Il segretario del Pd Matteo Renzi, dopo che Luigi Di Maio ha rifiutato all’ultimo il confronto, è stato ospite in solitaria di Giovanni Floris, su La7, lo scorso 7 settembre. Renzi, rispondendo alle domande del conduttore e degli altri giornalisti presenti nella trasmissione DiMartedì, ha fatto numerose affermazioni. Abbiamo sottoposto al nostro fact-checking le più significative.
Le leggi che non ha votato il Movimento 5 Stelle
Il segretario del PD, rispondendo alla richiesta di muovere una critica “politica” al M5S, ha fatto una serie di domande retoriche (min. 17.27): “Come è possibile che i 5 Stelle non abbiano votato i vaccini, non abbiano votato il ‘dopo di noi’, non abbiano votato la legge sull’autismo, sul terzo settore, sugli ottanta euro, sull’IMU?”.
Abbiamo verificato le votazioni avvenute in Parlamento e Matteo Renzi fa un elenco corretto, anche se almeno per alcuni casi si può dire che il voto contrario sia il normale atteggiamento di una forza politica all’opposizione.
Sul “Decreto-vaccini” il M5S ha votato contro (qui le ragioni del Movimento). Sul “dopo di noi”, cioè il provvedimento che introduce misure di sostegno per persone con disabilità grave rimaste senza genitori, di nuovo il M5S ha votato contro (qui le motivazioni addotte dal M5S).
Sulla legge contenente “Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie” il M5S si è astenuto. Sulla legge “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale” di nuovo il M5S ha votato contro (qui il perché di questa scelta).
La misura degli 80 euro è stata prevista per la prima volta dal decreto legge 66 del 24 aprile 2014. Sulla legge di conversione – Atto C.2433 – il Movimento 5 Stelle il 18 giugno 2014 ha votato contro.
L’abolizione dell’Imu sulla prima casa è infine contenuta – insieme a molte altre disposizioni - nella Legge di Stabilità 2016 a cui, ovviamente, il M5S ha votato contro.
I posti di lavoro “a tempo indeterminato” creati negli ultimi 3 anni
Renzi ha poi rivendicato un buon risultato in termini di occupazione, e dichiarato (min. 27.30) che rispetto a tre anni fa, “ci sono 986 mila posti di lavoro in più in Italia, di questi il 61% è a tempo indeterminato”.
I dati Istat danno ragione al segretario Pd per quanto riguarda il numero di occupati: a febbraio 2014, quando si insediò il governo Renzi, erano 22 milioni e 151mila, mentre secondo l’ultima rilevazione, riferita al settembre 2017, sono diventati 23 milioni e 138mila. Una differenza, dunque, di 987mila persone che negli ultimi tre anni circa hanno trovato un impiego.
Per quanto riguarda la tipologia di contratto, Renzi dà un dato probabilmente sbagliato.
Nel febbraio 2014 gli occupati a tempo indeterminato erano 14 milioni e 427mila, mentre nel settembre 2017 il numero era arrivato a 14 milioni e 962mila. Quindi oggi hanno un contratto a tempo indeterminato 535 mila persone in più rispetto a quando entrò in carica il governo Renzi. In prima approssimazione, si può dire che la percentuale rispetto al totale dei nuovi occupati è pari al 54,2%.
È un numero più ridotto rispetto a quello citato da Renzi, ma soprattutto è un tipo di calcolo che non tiene conto di alcune fondamentali variabili: ad esempio, quanti non sono stati nuovi assunti, ma hanno visto trasformato il loro contratto da determinato - magari perché precari storici - a indeterminato. Queste situazioni alzano il totale dei rapporti a tempo indeterminato, ma non sono “nuovi” posti di lavoro e dunque non fanno parte dei 987 mila nuovi occupati citati da Renzi.
Guardiamo i dati dell’INPS - che però partono solo dal 2015 e riguardano solo il settore privato – per avere un’idea delle dinamiche del mercato del lavoro. Ci sono diversi elementi che fanno pensare che il numero indicato da Renzi sia troppo ottimista: nei primi otto mesi del 2017 le assunzioni a tempo indeterminato sono state appena il 24 per cento del totale, mentre nel 2015 - quando erano in vigore le decontribuzioni per i neoassunti - del 38,4 per cento.
La cooperazione internazionale
Renzi ha quindi elencato una serie di leggi “attese” dal Pd che sono state votate durante questa legislatura e, in particolare, ha sottolineato (min. 33.15): “Abbiamo messo una serie di provvedimenti sul sociale che hanno portato a triplicare i fondi sulla cooperazione internazionale”.
Non si tratta di una dichiarazione nuova, ce ne eravamo già occupati in passato e avevamo verificato che non è vera.
La legge finanziaria del 2017, l’ultima approvata da Renzi, certifica in 4,8 miliardi di euro le risorse dedicate ai “fondi per l’aiuto pubblico allo sviluppo” (che oltretutto includono per circa il 40% gli stanziamenti per la gestione dell’emergenza migranti in Italia, e non vanno dunque all’estero).
I fondi destinati allo stesso scopo nel 2014, anno in cui il governo Renzi era entrato in carica, ammontavano a 3,2 miliardi di euro.
È facile constatare che nell’arco del suo percorso da presidente del Consiglio Renzi ha dunque accresciuto le risorse al massimo del 50%. E questo includendo anche i soldi dedicati alla gestione dell’emergenza migranti in Italia, che difficilmente possono essere considerati, in senso proprio, “cooperazione internazionale”.
A chi va il “merito” di aver commissariato Banca Etruria?
Parlando della questione Banca Etruria, il segretario del Pd ha affermato (min. 47.15): ““Il vicepresidente di Banca Etruria è stato commissariato, cioè per essere chiari lo abbiamo mandato a casa noi”. Floris è intervenuto dicendo: “Banca d’Italia lo dice e voi lo dovete fare”, e Renzi ha replicato che “No, non è così, lo ha commissariato il governo della Repubblica italiana”.
È vero, come afferma Renzi, che il vicepresidente di Banca Etruria – Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena –, e con lui tutto il consiglio di amministrazione, sia stato commissariato dal governo, come avevamo già scritto. L’atto di commissariamento è un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in questo caso il n. 45 del 10 febbraio 2015.
Spetta alla Banca d’Italia, l’organo incaricato della vigilanza, proporre il commissariamento, come ha fatto notare Floris, che però esagera quando sostiene che il governo “debba” fare quello che gli dice Palazzo Koch.
Come spiega il Consiglio di Stato (Sez. IV, 9 febbraio 2015, n. 657), a fronte della proposta avanzata da Banca d’Italia, “il Ministro dell’Economia e delle Finanze ‘può disporre’ con decreto detto scioglimento: questa facoltà di scelta implica una valutazione discrezionale – o, meglio, di opportunità – che il Ministro è tenuto ad effettuare sulla base della proposta avanzata dall’autorità di vigilanza”.
“L’obbligatorietà della proposta della Banca d’Italia non impone al Ministero dell’Economia e delle Finanze di accettarne in modo acritico e dogmatico il contenuto”, prosegue ancora il Consiglio di Stato. Infatti la legge attribuisce al Ministero la “facoltà di discostarsi dalla proposta”, se non la condivide.
È però vero che il governo non può commissariare una banca senza l’impulso di Banca d’Italia. Diciamo dunque che il “merito” del provvedimento va condiviso tra esecutivo e organo di vigilanza.
Le percentuali del M5S in Sicilia
Infine Renzi, commentando il recente risultato del M5S alle elezioni regionali in Sicilia, ha affermato (1h 11’): “Il M5S è passato dal 33% delle politiche al 26% di queste elezioni”.
Renzi fa riferimento alle elezioni politiche del 2013, che furono il primo grande appuntamento nazionale per il M5S dopo alcuni anni di elezioni amministrative a livello locale, culminate con le elezioni in Sicilia del 28 ottobre 2012, quando il M5s raggiunse il 14,89% dei voti e il candidato governatore - anche allora Giancarlo Cancelleri - il 18,18%.
Alle politiche 2013, nella circoscrizione 1 della Camera (comprendente Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Trapani) il M5s ottenne il 34,55%, mentre nella circoscrizione 2 (che include Catania, Enna, Messina, Ragusa e Siracusa) raggiunse il 32,74%. Al Senato invece (per il quale possono votare gli elettori sopra ai 25 anni di età) il Movimento 5 stelle si fermò al 29,53%.
Alle ultime regionali, Cancelleri - capogruppo dei Cinque stelle in Regione - ha ottenuto il 34,65% delle preferenze, quasi raddoppiando il dato di cinque anni prima (18,18%). La lista M5s invece ha raggiunto un risultato sensibilmente più basso, ma comunque nettamente superiore a quello del 2012, e cioè il 26,67% dei voti rispetto al 14,89%, con un incremento dell’11,78%.
Insomma, è vero che la lista del M5S ha ottenuto un risultato più basso, confrontando regionali 2017 e politiche 2013: ma il suo candidato alla Regione ha raggiunto una percentuale simile di voti, e rispetto alle regionali precedenti il miglioramento è innegabile.
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