siano un fenomeno che dura già da qualche anno. E, se si riferisce alla pubblicazione di interi stralci di conversazione, ha ragione anche quando parla di “forme irregolari”.
Avrebbe invece torto se facesse riferimento alla pubblicazione avvenuta durante le indagini, ma dopo il deposito, di notizie penalmente irrilevanti. Secondo la normativa attuale, è infatti possibile pubblicare (per riassunto) intercettazioni che non abbiano rilevanza penale ma comunque interesse pubblico, una volta che il pm le abbia depositate.
Non è infine vero che Pds-Margherita, e poi Pd, abbiano sempre fatto muro contro “ogni regolamentazione” della pubblicazione delle intercettazioni. Nella XV legislatura (2006-2008) tentarono di portare a termine una riforma in materia.
È vero comunque che il tentativo del centrodestra nella XVI legislatura, di cui Cicchitto faceva parte, vide l’opposizione del centrosinistra. Il ddl 1611 non riguardava però solo la pubblicazione da parte dei giornalisti, ma anche l’utilizzo delle intercettazioni da parte dei giudici, due questioni profondamente diverse.
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