Roma - Ma quanti soldi servono per salvare Monte dei Paschi di Siena? L’enigma circola da qualche giorno, da quanto la Banca centrale europea ha chiesto che l’aumento di capitale - a carico dello Stato e degli obbligazionisti Mps - arrivasse a 8,8 miliardi di euro. Un mese prima, il 23 novembre, aveva invece dato il suo via libera ad un aumento di 5 miliardi di euro da reperire sul mercato (esperimento poi fallito, di qui la necessità di una ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato). Perché questa differenza?
Lo stesso ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha chiesto ieri chiarimenti sui “criteri con cui si è arrivati alla decisione di chiedere un aumento di capitale di 8,8 miliardi”.
L'equivoco
Secondo la testata online Gli Stati Generali, che cita “fonti qualificate che hanno visto le carte”, Padoan sarebbe incorso in un equivoco. “Padoan parla infatti di aumento di capitale, ma la Bce, della cui lettera ha dato notizia in un comunicato la stessa Mps, scrive invece «fabbisogno di capitale di Euro 8,8 miliardi, comprensivo di tutte le componenti dei fondi propri così come previsti dalla normativa vigente». Nel linguaggio della Vigilanza bancaria, fra le componenti di fondi propri vi sono le azioni ordinarie (che formano la cosiddetta Common equity, CET1 o capitale primario di classe 1), i titoli Additional Tier 1 (AT1), le obbligazioni subordinate (T2). Queste due ultime componenti (AT1 + T2) formano il capitale aggiuntivo in contrapposizione al capitale primario (CET1)”.
Al di là dei tecnicismi
Il punto è, al di là dei tecnicismi, che non tutti gli 8,8 miliardi richiesti dalla Bce sarebbero un vero e proprio aumento di capitale. Come spiega Banca d’Italia, “6,3 miliardi occorrono per riallineare il CET1ratio alla soglia dell’8 per cento (soglia minima imposta dalla Bce, NdR); di questi 6,3 miliardi, circa 4,2 sarebbero coperti dal burden sharing dei titoli subordinati (cioè posti a carico degli obbligazionisti) e circa 2,1 sarebbero forniti dallo Stato;
altri 2,5 miliardi sono necessari per raggiungere la soglia di Total capital ratio (TCR) dell’11,5 per cento (sempre imposta dalle regole della Bce, NdR), per compensare il venir meno, per il burden sharing, dei titoli subordinati (strumenti patrimoniali di minore qualità) computati nel Total capital”.
Infine va aggiunto “il successivo ristoro dei sottoscrittori retail (circa 2 miliardi, da verificare in base allo status dei sottoscrittori e all’effettiva volontà di adesione alla proposta di compensazione da parte dello Stato), per un totale complessivo - a carico dello Stato - di circa 6,6 miliardi. L’onere a carico dei soggetti diversi dallo Stato, invece, sarebbe pari a circa 2,2 miliardi. Il costo totale, pertanto, si commisura a 8,8 miliardi”.
Dei 5 miliardi che si è provato, senza esito, a raccogliere sul mercato, tre sarebbero serviti per coprire la perdita derivante dalla cessione delle sofferenze e due per aumentare il tasso di copertura delle inadempienze probabili.
Gli 8,8 miliardi della Bce
Gli 8,8 miliardi della lettera della Bce, invece, sono composti in maniera differente, e di questi 6,6 sarebbero a carico dello Stato. Una differenza che affonda le radici nel diverso trattamento che le norme comunitarie riservano a un’operazione di mercato e a una nazionalizzazione di fatto di una banca.