Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, durante una visita in Kuwait al contingente militare italiano impegnato nella guerra contro l'Isis, ha dichiarato: "L'Italia ha il secondo contingente per numero di personale impegnato in Iraq". E ancora: "Nel 2016 la parte di territorio controllata dall'Isis si è ridotta drasticamente e sappiamo che è possibile arrivare nei prossimi mesi alla sconfitta definitiva della roccaforte principale di Mosul, così come quella di Raqqa in Siria".
Entità del contingente italiano in Iraq
Non siamo in grado di verificare con certezza la prima affermazione. Di sicuro diversi rappresentanti del governo e delle istituzioni hanno ribadito il "secondo posto" dell'Italia in diverse occasioni in autorevoli consessi nazionali e internazionali. Tuttavia non è reperibile su fonti terze l'esatta consistenza dei vari contingenti divisi per nazione, nemmeno sul sito della coalizione di 68 Paesi che combatte contro Daesh. Basandosi su fonti di stampa sembra comunque che l'Italia, coi suoi 1.400 soldati impiegati nella missione Prima Parthica e nella protezione della diga di Mosul, sia effettivamente seconda solo agli Usa, che impiegano in Iraq oltre 5 mila soldati. Più, ad esempio, della Francia, che con l'operazione Chammal ne impiega circa 1.200.
Lo Stato Islamico perde terreno
Per quanto riguarda la riduzione del territorio controllato dall'Isis, Gentiloni ha sicuramente ragione. Nel 2016, secondo un'analisi di IHS Markit, lo Stato Islamico si è ridotto di circa un quarto. Nel 2015 aveva invece perso il controllo sul 14% dei suoi territori. Vale la pena notare poi anche l'importanza dei territori perduti da parte dello Stato Islamico. Nel 2016 l'Isis ha perso la continuità territoriale con la Turchia, frontiera da cui era fino a quel momento riuscita a far passare mezzi, uomini e risorse. In generale ha perso, grazie all'avanzata delle forze curde e dei loro alleati (le Syrian Democratic Forces), ampie aree nel nord della Siria. Allo stesso tempo è stato spazzato via dall'Iraq centro-orientale e dalle vicinanze di Baghdad. Infine è stata interrotta la via di collegamento tra le sue due capitali, Raqqa in Siria e Mosul in Iraq.
Le due capitali del Califfato sotto attacco
E arriviamo dunque alla terza affermazione di Gentiloni, quella sulla caduta imminente delle due "principali roccaforti" dell'Isis. Per quanto riguarda Mosul, in Iraq, il presidente del Consiglio ed ex ministro degli Esteri sembra avere ragione. La città e' stata quasi interamente liberata e, secondo quanto dichiarato a fine aprile dal Generale iracheno Othman al-Ghanmi, la battaglia per Mosul potrebbe concludersi "entro tre settimane".
Più complicato azzardare previsioni su Raqqa. Le manovre preliminari per l'attacco alla città, condotta dalle SDF col supporto degli Usa, sono praticamente concluse, con la recente conquista di Tabqa (cittadina strategica poco a ovest della capitale del Califfato in Siria). Tuttavia non è ancora stato sferrato un primo attacco diretto via terra contro Raqqa e non è possibile pronosticare fin da ora quanto tempo richiederà la conquista della città.
Complica la situazione l'atteggiamento della Turchia, alleata degli Usa nella Nato, che considera la componente curda delle SDF (l'YPG) una organizzazione terroristica, vorrebbe essere lei coi "suoi" ribelli islamisti a guidare l'assalto a Raqqa (ma Washington si oppone) e ancora di recente ha bombardato diverse aree della Siria controllate dai curdi. La reazione curda è stata di rallentare le operazioni contro la capitale siriana dell'Isis e di minacciare di sospenderle, se l'aggressione turca fosse proseguita.
A fronte della volontà di Erdogan di continuare gli attacchi contro i curdi, sia gli Usa che la Russia hanno schierato i propri mezzi e uomini in difesa dei territori controllati dalle SDF. Washington operando nei cantoni curdo-siriani orientali di Cizre e Kobane, Mosca in quello occidentale di Afrin, dove aveva peraltro già inviato uomini e mezzi a fine marzo. La situazione è estremamente fluida e non è al momento possibile azzardare previsioni sicure su come evolverà il quadro tattico-strategico. Pecca dunque forse di ottimismo Gentiloni, quando sostiene che Raqqa cadrà "nei prossimi mesi". Ci sono diversi "se" da considerare, e solo se avranno tutti una risposta positiva si potrà effettivamente arrivare alla liberazione della città in un orizzonte temporale cosi' ravvicinato.